Come si baratta una candidata impossibile con un candidato (ahimè) del tutto possibile

A me piace drammatizzare, per me è sempre stata una vera passione. E allora dirò che il PLR, che stava puntando dritto verso l’abisso, questa sera ha rallentato il passo sposando l’idea che “in fin dei conti, a buttarsi c’è sempre tempo”. Dirigersi senza scampo verso una presidenza Gendotti avrebbe sì consacrato la vittoria interna dei Radicali ma avrebbe d’altro canto facilitato la costituzione di un polo liberale al di fuori del partito, ciò che è l’obiettivo evidente dell’audace tentativo di Sergio Morisoli.

Ma come fare per tornare indietro salvando almeno le apparenze? Facile. Scambiando una candidata impossibile con un candidato perfettamente possibile.

Che Giovanna Masoni fosse una candidata impossibile alla presidenza del partito doveva risultare chiaro lippis et tonsoribus (che significa letteralmente: ai guerci e ai barbieri). Giovanna è brava, diligente, laboriosa e mite. Ma il nome che porta è ingombrante ed evoca faide spietate: Masoni (padre)/Salvioni, Masoni (figlia)/Merlini, Marty, Celio, Ducry… Né, immagino, la candidata desiderava quel posto. E nemmeno, suppongo, pensava di poterlo avere.

Al contrario Gabriele Gendotti era un candidato reale, tanto reale da spaventare i suoi stessi sostenitori. La mossa della sezione luganese, capitanata da Giorgio Grandini, in favore della candidatura di Rocco Cattaneo non poteva essere presa alla leggera. Faido è una potenza ma… forse non era il caso di eccedere. “Non tiriamo troppo la corda” devono essersi detti. “Riprendiamo a suonare la vecchia musica dell’unità del partito. I tempi sono grami e perigliosi. Dobbiamo vincere la battaglia a Lugano nel 2013 (è una parola! si veda il grave problema della lista per Municipio, sulla quale molti si stanno rompendo la testa) per poi recuperare a palazzo delle Orsoline nel 2015”.

Tutto è rinviato al 22 settembre. L’abile mossa da teatrino dei pupi, dove il prestigiatore ha fatto sparire insieme, in un soffio, la candidata impossibile e il candidato più che possibile, evita al partito una decisione che poteva risultare fatale.