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I ribelli siriani hanno attaccato con gli esplosivi i palazzi del regime del presidente Bachar al Assad. Hanno ucciso il cognato di al Assad, capo dei servizi segreti e il ministro della Difesa.

Secondo i ribelli, nell’attacco sono rimasti uccisi o feriti tutti i membri della cellula di crisi che dirige le operazioni contro la ribellione.
L’attentato è avvenuto mentre era in corso la riunione tra diversi ministri e i vertici dei servizi segreti. Per la televisione di Stato si tratterebbe dell’opera di un kamikaze, mentre fonti della sicurezza parlano di una bomba piazzata da una persona che lavora nella struttura governativa. Subito dopo l’attacco, l’esercito ha blindato l’ospedale nel quale sono stati portati i feriti.

Mercoledì mattina sono ripresi i bombardamenti ad opera delle forze del regime su diversi quartieri della capitale Damasco. Lo ha confermato l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, che ha fatto stato di decine di morti e di feriti. Un tragico bilancio che si ripete ogni giorno, da mesi.

La diplomazia internazionale cerca una soluzione alla crisi, mentre alle Nazioni Unite il rappresentante russo si oppone al sostegno che l’Onu vorrebbe dare ai ribelli siriani.
Il ministro degli esteri russo Serghiei Lavrov, dopo l’incontro di martedì a Mosca tra l’inviato dell’Onu Kofi Annan e il presidente Vladimir Putin, ha chiarito la posizione della Russia: “In Siria sono in corso combattimenti decisivi. Se è questione di una rivoluzione, l’Onu non ha alcun rapporto con essa.”