Di ritorno da un breve viaggio scopro che “la Domenica” si occupa oggi di Paolo Clemente Wicht, che confida al giornalista e ai lettori la sua amara e dolorosa esperienza.

E allora mi sono ricordato che in tempi passati e per lui sereni avevo realizzato un’intervista che Ticinolive conserva ancora nella sua pancia. Tema del colloquio è l’alta gastronomia***, grande passione di Paolo Clemente Wicht.

Provo oggi a riproporla poiché la giudico ancora fresca ed attuale… … nell’attesa di fargliene magari un’altra!

*** con un piccolo finale politico

*****

L’alta cucina è meglio della politica!” – Intervista a Paolo Clemente Wicht

Un’intervista di Francesco De Maria

*****

Francesco De Maria Ho letto che le origini della Chaîne des Rôtisseurs sono molto antiche. Può farci una piccola lezione di storia?

Paolo Clemente Wicht Cercherò di essere molto sintetico. Nel lontano 1248 Saint Louis, Roi de France, fonda la Chaîne des Rôtisseurs, la prima corporazione gastronomica della storia, con l’intento di nobilitare les oïtiers, i rosticceri d’oche. E’ la prima data che si può vedere sul nostro stemma. Nel 1600, la corporazione viene riconosciuta formalmente come ordine reale e sullo stemma compaiono les fleurs de lys assieme agli spiedi incrociati. Come tutte le corporazioni d’ordine reale, con la rivoluzione francese nel 1789, la Chaîne viene sciolta e diventa dormiente. Fino al 1950, quando un illuminato giornalista e gastronomo, Jean Valby, ricostituisce la corporazione, dotandola di un abito legale moderno: l’associazione ai sensi del Codice civile francese. Il 1950 è la seconda data che troviamo sul nostro stemma.

Oggi la Chaîne è un’importante associazione internazionale. Può illustrarcene la struttura?
PCW Come detto nel 1950 Jean Valby rifonda l’associazione, con sede a Parigi. Lo sviluppo internazionale parte veloce e già nel 1951 nasce il Bailliage (sezione) nazionale svizzero. Oggi, la Chaîne des Rôtisseurs è presente nei 5 continenti, con una settantina di Bailliages nazionali e oltre 25’000 membri, in parte gastronomi in parte professionisti della gastonomia e hôtellerie. In Svizzera, abbiamo circa 2’000 membri, 400 professionnels e 1’600 amateurs, diretti da un Consiglio Nazionale e da un’organizzazione per Bailliages a livello cantonale. In Ticino, abbiamo il Bailliage (sezione) sottoceneri e sopraceneri con circa 150 membri attivi, suddivisi paritariamente.


Paolo Clemente Wicht, a destra, con le insegne di Bailli et Argentier della Chaîne

C’è una filosofia alla base della Chaîne, che immagino quale filosofia del nobile mangiare e del perfetto cucinare?
PCW L’eccellenza del gusto, il gusto dell’eccellenza. Con questa frase sintetica spiego la nostra filosofia. L’eccellenza del gusto è l’arte dei nostri membri professionisti, ristoratori e albergatori, molti dei quali sono al vertice della gastronomia nazionale. Mentre il gusto dell’eccellenza è l’obiettivo dei nostri membri amateurs o gastronomi, che si riuniscono attorno a delle tavole tematiche per dei convivi indimenticabili.

Per la Chaîne des Rôtisseurs esiste un personaggio carismatico e fondamentale, l’equivalente di un Melvin Jones per il Lions Clubs International?
PCW Sicuramente Jean Valby. Che nell’immediato dopoguerra, in una Francia in ginocchio e sofferente, intuì che solo la qualità e l’eccellenza potevano risollevare un settore, quello della gastronomia, praticamente a terra.Il successo della Chaîne e le grandi evoluzioni nei decenni successivi dell’importanza sociale e culturale dell’alta gastronomia ne sono una lampante conferma.

Ci parli della Chaîne nel Ticino e ci illustri le Sue attività e i Suoi impegni – locali, nazionali, internazionali – quale bailli della Chaîne.
PCW Come detto il Ticino ha due sezioni (bailliages), sopra e sottoceneri. Più che campanilistica la divisione è funzionale. Abbiamo eccellenti strutture sia sopra che sotto il confine, anche psicologico, del Ceneri, per cui era giusto avere un’organizzazione capillare sul territorio per una migliore valorizzazione dei professionnels. I soci possono comunque partecipare a tutti gli eventi della Chaîne, non solo in Ticino ma anche a livello nazionale e internazionale. Il mio impegno è su tre fronti: a livello locale, sono bailli (presidente) della sezione sottoceneri; a livello nazionale siedo nel Consiglio Nazionale come Argentier e a livello internazionale sono eletto nel Consiglio esecutivo dell’ACCR a Parigi, l’Associazione Caritativa della Chaîne des Rôtisserus, con la quale finanziamo progetti di aiuto umanitario con un legame con la gastronomia.

Il cibo può essere arte? Il cibo può essere storia? Il cibo può essere scienza? Globalizzando (parola di gran moda): il cibo può essere cultura?
PCW Il cibo è sicuramente tutto questo, e molto di più. L’essenziale è rendersi conto che cibarsi non è solo un atto dovuto per la sopravvivenza, ma significa (e ce lo insegnano anche popolazioni molto povere) partecipare ad un rito. E’ anche un atto di fiducia: permettiamo a gente spesso sconosciuta (cuochi, pasticceri e camerieri) un atto intimo nei nostri confronti: la preparazione e il servizio di alimenti che mangiandoli facciamo entrare nel nostro corpo. Le forme artistiche, oggi stimolate dai media, sono rare e anche insidiose. Quando sono autentiche sono stupefacenti; quando sono artificiose o pompate ad arte sono patetiche e disoneste nei confronti dei consumatori.

