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La Svizzera vi­ve di esportazioni e il mercato eu­ropeo è ancora in larga misura la parte preponderante di ta­li esportazioni, scrive Moreno Bernasconi sul Corriere del Ticino di sabato 4 agosto.
Di seguito, alcuni passaggi del suo scritto
.

“Sarebbe quindi un suicidio vagheggia­re un crollo dell’Eurozona o non fare la nostra parte per evitarlo.
… Tanto è importante che la Svizzera aumen­ti la propria partecipazione finan­ziaria al Fondo monetario interna­zionale e che la Banca nazionale sviz­zera dia il proprio contributo alla di­fesa dell’euro, tanto sarebbe irre­sponsabile una fuga in avanti nel processo di integrazione istituzio­nale nell’UE in un momento di in­certezza e di burrasca come quello presente.

Essenziale è però definire chiaramente l’atteggiamento giusto da avere nei confronti di Bruxelles e individuare i margini di manovra en­tro i quali lavorare per preservare i nostri interessi.
Abbiamo interesse a di­fendere sostanzialmente gli accordi bilaterali attuali, segnatamente quel­li di libera circolazione, perfezionan­doli quanto basta per contenere gli effetti perversi della libera circolazione sul mercato del lavoro elvetico.
Nuovi accordi vanno sottoscritti solo se Bruxelles non esige la ripresa automatica del diritto europeo.

La crisi ha palesato la tentazione di Bruxelles di spingere nella direzione di un centralismo che sembra andare di pari passo con l’indebolimento della legittimazione democratica delle istituzioni europee e del ruolo dei Governi nazionali.
Questo rende Bruxelles ancor meno compatibile con alcuni capisaldi della configurazione politica elvetica: in particolare il federalismo, la sovranità e la concorrenza fiscale, la democrazia diretta.
… La linea da non oltrepassare è quella che ci renderebbe dipendenti al punto da non poter più tornare indietro.
… Per quanto riguarda la piazza finanziaria, la strategia degli accordi Rubik è quella che comporta meno inconvenienti, a patto ovviamente che il tetto delle aliquote fiscali non sia esagerato, pena il fuggi fuggi dei nostri clienti europei.
Sono convinto che l’atteggiamento migliore che possiamo adottare nei confronti dell’UE sia quello dei non- richiedenti.
Più ci caleremo nel ruolo dei richiedenti e più saremo in posizione di debolezza. Certo, quando si negozia con un partner (soprattutto con un colosso che comprende 27 Paesi, alcuni dei quali commercialmente vitali per noi) bisogna saper fare anche concessioni e poter mettere sul piatto della bilancia proposte concrete vantaggiose anche per l’altra parte.
Rubik va in questa direzione, l’aumento del nostro contributo all’FMI, la partecipazione svizzera al fondo di coesione europeo e l’attuale politica della banca nazionale elvetica sono tutte iniziative concrete che vanno a beneficio anche dei Paesi dell’UE.
Senza parlare della nostra bilancia commerciale che è fortemente favorevole ai Paesi europei.

… oggi non è nell’interesse della Svizzera varcare la soglia che rende irreversibili i nostri rapporti istituzionali con un’Unione europea dal futuro molto incerto.”