“Quando Armstrong scese giù da quella scaletta proclamando che si trattava di un piccolo passo per lui ma di un grande passo per l’umanità, stava in realtà posando il piede su un solido palcoscenico coperto di polvere all’interno di un segretissimo studio televisivo nel deserto del Nevada.”

Bill Kaysing, sostenitore della tesi del complotto

Nel luglio 1969 siamo davvero sbarcati sulla luna? E’ una domanda che gira dalla metà degli anni ’70, da quando “i soliti complottisti” avevano sostenuto che lo sbarco sulla luna mostrato in diretta TV e in mondovisione la notte del 20 luglio 1969 altro non fosse che una messa in scena, un filmato realizzato per ordine dell’allora presidente Richard Nixon e girato dal regista Stanley Kubrick, che proprio l’anno prima aveva terminato le riprese di “2001 Odissea nello spazio”.

Per cercare di capire il motivo di questa tesi si deve senz’altro considerare la situazione degli Stati Uniti nel 1969, quando il maggior problema del paese era la guerra che da nove anni si combatteva nel Vietnam, un conflitto che ogni mese faceva decine di morti e feriti tra i soldati americani, polverizzava centinaia di milioni di dollari e si rivelava sempre più inutile.
Dunque, secondo i “soliti complottisti”, in quel tempo la popolazione americana era sempre più insofferente e le critiche si facevano sentire anche a livello internazionale.
Deciso a restare in Vietnam con ogni mezzo, Nixon cercava qualcosa per allentare la pressione e distogliere l’attenzione dal conflitto.
Si era rivolto alla Nasa, che stava programmando il lancio in orbita della missione Apollo 11, la prima volta dell’uomo sulla luna, ma i tecnici dell’ente aerospaziale ancora non erano pronti per dare una risposta positiva alla sua richiesta, ossia far partire la missione in tempi brevi e addirittura trasmettere l’allunaggio in diretta TV.

Nel governo di Nixon, con incarichi cosiddetti “minori” operava Donald Rumsfeld (che in seguito fece carriera sino a diventare l’odiato e contestato Segretario di Stato di George Bush, dal 2001 al 2006). Sarebbe stato proprio Rumsfeld a lanciare la geniale idea: la missione Apollo sarebbe partita da Cape Canaveral ma invece di dirigersi verso la luna, gli astronauti (Neil Armstrong, Michael Collins e Edwin Buzz Aldrin) sarebbero stati fatti orbitare per una settimana attorno alla terra, per infine rientrare sulla terra accolti come eroi. Accolti come eroi perché nel frattempo da un set cinematografico sarebbe stato mandato in onda il loro finto allunaggio, con tanto di modulo lunare, assenza di gravità, bandiera americana ben piantata fra le rocce, luce solare, discorsi simbolici e tutto quanto.
Ovviamente Armstrong, Collins e Aldrin sarebbero stati informati del piano e avrebbero garantito di non parlare mai dell’imbroglio, mentre sul set cinematografico la parte dei tre astronauti sarebbe stata affidata ad agenti di fiducia della Cia.
Un’idea perfetta, secondo Rumsfeld, per meravigliare l’intero pianeta e far scordare il Vietnam per un bel pezzo. Dunque così sarebbe stato e la notte del 20 luglio 1969 la diretta televisiva mostrò il modulo lunare Eagle appoggiarsi sulla luna e “il comandante Armstrong” scendere la scaletta del modulo e compiere “il grande balzo per l’umanità.”

I sostenitori del grande complotto da decenni si appoggiano alle analisi delle immagini di quanto accadde quella notte sulla luna, immagini che negli ultimi anni con l’avvento di Internet vengono esaminate nei minimi dettagli per sostenere che era stato tutto un grande imbroglio : strane ombre e strani riflessi nelle fotografie degli astronauti, la mancanza nel terreno di un cratere generato dalla discesa del modulo lunare, un orizzonte dalle linee troppo regolari, senza profondità e oltre il quale non si vede alcuna stella (lo spazio infinito non dovrebbe esserne pieno?).
E poi la bandiera che sventola in un ambiente privo di atmosfera, l’assenza, in alcune immagini, delle tracce delle ruote della jeep lunare, l’impronta ben definita di Armstrong, troppo marcata per un ambiente in assenza di gravità.

Certamente di fronte a queste accuse la Nasa si difese, ma lo fece solamente dopo anni di silenzio. Nel 2001 emise un comunicato dal titolo “Yes, we did”, ossia “Sì l’abbiamo fatto”.
L’ente aerospaziale americano si era deciso a replicare per iscritto a seguito della messa in onda di un documentario sul canale televisivo Fox Network, un reportage incentrato sul falso allunaggio del 1969. Appena terminato il documentario, i centralini della Nasa erano stati assaliti da cittadini delusi, arrabbiati, offesi e dubbiosi, tutti con domande e tutti che volevano risposte. La Nasa non aveva più potuto tacere.

In ogni caso, nel luglio 1969 Nixon ebbe il suo allunaggio, l’America si sentì una nazione forte, il Vietnam diventò una realtà vaga e lontana.
Armstrong, Collins e Aldrin vennero trattati da eroi, pagati profumatamente e inseriti in incarichi di prestigio in seno all’ente aerospaziale. Stando ai complottisti, vennero inglobati in un sistema dorato nel quale potevano scorrazzare liberamente ma sapevano di essere costantemente sotto controllo. Sapevano che se volevano continuare a vivere dovevano tacere la verità sulla missione.
Ai tre agenti della Cia che avevano interpretato la parte degli astronauti non andò così bene. Lasciarono gli Stati Uniti e per anni si resero irreperibili. Sapevano di sapere troppo e questo faceva di loro dei nemici dello Stato. Si dice che dopo anni la Cia riuscì a trovarli e li uccise. I media e gli inquirenti parlarono di suicidi o di morti accidentali.
Quel che i complottisti non spiegano è come fece il governo americano a comperare il silenzio di tutte le persone che per forza di logica dovevano essere state al corrente dell’inganno, nel governo, alla Cia e alla Nasa. La Casa Bianca fece minacce? Comperò il silenzio a peso d’oro?
E che dire poi di Stanley Kubrick, regista di tutta la messa in scena? Per i 30 anni successivi visse tranquillo o con il timore di essere ucciso ogni volta che usciva di casa?