Lei si interessa agli aspetti letterari della gastronomia?
PCW Consacro un certo tempo alla letteratura gastronomica, anche storica, con grande piacere ed ammirazione. A Lugano abbiamo la fortuna di avere una collezione straordinaria, la BING dell’Ing. Bagnasco, che rappresenta un patrimonio a disposizione del pubblico di eccezionale valore.

Una tavola imbandita di cibi squisiti è inconcepibile senza la presenza del vino. Come si beve alla Chaîne? Con quali competenze, quali raffinatezze?
PCW Alla Chaîne il vino è talmente importante che abbiamo da 40 anni una sezione, che chiamiamo amichevolmente “section liquide”, rappresentata dall’Ordre Mondial des Gourmets Dégustateurs. Abbiamo un’organizzazione interna per gradi e i nostri sommelier si chiamano Echanson, in ricordo e omaggio alla figura storica rappresentata da colui che aveva diritto di servire il vino alla tavola del Re. Aneddoto storico a parte, le nostre cene sono sempre curate con la massima attenzione anche ai giusti abbinamenti cibo-vino: ogni piatto necessita il suo vino; ogni vino merita il suo piatto!

Parliamo del Ticino. Ci dia un suo giudizio sull’offerta gastronomica nel Cantone. Dapprima in generale, poi prestando attenzione ai livelli più alti. Abbiamo anche dei punti deboli?
PCW Il Ticino, in generale, è messo bene. Ha saputo anche creare delle tavole eccellenti, ma non è riuscito a creare una cultura gastronomica nei suoi commensali-clienti. Ho l’impressione che negli anni 80-90 i ticinesi hanno scoperto l’alta gastronomia un po’ come una moda: era bello uscire o farsi vedere nei grandi ristoranti, sia per affari che per piacere. Poi, le varie crisi (immobiliare prima, bancaria e finanziaria poi) hanno fatto emergere i limiti non dei ristoranti ma della clientela. Non limiti meramente economici, ma di cultura e di priorità. Diversi cuochi eccellenti hanno dovuto ridurre fino a chiudere o emigrare dove potevano di nuovo trovare apprezzamento. Le banche hanno aperto mense e foresterie per la loro clientela. E’ diventato di moda fare lunch in piedi o lunghi e scomodi aperitivi che costano come un menù di uno chef stellato. L’impoverimento sociale è garantito!

Qual è la sua professione? Si concilia bene con i suoi impegni di bailli?
PCW Sono un fiduciario di formazione giuridica, con un piccolo studio in proprio. Cerco di essere un buon consigliere per i miei clienti. L’impegno con la Chaîne è una delle mie priorità, anche sociali. La gastronomia fa parte della mia quotidianità, è la mia vita. In famiglia spieghiamo ai nostri figli che anche una semplice insalata deve essere gastronomica: dunque fatta con cura ed amore. La cucina, come il resto della vita, è una questione di stile.

Alcuni anni fa lei era entrato in politica, assumendo la presidenza dell’UDC e divenendo granconsigliere. Poi, abbastanza rapidamente, lasciò tutto. Perché? Che cosa le rimane di quella breve esperienza?
PCW Ho fatto 10 anni di politica, di cui la metà in silenzio ad imparare e l’altra molto intensamente ed in prima linea. Mi sono divertito, ho visto, vissuto, lavorato e capito molto. Ho sempre agito con rispetto, in primis delle idee, delle istituzioni, dei colleghi, dei media e anche degli avversari. Oggi la vita politica è inconciliabile con questo modo di interpretarla, per cui sono contento di essermi tolto dai giochi.

Certe sue decisioni quale presidente – penso in particolare ai “casi” Masoni e Martignoni, ben noti a tutti i nostri lettori – sono state vivacemente criticate. Sarebbe disposto a difenderle anche a posteriori?
PCW Come in cucina, anche in politica quando hai il cappello da Chef devi prendere delle decisioni in tempi e modi che, retrospettivamente, possono anche risultare sbagliati. L’errore più grosso è però non prenderle. Quando un soufflé sale nel forno non puoi aspettare, altrimenti brucia. E quando ce l’hai sul piatto, se non ti muovi, s’ammoscia e perde tutta la sua magia.

Che cosa pensa del 2011, anno buono per l’UDC Ticino ma infausto per il partito svizzero?
PCW Mi rallegra il primo Consigliere nazionale UDC targato Ticino: quando aprii la porta a Pierre Rusconi, scaricato dalla Lega del Nano, non tutti erano contenti nel partito. Quel soufflé però mi riuscì e ha regalato gustosi piaceri. A livello nazionale, dopo 20 anni di crescita con la locomotiva Blocher, era normale un rallentamento. Oggi, più che puntare sulle persone (tanto care ai media, ma sempre fragili ed attaccabili), è necessario che i partiti – tutti – si concentrino sui contenuti della loro politica e, soprattutto, sui reali interessi del paese.

Ritornerà un giorno alla politica?
PCW Mai dire mai… anche se preferisco cucinare.

Esclusiva di Ticinolive, riproduzione consentita citando la fonte.