2012

Il 7 settembre 2012 Francesco De Maria ha incontrato l’imam Jelassi nella sua moschea di Viganello e ha realizzato questa intervista.

Francesco De Maria Come bisogna rivolgersi a un imam?

Samir Radouan Jelassi Non c’è una formula particolare. Ma si può dire “Assalamu aleikum”, che è un saluto di pace e va bene per qualsiasi persona e in qualsiasi occasione.

Qual è la sua origine? Da quanto tempo vive a Lugano?
SRJ Mi chiamo Samir Radouan Al Jelassi e sono franco-tunisino. Ho quasi 43 anni e da 10 vivo a Lugano. Ho moglie e figli. Secondo le ricerche sono il primo imam in Svizzera che abbia ricevuto la sua formazione in Europa, e questo è avvenuto in Francia. Sono un fautore del dialogo interreligioso e membro di diverse commissioni federali, in particolare del “Forum Islam”, quale unico rappresentante del Ticino. Ho conseguito un master in Comunicazione interculturale all’USI e sto lavorando a una tesi di dottorato sempre all’USI.

Qual è il tema della sua tesi?
SRJ Un modello di dialogo nel Corano.

Ha fatto il pellegrinaggio alla Mecca?
SRJ Sì, certo, e ben più d’una volta.

Tra i suoi fedeli, quanti – percentualmente – sono stati alla Mecca?
SRJ Sicuramente una minoranza, forse un 15/20%. I pellegrini si vestono solo con due lenzuoli bianchi – i ricchi non si distinguono dai poveri, come è giusto che sia davanti a Dio – e il bianco significa: purezza.

Un imam è un uomo “consacrato” (come un prete cattolico) o soltanto un dotto, cui è affidato il compito di insegnare al suo popolo?
SRJ Non è un uomo consacrato bensì un sapiente, un insegnante, una guida spirituale.

Esiste una gerarchia tra gli imam?
SRJ No, in ogni caso non una gerarchia simile a quella che, ad esempio, esiste nella Chiesa cattolica. Tuttavia tra gli imam si distinguono vari gradi, che dipendono in sostanza dal loro livello di preparazione. C’è ad esempio l’imam “della quotidianità”, c’è l’imam che guida la preghiera del venerdì e tiene il sermone, e ci può essere un imam che, grazie a studi più alti, ha acquisito una conoscenza profonda dell’Islam e della realtà.

Ci parli del Corano.
SRJ Il Corano è il libro sacro dell’Islam. Il suo nome significa: “La lettura”. Esso contiene la rivelazione che Dio fece al Profeta Muhammad durante gli ultimi 23 anni della sua vita e che il Profeta trasmise a una commissione di scrittori incaricati di trascriverla. Il libro consta di 114 capitoli (sure) e 6236 versetti. Il Corano è fondamentalmente un libro di pace. Nel Corano c’è tutto, non soltanto le pratiche religiose. Ci sono leggi, regole del vivere familiare e sociale, princípi per la buona amministrazione dello stato e basi dell’economia. Nel Corano c’è anche la scienza, la matematica ad esempio. Gli arabi sono stati grandi matematici, la parola “algebra” deriva dall’arabo.

Non c’è violenza nel Corano?
SRJ Si può dire che ci sono dei versetti che suonano duri, ma è essenziale che essi non siano presi fuori dal loro contesto; infatti a volte sono interpretati male e usati per altri scopi (politici e demagogici). I musulmani combatterono molte guerre, così come i cristiani, e come gli ebrei. Il mio messaggio, il messaggio dei musulmani è: l’Islam è una religione di pace, il Corano è un libro di dialogo e di pace. Talvolta, bisogna ammetterlo, l’Islam è rappresentato male dai musulmani stessi e presentato male da certi mass media; e allora fa paura. È importante che si affermi un Islam equilibrato e moderato, tanto nella sostanza quanto nei toni.

Per un’offesa al Corano è prevista la pena di morte. È giusto?
SRJ No. Questo non c’è, ma chi lo offende manca di rispetto a un Libro Sacro. È vero che in certi paesi la popolazione la prende molto male e quindi non mancano le dichiarazioni politiche e populiste nel merito, giungendo sino a delle fatwa di condanna a morte.

Ci descriva la presenza islamica nel Ticino e ci fornisca un po’ di numeri. Quanti sono i suoi fedeli?
SRJ I numeri ufficiali indicano quasi 6’000 aderenti della religione islamica in Ticino. Il venerdì nella nostra moschea di riuniscono un centinaio di fedeli. Nelle festività importanti da 300 a 500. In certe occasioni speciali sino a 700 persone.

I suoi fedeli conoscono l’arabo?
SRJ Alcuni sì, ma non tutti. Il culto viene svolto in parte in italiano, in parte in arabo. Capita anche che qualcuno impari a memoria alcune formule centrali della preghiera, pur senza conoscere a fondo la lingua.

Quanti sono i musulmani nel Ticino?
SRJ Cime ho già detto, circa 6000.

Quante le moschee?
SRJ Nel nostro cantone i luoghi di culto sono cinque o sei. C’è una moschea maggiormente frequentata dai turchi, un’altra dagli albanesi. C’è anche una moschea a Giubiasco. Questo è dovuto alla composizione multiculturale della nostra comunità.

Ci sono nel Cantone musulmani non praticanti?
SRJ Sì, naturalmente. Come in tutte le religioni.

Ci sono nel Cantone musulmani che lei definirebbe “non moderati”? (domanda delicata, lo capisco)
SRJ Tutte le ricerche in merito dimostrano che la comunità musulmana ticinese è una comunità pacifica, ben integrata e segue un Islam equilibrato e moderato.

