Lettera a Chiara Orelli
Cara Chiara, leggo solo ora rientrato in ufficio la tua lettera e lo scambio di sostegni da parte delle altre e degli altri colleghi ai quali mi aggiungo.
Permettimi però, con altrettanta limpidezza, schiettezza e determinazione di esprimere alcuni dubbi sul silenzio accondiscendente.
Come sai sono stato a più riprese oggetto di attacchi barbari. Nella campagna per le cantonali sono stato attaccato barbaramente e lapidato sulla piazza pubblica per la mia fede, non dal Mattino ma da alcuni media e colleghi che si ritengono “superiori” moralmente.
Ovvio che in gara non ricevetti nessun sostegno dal mondo politico, morte mia vita tua… (salvo alcuni amici). Fu un silenzio assordante per lunghi mesi, complice, correo di una mentalità in cammino per distruggere la libertà; lasciando attaccare vilmente un principio che costituisce profondamente l’intimo dell’essere umano: credere o non credere.
La mia fede fu buttata e calpestata sulla piazza pubblica, accompagnata dai ghigni e dalle risate di chi vedeva ancora una volta la possibilità di far fuori “l’infame”. Si può essere assassinati e morire “dentro” per questo, credimi.
Ricordo un dibattito televisivo in cui tu stessa strumentalizzasti questo fatto intimo unico e insidacabile che costituisce l’interezza della persona umana; paventando catastrofi integraliste qualora fossi stato eletto (purtroppo non eri l’unica). Nessun problema, sei già stata perdonata per questo.
Nella campagna per le federali di ottobre sono stato insultato barbaramente dal 5 Minuti e dal Mattino taroccato. Ero già deputato, nessuna e nessun collega si è sentito in dovere di precisare che ero un parlamentare in carica e che le calunnie e gli insulti degli autori per il “bel ticino” erano barbari e assurdi, soprattutto contro qualcuno che mai e poi mai ha usato nè termini nè espressioni, nè commesso atti che meritavano quel trattamento mediatico. Anche qui ero in gara e si sa, morte mia vita tua…
Con il tempo mi conosci, e penso che tu possa affermare la mia correttezza e il mio stile nel fare politica che è lontano anni luce dai fronti barbari, che purtroppo si manifestano a volte in un modo inquietante su entrambe le sponde.
Hanna Arendt nella “Origine del totalitarismo” ci mette in guardia della banalità del male. Ebbene prospettare, sperare la morte di qualcuno, anche se messo in satira(?) è un fatto grave che non ha scusanti e che come pensiero deve essere stigmatizzato e combattuto. Mi pare che Boris B. ne abbia preso atto dimettendosi.
Estendere però la punzione a chi fa politica da anni come Michele, impedendogli di assumere la carica di Presidente del Gran Consiglio mi pare getti più benzina che acqua sul fuoco.
Si entra in una logica del dente per dente, occhio per occhio che non sappiamo dove potrà portare. Circoscriviamo il grave incidente e dimostriamo come politici che abbiamo un’altra logica rispetto a queste barbarie proposteci a corrente alternata dal brutto e dal bel Ticino.
La Lega è la Lega e nella Lega ci sono persone rispettabilissime, non iniziamo a cucire su tutti i mantelli dei leghisti una “L” di identificazione. Facciamo uno sforzo per vedere il bene che c’è ovunque, non puniamo una persona per punire i vertici di un partito.
In questo Paese abbiamo maledettamente bisogno che si testimoni la verità delle circostanze, dei fatti in modo non strabico; abbiamo bisogno che si esprimano giudizi limpidi di condanna quando ci vogliono; abbiamo bisogno di tutto ma non di erigere nuove ghigliottine per giustiziare sommariamente delle persone. Solo così, come politici parlamentari responsabili tuteliamo la libertà di espressione, di pensiero, di religione e, da ultimo, solo così valorizzaziamo il nostro mandato pubblico.
Sergio Morisoli