Qualcuno sul blog di Agrifutura ha paragonato la vicenda del macello di Cresciano a quella della Costa Concordia e di Capitan Schettino. Si tratta di un accostamento per certi versi irriverente, ma la metafora navale e il gergo marinaresco possono aiutarci a dare una lettura comprensibile di tutta la vicenda.

Ma andiamo con ordine. Prima di tutto il bastimento “macello di Cresciano”, al contrario della Costa Concordia, non è ancora affondato, ma si trova all’ancora appena fuori dal porto al riparo dal mare in burrasca.
Chi detiene il timone, ovvero la direzione di MATI SA, accortasi che la nave nuova di zecca non era in grado di navigare, ha avuto l’accortezza di depositare i bilanci in Pretura per eccesso di debiti in una fase in cui è ancora possibile trovare una soluzione.
Infatti, allo stadio attuale gli unici creditori, ancorché per importi notevoli, sono BancaStato (credito ipotecario) e lo Stato del Cantone Ticino (prestito LIM senza interessi).
Ben diversa sarebbe stata la situazione se si fosse tentata una navigazione impossibile, lasciando andare alla deriva il bastimento. In questo caso i creditori si sarebbero moltiplicati e il mare sarebbe diventato ancor più burrascoso.

Ma in cosa consiste il problema del macello di Cresciano? Consiste nel fatto che l’edificio macello è di proprietà della società che lo gestisce, la MATI appunto. Ciò espone questa importante struttura di interesse pubblico a gravi pericoli in caso di insolvenza della MATI SA, come è appunto ora il caso.
Tornando al paragone navale, si può dire che il bastimento è stato costruito senza paratie stagne, senza cioè quei compartimenti della stiva che in caso di una falla possono essere chiusi impedendo l’affondamento.
Senza paratie stagne anche solo una piccola falla (crisi di liquidità, eccesso di debiti, ecc.) può far affondare l’intero bastimento.
A questo punto, la capitaneria di porto, ovvero il gruppo di lavoro misto scaturito dalla riunione odierna, dovrebbe orientare la ricerca di una soluzione verso una direzione che separi la proprietà dello stabile dalla gestione.
In altre parole, occorre seriamente valutare il “modello Zurigo”, proposto da Agrifutura qualche giorno fa, che in sostanza prevede che il Cantone acquisti lo stabile e appalti la gestione a un ente privato. Questa soluzione eviterebbe a Banca Stato e al Cantone di perdere vari milioni e metterebbe nella classica botte di ferro la struttura macello, tanto utile e necessaria per il settore primario ticinese. Su questa proposta dovranno esprimersi il governo e i politici, magari con proposte concrete e atti parlamentari.
A meno che non si voglia lasciare questa incombenza al neonato Partito ticinese dei Pirati…

Giovanni Berardi
Presidente di Agrifutura e utente del macello di Cresciano