Ho letto nel Giornale del Popolo, tempo fa, di 8 iman predicanti in Svizzera, che sarebbero sorvegliati dall’autorità, perché sospettati di diffondere idee radicali e una forma di Islam duro e aggressivo.
SRJ La esigua cifra di 8 sospetti pubblicata nel rapporto dei servizi competenti può essere letta e interpretata in due modi: il primo è tranquillizzante, visto che sul territorio svizzero figurano solo e soltanto 8 sospetti su centinaia di imam e figure religiose. I miei complimenti ai musulmani della Svizzera che confermano la loro buona integrazione e la loro appartenenza a un Islam equilibrato. Quello che non si sa è che dietro a questi ottimi risultati rispetto al resto d’Europa c’è un enorme lavoro svolto dagli imam della Svizzera. Purtroppo questo impegno non viene riconosciuto né sostenuto da una buona parte dei mass media e dei partiti politici, che anzi continuano a generalizzare e ad amalgamare tutti i musulmani, qualificandoli come estremisti e pericolosi.
Il secondo modo è piuttosto la strumentalizzazione dell’argomento, utilizzando i dati pubblicati per condurre una campagna che mira a creare la paura nei confronti dei musulmani. Omettendo di citare il numero reale di musulmani (circa 450’000) e di figure religiose (alcune centinaia) si tende a far pensare che una percentuale molto alta di musulmani è pericolosa. Mi permetta ancora una volta di insistere sul fatto che un estremista, sia egli un imam o un semplice musulmano, non potrà mai rappresentare né l’Islam né la maggioranza dei musulmani. Ma è anche importante che i non-musulmani non cadano nella generalizzazione e nella confusione tra i due aspetti, ovvero l’estremismo e l’Islam.

Lei pensa che la società occidentale e la società svizzera in particolare siano incapaci di comprendere l’Islam?
SRJ Non si tratta assolutamente di incapacità. Si tratta invece di un discorso di volontà, di apertura, di senso di civiltà e di rispetto verso il contratto sociale che ci riunisce tutti.

Un’accusa ricorrente che vien mossa alla società islamica è quella di sminuire e opprimere le donne. È un’accusa fondata?
SRJ Ho sentito questa critica centinaia di volte. Essa è in parte legittima se l’approccio è quello dello sguardo puntato su alcune realtà nel mondo islamico, dove purtroppo dominano alcuni codici sociali emersi da culture e costumi tribali. Il problema è che nel mondo occidentale non facciamo la differenza tra questi costumi e l’Islam, infatti molte volte questi vanno contro le regole, i princípi e i valori dell’Islam stesso. Per esempio si può notare che in alcuni paesi certe donne musulmane non ricevono la loro parte dell’eredità e questa è una violazione dei loro diritti sanciti nel Corano. A questo proposito faccio notare che la donna musulmana accumula per sé una serie di diritti e di privilegi: riceve l’eredità, che rimane di sua proprietà, e in più tiene per sé il suo reddito lavorativo. Oltre a godere di questi vantaggi la donna ha diritto al totale mantenimento da parte di suo marito, di suo padre o di suo fratello, a dipendenza del suo stato civile. Alla fine la donna si trova con diverse fonti di sostegno e ricchezza tali da garantirle la sua dignità e la sua indipendenza economica allo scopo di rendere il suo ruolo attivo nella vita sociale, economica, politica e culturale. L’Islam, dalla sua nascita, ha garantito un’altra serie di diritti alle donne, ad esempio la donna ha il diritto di voto da ben 14 secoli; l’Islam ha garantito alla donna i diritti sociali, economici e politici, infatti sotto il governo del secondo Califfo una donna aveva il ruolo di Ministro dell’Economia nella città di Medina; e qui stiamo parlando del settimo secolo. Oggi nella pratica siamo lontani da questi principi a causa di una serie di fenomeni: l’ignoranza, la dittatura, la mancanza di libertà, l’interpretazione e l’uso sbagliato della religione islamica, l’estremismo e altro ancora. Non solo tutto questo ha portato un danno all’interno del mondo islamico, ma ha anche rovinato la sua immagine all’esterno; per questo motivo c’è tanta confusione attorno ad esso.

Per finire, mettiamo due grandi religioni, l’Islam e il Cristianesimo l’una di fronte all’altra. Sono due cose molto diverse. Su quali punti potrebbero intendersi e, addirittura, convergere? Lei ha contatti con sacerdoti cattolici? Conosce il Vescovo di Lugano?
SRJ Ma perché devono essere una contro l’altra, mentre possono benissimo convivere e camminare insieme, una vicino all’altra? Dico questo perché ci sono tanti punti di incontro che uniscono queste due religioni monoteiste, ad esempio già solo i 10 comandamenti, che figurano sia nella Bibbia che nel Corano, possono essere un terreno comune (il cosiddetto “Common ground”) d’incontro. Tra l’Islam e il Cristianesimo ci sono tanti valori e principi comuni, ma anche tante preoccupazioni comuni; come la violenza, le guerre e la povertà. Un bel percorso di dialogo tra i rappresentanti dei musulmani e i responsabili cattolici è in via di crescita. In questo contesto si situa l’incontro storico che mi ha fatto riunire con il Vescovo di Lugano nella nostra Moschea, è stato davvero un incontro molto costruttivo e sereno, apprezzato da tutti i presenti sia musulmani che cristiani, oltre agli stessi mass media che hanno coperto l’evento, nel corso del quale abbiamo lanciato un appello al dialogo, al rispetto e alla convivenza pacifica tra tutte le componenti della società.

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