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Non vi sono dubbi, né a destra né a sinistra, né nell’economia né nella società civile, che il modello di welfare state (stato sociale) che ci ha dato tantissimo dal dopo guerra ad oggi è ormai in crisi profonda in tutto il continente.
E’ in crisi perchè il suo mantenimento è diventato di un costo impagabile tramite le sole imposte, ed è in crisi perché i problemi e la casistica a cui deve far fronte sono enormemente diversi rispetto a quelli che stavano alla sua giustificata origine.
Diversa è pure la mentalità di chi eroga le prestazioni, ma diversa è pure la pretesa dei beneficiari; diverso e stravolto è ormai l’ambito economico e sociale nel quale il welfare dovrebbe tentare di dare risposte efficaci.

Non è più un problema a sapere se è necessario (giusto, utile) intervenire o meno per aiutare chi ha bisogno in un determinato momento di difficoltà della propria vita tramite una solidarietà diretta.
Il problema oggi è quello di trovare maggiore efficienza e efficacia nell’intervenire.
Siccome i bisogni (domanda) di chi è meno fortunato sono e saranno infiniti, e siccome le prestazioni (offerte) sono e saranno oltre che limitate, costose e non finanziabili tramite maggiori imposte e tenuto conto che a volte sono anche inadeguate; giunge il tempo in cui molti in giro per l’occidente si stanno chiedendo seriamente se il modello di cui sopra non debba essere finalmente ripensato e rilanciato.

Il Ticino non sfugge a questa domanda. Da una parte, la questione dei conti dello Stato in gravi deficit per i prossimi anni non può non toccare anche il tema della “ridistribuzione”, oggi il 70% del budget annuale dello Stato viene ridistribuito (cioè sussidi).
Dall’altra sono in molti ad accorgersi che lo Stato non è più in grado di svolgere il compito di unico erogatore di prestazioni e servizi senza incombere in diseconomie, disservizi e inadeguatezza di fronte alla domanda sempre più in crescita e differenziata in materia di “beni e servizi pubblici” .
Posto che lo Stato ha un doppio limite fisico nel poter fronteggiare la situazione: struttura inadeguata e onerosissima per assumersi, controllare, produrre tutte le attività in risposta ai bisogni e impossibilità di finanziarsi tramite l’aumento continuo di imposte e tasse; si arriva alla conclusione che per far coincidere meglio domanda e offerta di servizi pubblici (socialità, cultura, salute, educazione, ambiente, ricerca, sviluppo, promozione economica) a costi sotto controllo e sopportabili occorre promuovere maggiormente il principio di sussidiarietà.

Tramite il principio di sussidiarietà, già vincolato nella costituzione federale tramite la votazione popolare del 2004 che riguardava la Nuova perequazione finanziaria tra confederazione e cantoni, si apre una nuova via per fare in modo che: pubblico e privato collaborino nel soddisfare i bisogni in modo paritario, che pubblico e privato si trovino anche in concorrenza nell’erogare servizi a minor costo e a maggior qualità, che privati e privati si facciano concorrenza per soddisfare meglio l’esigenza di servizio pubblico.
Grazie alla sussidiarietà, se applicata come principio di base prima dell’erogazione dei soliti sussidi, potrebbero nascere nuove offerte profit e non profit per colmare la domanda di servizi pubblici.
Il servizio pubblico non può più essere inteso unicamente come servizio erogato e prodotto dallo Stato. Il servizio pubblico, l’esperienza di altri Paesi (ad esempio nazioni scandinave in primis) ce lo dimostrano, è tale non più a partire da chi lo eroga ma a partire da chi lo riceve.
Infatti l’erogazione può essere sia statale che privata, ciò che conta è la soddisfazione, l’efficienza e l’efficacia per chi lo riceve e non se il processo produttivo del servizio è in mano allo Stato.
In quest’ottica il classico sussidio, che oggi è sempre erogato ai privati, ai comuni , ai non profit in funzione del rispetto di una procedura di produzione (tot. metri quadrati, tot. ingredienti, tot. diplomati, tot. specialisti, tot. ospiti, pazienti, allievi, alberi, ecc…) stabilita a monte dallo Stato e dai suoi uffici ( a volte arbitrariamente); domani il sussidio dovrebbe essere erogato in funzione del risultato raggiunto e non più condizionandolo al rispetto procedurale burocratico.
L’accento non sarebbe più messo sul come ma sull’efficacia e l’efficienza del servizio o della prestazione fornita. Lo stato farebbe contratti di prestazione “veri” con chi gli garantisce il risultato atteso e non più solo con chi gli garantisce il rispetto delle norme procedurali di produzione quasi indipendentemente dal risultato.
In questo modo se lo Stato riconoscesse che nella società civile ci possono essere risposte efficaci e efficienti diverse da quelle da lui prodotte direttamente o da lui imposte ad enti per beneficiare del sussidio diretto, allora per lo Stato si aprirebbe la possibilità di procedere per paragoni e di mettere in concorrenza la varietà di soluzioni che la società civile è in grado di elaborare a favore della miglior risposta a quei bisogni enormi e variati che nessuna entità unica statale o privata che sia è oggi in grado oggettivamente di fornire.

