Il Ticino e la Svizzera non dovrebbero più riversare la quota parte delle imposte sui frontalieri (pari al 38.8% e quantificabili in 56 milioni di franchi l’anno), con un buon contributo alle casse cantonali e comunali.
L’Italia preleverebbe la differenza tra le imposte prelevate in Svizzera e quanto dovrebbero pagare se i frontalieri fossero unicamente tassati nel loro paese (stimato in diverse centinaia di milioni di euro).
E’ l’opinione del Consigliere di Stato Norman Gobbi pubblicata sul Mattino della Domenica. Nell’articolo si legge ancora : “Se non si arrivasse ad una soluzione soddisfacente, allora meglio nessun accordo e quindi ogni Stato prelevi le proprie imposte sul reddito dei lavoratori frontalieri.
Questa soluzione comincia a diventare l’unica percorribile, in quanto è la sola che salvaguardi gli interessi del Cantone Ticino.
Una soluzione che permetterebbe anche di porre un freno al dumping salariale e alla sostituzione di lavoratori indigeni con lavoratori frontalieri.
[…] In questo periodo di difficoltà sociale ed economica, la difesa del nostro territorio e lo sviluppo di giovani forze lavoro competenti è indispensabile allo sviluppo economico, così come l’integrazione di quei lavoratori over 50 che non trovano più occupazione in Ticino.
Oltretutto, visti i progetti del governo Monti, che intende allontanare i nostri attuali partner di discussione istituzionale da Como, Varese e Verbania, portandoli a Milano e Novara o Vercelli, si palesa come l’interesse dello Stato italiano alla collaborazione transfrontaliera con la Confederazione svizzera e il Cantone Ticino stia venendo meno.
Quindi, meglio nessun accordo e ognuno contento a casa sua.”