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Mohamed Morsi, presidente egiziano, ha condannato con fermezza le violenze conseguenti alla diffusione su Internet di un film anti-Islam. L’Egitto ha bisogno degli investimenti occidentali e non può attirare nel paese società estere se non riesce a proteggere le ambasciate straniere.

Nel mondo musulmano la tensione è al massimo, una settimana dopo la diffusione su Internet di un film giudicato blasfemo per l’Islam.
Violente manifestazioni hanno portato migliaia di persone davanti alle ambasciate statunitensi del nord Africa, del Medio Oriente e in alcuni paesi asiatici di fede musulmana.
Il presidente egiziano Mohamed Morsi ha condannato l’attacco all’ambasciata americana di Bengasi, in Libia, dove sono stati uccisi l’ambasciatore americano Chris Stevens e altri tre funzionari. Al contempo ha anche denunciato le offese al profeta Maometto contenute nel film apparso su Internet.

Morsi fa parte del gruppo religioso dei Fratelli Musulmani. Come può contenere la rabbia e la violenza dei salafisti senza danneggiare la preziosa relazione con gli Stati Uniti ? chiede nel portale d’informazione Atlantico.fr lo scrittore Olivier d’Auzon : “Di fatto il nuovo presidente è condannato a un gioco da equilibrista, ossia non distanziarsi dalla sua base, i salafisti, curando al contempo gli americani, di cui l’Egitto ha bisogno, sia per la sua protezione militare quanto per il suo sviluppo economica.
Un mese fa Morsi aveva incontrato degli investitori occidentali, cercando di convincerli che il clima dell’Egitto è propizio agli investimenti. Ma ecco un messaggio che potrebbe apparire vano se si mostra incapace di garantire la sicurezza delle ambasciate straniere o di condannare chi viola il loro statuto sovrano.

Tutti sanno che la situazione attuale è potenzialmente portatrice di un conflitto tra l’Occidente e l’Islam radicale. Il presidente statunitense Obama ha inviato 200 marines quale rinforzo per garantire la sicurezza delle ambasciate della regione.
Gli Stati Uniti hanno già ricevuto l’assicurazione da parte egiziana che il trattato di pace con Israele non verrà denunciato. Il compito potrebbe rivelarsi delicato e necessiterà di pressioni che Morsi elargirà con parsimonia : l’Egitto ha bisogno di un prestito dal Fondo monetario internazionale o di investimenti commerciali. Se il paese non gestirà la violenza, l’ottenimento di un prestito o di un qualunque altro investimento internazionale potrebbe essere compromesso.

E’ difficile far capire ai regimi nati dalle rivolte della primavera araba che l’America non è una società monolitica e che la censura di un film non esiste.
Quanto tempo sarà necessario a questi regimi autoritari affinchè lo accettino senza vendicarsi? Del resto, si capisce ci vorrà tempo per sbrogliare la matassa in Siria.
La Siria non è la Libia. Le rivoluzioni, perchè siano durature e contribuiscano a far nascere un clima propizio alla pace e allo sviluppo economico, devono essere largamente accompagnate. In questa prospettiva, non si dovrebbe mancare di insistere su una sorta di “servizio post-rivoluzione” che in Libia è crudelmente mancato.”