Si tratta di invertire il paradigma. Lo stato non è più il primo e unico erogatore di servizi pubblici, delegati ad altri solo quando lui non ce la fa; ma al contrario lo Stato diventa erogatore diretto solo quando la società civile con i suoi enti profit e non profit non è in grado di produrre e offrire adeguatamente quanto le leggi dello Stato prevedono per le prestazioni e i servizi pubblici.
Occorre un passaggio dalla società civile “eventualmente tollerata” dallo Stato nell’erogazione di servizi pubblici, ad una posizione in cui la società civile è riconosciuta a tutti gli effetti e favorita quale prima responsabile per l’erogazione di questa offerta pubblica, mettendo lo Stato nel ruolo sussidiario.
Ciò significa che la delega non avviene in modo discendente quando non ce la fa lo Stato, ma al contrario in modo ascendente quando non ce la fa la società civile

Affinché questa trasformazione possa mettersi a poco a poco in moto, occorrono però alcune premesse tecniche.
Forse pochi sanno o si ricordano che nel lontano 15 settembre del 1992 (20 anni fa) il Governo presentava al Parlamento un progetto di Legge sui sussidi cantonali. Il Gran Consiglio l’approvava il 22 giugno 1994.
Questa legge, molto opportuna e ben fatta, aveva come scopo quello di ordinare il modo, i criteri, il controllo dei sussidi erogati dallo Stato. Era ed è una Legge complementare a quella sulla gestione finanziaria.
Quell’intento e quegli scopi sono tuttora validi, sebbene, nella pratica e nell’applicazione delle singole leggi erogatrici settoriali a volte ci si dimentica dei buoni criteri previsti in questa Legge sussidi.

Oggi però di fronte a quanto descritto sopra e se vogliamo davvero incentivare delle soluzioni al problema dell’efficacia del welfare ticinese e del suo finanziamento e se vogliamo introdurre fattivamente il principio di sussidiarietà nel gioco della domanda e dell’offerta pubblica, dobbiamo completare questo testo di legge.
Per questi e altri motivi propongo tramite un’iniziativa parlamentare elaborata di modificare la Legge sui sussidi cantonali del 1994 come segue.

Disegno di Legge sui sussidi cantonali, del 22 giugno 1994, modifica

Il Gran Consiglio della Repubblica e Cantone Ticino
Scopo

Art. 1
1. La presente legge ha lo scopo di armonizzare i principi e le disposizioni comuni che presiedono la concessione dei sussidi cantonali.
2 Nuovo
Favorire la pluralità di offerta statale e privata nell’adempimento di compiti specifici di interesse pubblico migliorando efficacia, efficienza, qualità e parsimonia tramite il principio di sussidiarietà.
3. Essa definisce:
a. i principi della legislazione cantonale in materia di sussidi;
b. le disposizioni comuni della legislazione cantonale in materia di sussidi.

Campo di applicazione
Art. 2
1. La presente legge è applicabile a tutti i sussidi cantonali.
2. Il capitolo III è applicabile salvo contrarie disposizioni legislative cantonali speciali.

Definizione
Art. 3
1. I sussidi sono prestazioni quantificabili in denaro accordate a terzi senza un’usuale controprestazione di mercato allo scopo di assicurare o promuovere l’adempimento di compiti specifici di interesse pubblico.
2. Sono segnatamente considerati sussidi le prestazioni pecuniarie non rimborsabili e, nella misura in cui la loro concessione avviene a titolo gratuito o a condizioni di favore, i mutui, le fideiussioni o altre forme di garanzia, i servizi e le prestazioni in natura.
3. Non sono considerati sussidi le prestazioni sociali di cui alla Legge sull’armonizzazione e il coordinamento delle prestazioni sociali del 5 giugno 2000 (Laps).[1]
Cpv.4 Nuovo
I sussidi sono prestazioni finanziarie erogate anche ad enti profit e non profit che in base al principio di sussidiarietà erogano e promuovono l’adempimento di compiti specifici di interesse pubblico.

Sussidi obbligatori e sussidi facoltativi
Art. 4
1. I sussidi per i quali la base legale che li istituisce riconosce al destinatario un diritto al loro conseguimento, sono definiti obbligatori.
2. I sussidi per i quali la base legale che li istituisce non riconosce al destinatario un diritto al loro conseguimento, sono definiti facoltativi.

CAPITOLO II
Principi della legislazione cantonale in materia di sussidi


Compiti sussidiabili
Art. 5
Sono sussidiabili i compiti per i quali è accertato:
a. un interesse del Cantone al loro adempimento;
b. che l’insieme di altre fonti di finanziamento, effettive o ragionevolmente esigibili, non risultano sufficienti a garantirne un adempimento adeguato all’interesse del Cantone.
c. nuovo che lo Stato non è necessariamente l’erogatore ideale, adatto o opportuno per il raggiungimento degli scopi previsti dalle singole leggi settoriali quando la società civile è in grado di provvedere direttamente;
d. nuovo che la pluralità e la diversità dell’offerta, erogata dallo stato e/o dai privati, svolge un ruolo importante nel migliorare i costi e la qualità delle prestazione e dei servizi pubblici da offrire.

Entrata in vigore
Art. 25
1. Trascorsi i termini per l’esercizio del diritto di referendum la presente legge è pubblicata nel Bollettino ufficiale delle leggi e degli atti esecutivi.
2. Il Consiglio di Stato fissa la data dell’entrata in vigore.

Sergio Morisoli, AreaLiberale