L’impotenza della società, della giustizia e del diritto nei confronti di criminali particolarmente efferati


Il caso Breivik è purtroppo solo uno – e neanche l’ultimo – di una triste serie di episodi di violenza criminale efferata in cui l’essere umano è messo a dura prova nelle sue capacità e possibilità di comprensione. Del gesto criminale anzitutto ma, talvolta, anche della sentenza e del ruolo della giustizia e della società. Situazioni inquietanti e angoscianti per tutti e nei confronti delle quali non sono immuni neanche le nostre latitudini. Criminali, questi, estremamente pericolosi ed efferati che, con modalità particolarmente subdole e insinuanti riescono a dissimulare le loro intenzioni e a nascondersi dietro abili maschere per anni prima di uscire allo scoperto e/o essere identificati o colti in fallo.

Ma torniamo a Breivik e al Male con la emme maiuscola. Ho letto e sentito un po’ ovunque in queste settimane scritti e parole molto accorate e di profondo sgomento e sdegno davanti a questo tipo di crimine particolarmente efferato; parole giuste e considerazioni condivisibili, tutte, unite come sono dallo sgomento, dall’orrore e dall’esecrazione corali. Cionondimeno tutti questi interventi, commenti, analisi e interviste non ci permettono di capire fino in fondo la vera portata del caso Breivik e, soprattutto, capire chi si nasconde dietro la maschera di questo mostruoso personaggio che, ancora al momento della sentenza, esultava e si commuoveva autocompiaciuto. Tutto ciò lascia dietro di se la sconfortante sensazione che il vincitore alla fin fine sia ancora lui.

Peraltro l’analisi del caso, così come sommariamente somministrata dai media e giunta al grande pubblico, non è stata un esercizio di chiarezza ed esaustività nel dare conto dell’enormità del gesto e dell’abisso di turpitudine che abita il personaggio. Questo è stato definito infatti in vari modi ma, sostanzialmente, sano di mente e certamente non affetto da psicosi. Quindi se non è psicotico egli allora è da considerarsi normale? Evidentemente no. Vi è infatti ancora un importante distinguo da fare. Il soggetto cosiddetto normale è infatti colui che vuole o vorrebbe essere conforme alla norma e per questo suo lecito fine è persino disposto a soffrire. Il perverso invece non solo non vuole essere “normato”, ma al contempo non vuole neppure sottrarsi alla seduzione del male – anzi, il contrario – e in questo suo progetto ultimo egli non contempla sofferenze, incertezze, conflitti o dubbi.

Per cogliere gli elementi essenziali di questa apparente contraddizione e uscire da questo vicolo cieco non possiamo però limitarci ai concetti, peraltro fondamentali, di libero arbitrio, coazione, normalità e patologia, psicosi e nevrosi, malattia e salute, mente e cervello, ma dobbiamo allora prendere in considerazione l’ ipotesi psicodinamica che vede in questi criminali dei soggetti strutturalmente perversi. Soggetti cioè che vogliono e perseguono il Male, lo gestiscono, sono immuni da pentimenti e sensi di colpa, non vogliono cambiare o guarire o redimersi che dir si voglia, sono impermeabili a qualsiasi cura, ed inoltre recidivano con matematica certezza qualora – scontata la pena – si ritrovassero nuovamente in libertà. Ora, nel caso Breivik, di tutto questo non si è quasi avuta eco. Ma non solo. Si è avuta addirittura l’avvilente sensazione che il vero vincitore fosse ancora e sempre lui: ora che egli è diventato un personaggio che ha avuto tutta l’attenzione dei media, delle autorità carcerarie, delle istituzioni, della giustizia e degli esperti – e che dal carcere può ora intrattenere relazioni epistolari con migliaia di fan! In tutta questa tragedia di cui è stato regista egli ha ottenuto infatti esattamente quello che voleva: assurgere al personaggio che egli aveva previsto e pianificato di diventare.

