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In economia l’inefficienza è sempre penalizzante e, un giorno o l’altro, presenta la sua salata fattura. In molti, hanno difeso l’Istituto in parlamento raccontandoci che la politica della prudenza e dei piccoli passi era in assoluto la migliore via percorribile e che non la redditività non è tutto.
Oggi però scopriamo che la Banca dei ticinesi non può far fronte a nuove importanti sfide se non iniettandovi milioni di franchi dei contribuenti.

L’aumento di capitale di oltre 100 milioni è una pillola che dovremo per forza ingoiare. Una medicina indorata con un bel 5% di interesse sul capitale di dotazione che rappresenta la concreta testimonianza di come l’Istituto non sia riuscito a generare nel corso degli anni sufficienti utili per sé stesso e per le casse cantonali.
È vero, la FINMA ha imposto l’aumento del grado di copertura, ma il nostro istituto non riesce a farvi fronte soprattutto a causa dei progetti strategici decisi dal Consiglio d’amministrazione, quali l’acquisto della ex Unicredit Suisse ora Axion Bank che ha suscitato, trasversalmente, serie perplessità e il cambio della piattaforma informatica.

I soldi oggi richiesti serviranno dunque a rimpiazzare nel tempo l’emissione di un prestito obbligazionario subordinato a 10 anni di CHF 175 milioni, prestito appena acceso che ha consentito alla Banca di proseguire la propria attività con i necessari mezzi propri.
Per la cronaca, con queste grandi manovre, il rapporto tra fondi propri computabili e fondi propri necessari è passato da 167% al 31.12.2010 a 205% al 31.12.2011.

Fin qui un mini riassunto tecnico-contabile. Ora é necessario interrogarsi sul vero motivo che ci ha portato a questa richiesta. Sono due gli indicatori che contano: la redditività e l’efficienza.
Ammettendo che una redditività come quella della banca di Friborgo con il suo 11% rispetto al nostro stentato 6%, è una chimera, intendo spendere due parole sull’indicatore di efficienza per antonomasia, il cost/income ratio.
Quest’ultimo, determinato dal rapporto fra costi di esercizio e i ricavi netti, in pratica segnala quanto il denaro investito é in grado di produrre dei redditi, dunque l’efficienza nella gestione delle risorse per l’appunto.
Il nostro scendendo l’altr’anno dal 67,4% al 65,5% si attesta ben al di sotto del dato di altri istituti di riferimento, relegandoci tra i peggiori nel settore. Stessa cosa vale per l’utile lordo per collaboratore che presso Banca Stato da anni si attesta attorno ai 100’000 franchi per impiegato, contro una media intercantonale di 200’000/225’0000 franchi.
Insomma, non generando utili sufficienti e con le lunghe mani della politica fin dal suo interno, confrontati l’esigenza di versare qualche franco allo Stato per non alimentare il dibattito sulla scadente conduzione dell’istituto, non si poteva che giungere a questo plurimilionario buco. Lavorando costantemente in uno stato d’inefficienza, i fondi computabili risultano infatti essere troppo esigui, non permettendo un congruo accantonamento.
Ora la politica dei vasi comunicanti non funziona più perché l’acqua non è sufficiente. Non si può più mascherare la verità, perché adesso, senza l’aumento di capitale di dotazione, di soldini nelle casse cantonali non ne arriverebbero più.

L’UDC non ha votato l’aumento del capitale martedì in Gran Consiglio, aspettandosi nel futuro prossimo una vera e propria scelta strategica che dovrà necessariamente essere data in risposta alla nostra mozione del 22 settembre 2008 dal titolo emblematico “migliorare l’efficienza di Banca Stato con le risorse degli investitori ticinesi”.
In questo articolato atto parlamentare chiediamo che Banca Stato sia trasformata da ente autonomo di diritto pubblico a società anonima di diritto pubblico, ciò che permetterebbe l’ingresso di capitali privati nell’assetto azionario.
La maggioranza del capitale, così come nell’intenzione della mozione rimarrà nelle mani dello Stato, salvaguardando di fatto la vocazione pubblica dell’Istituto, ma l’elemento privato contribuirà, a nostro avviso, a mitigare gli appetiti politici dei partiti in seno alla Banca fornendo inoltre il giusto stimolo al miglioramento della performance e dell’efficienza gestionale della stessa.
Il gruppo UDC non chiede dunque il conseguimento di risultati brillanti, non sia mai che si possa raggiungere l’eccellenza, ma ritiene che sia imperativo migliorare l’efficienza dell’Istituto, necessaria una buona volta per abbandonare le ultime tre piazze della classifica delle banche cantonali stilate da Bilan.

Marco Chiesa, capogruppo UDC in Gran Consiglio