Detto ciò, bisogna peraltro anche aggiungere un ulteriore elemento di riflessione. Ancora oggi, e con tutto quanto sappiamo e conosciamo di questi efferati crimini vi è ancora chi si pone la questione a sapere se il soggetto in questione, con l’apparato psichico che si ritrova ad avere, possa o meno sottrarsi al suo proposito criminale? Con ciò dimenticando che questi crimini sono pianificati e organizzati sul lungo periodo con modalità non coatte e – cosa ancora più importante – dimenticando altresì di considerare che questi stessi criminali sono, per l’appunto, il complemento del loro stesso apparato psichico; sul piano affettivo e cognitivo – certamente – ma, soprattutto, sul quello volitivo, cioè della volontà consapevole e libera.

Questa la complessità e l’abisso, la logica perversa ed il paradosso angosciante che abita l’essere dell’uomo, il quale è però sempre libero di sottrarsi alla seduzione del male assoluto. Non riconoscere ciò, e cioè quanto possano essere potenzialmente distruttive le menti di questi soggetti – da soli o in gruppo (e senza scomodare la psichiatria) – è quantomeno fuorviante e pericoloso. Ecco allora che l’antropologia della violenza e della sofferenza sociale deve però ora finalmente trovare nella nostra società un posto privilegiato, il centro di una riflessione allargata che accolga al proprio interno contributi scientifici articolati che vanno dalla medicina alla psicologia, dalla sociologia alla criminologia, dalla vittimologia alla psicopatologia, dalla psicodinamica alle neuroscienze.


Dr. med. Orlando Del Don
Medico e psicoanalista


Coautore, con L. Rossi, del saggio
Lo Sguardo del Male
Violenza collettiva e difesa dei diritti umani
Lino Rossi e Orlando Del Don
Edizioni Borla s.r.l. Roma, 2012

La violenza, la sofferenza sociale, i comportamenti devianti e criminosi sono oggi al centro di una riflessione allargata che tocca la sociologia, la politica, il diritto, la vittimologia, la psicopatologia, la psicoanalisi e l’antropologia. Questo complesso campo di studio richiede una volontà di confronto e di dialogo che difficilmente può svilupparsi in un ambiente chiuso e ristretto, presente necessariamente nei contesti accademici tradizionali.

Questo lavoro dello psicoanalista Orlando Del Don e dell’antropologo Lino Rossi intende affrontare ed approfondire questa indagine proponendo un approccio integrato psico-storico in grado di far parlare tra loro linguaggi spesso distanti, benché interrelati e applicati a contenuti comuni. In questo modo lo studio del fenomeno e, in particolare, delle vittime e dei crimini sociali può aprirsi a uno sguardo nuovo e più ricco.

Di grande attualità per cercare di capire il fenomeno che oramai ci tocca tutti da vicino – anche in questo piccolo e, fino a pochi anni orsono, tranquillo angolo di mondo che è stato il Canton Ticino. I fatti di cronaca sono noti a tutti: crimine organizzato, violenze psicologiche fisiche e sessuali, perversioni sociali e psichiche, bullismo, comportamenti narcisistici estremi, incremento dei gravi disturbi di personalità, sadismo dilagante, volontà di potenza e di dominio incontrollate, identità incerte e multiple, pornografia dura/estrema, pedofilia in crescita, criminalità seriale, identità sessuali incerte e a rischio, ma anche gravi derive come il mobbing ed il bossing, abusi di potere nei pubblici uffici, bande giovanili violente e violenze domestiche estreme in rapida crescita, aggressività ed esplosioni di violenza incontrollate, corruzione dilagante, associazioni a delinquere sempre più organizzate ed efferate, terrorismo e gesti estremi apparentemente gratuiti, suicidi ed omicidi apparentemente inspiegabili in crescita, ecc.

Insomma una società, la nostra, senza limiti, liquida, in rapido divenire, senza regole e disorientata, confusa, disfunzionale, animata prevalentemente da pulsioni egocentriche, narcisistiche e solipsistiche che il libro cerca di comprendere ed inquadrare con lo scopo di aiutare coloro che vogliono capire il senso del nostro vivere e morire in questa società cercando al contempo di intervenire su di essa per meglio governare se stessi e il piccolo/grande mondo che li circonda e dei quali sono, necessariamente, parte integrante. Un libro utile a tutti e per tutti ma, in particolare, consigliato anche a magistrati, operatori sociali, educatori, avvocati, psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali, docenti, medici, politici, giornalisti, periti, tutori e curatori, direttori didattici, nonché studenti delle scuole superiori e studenti universitari interessati alle scienze umane.