In questi giorni il messaggio che intendeva rivalorizzare tutto il sedime occupato dal centro sociale, compirà 10 anni. Un compleanno per il quale non c’è ancora nulla da festeggiare. Durante questo decennio in questa area la progettualità in favore della popolazione è stata totalmente frustrata. A crescere sono stati solo il malumore e lo scoraggiamento dei vicini davanti ad una situazione di illegalità e di caos che molto spesso porta le forze dell’ordine a dover intervenire per porre un freno. Purtroppo però quelli della Polizia risultano essere troppo spesso dei viaggi a vuoto, poiché il loro agire è utile a calmare la situazione solo per qualche giorno. Dopo di che i rumori molesti e i disturbi per il vicinato ricominciano come se nulla fosse accaduto.

Il Municipio dal canto suo fa orecchie da mercante. Ha paura delle rappresaglie dei molinari ed è cosciente che la situazione gli è ormai sfuggita di mano. Alla fine del 2011, di fronte al lassismo delle autorità, un gruppo di cittadini esasperati, residenti nel quartiere, ha preso carta e penna redigendo un accorato appello al Municipio. Nell’articolo del Giornale del Popolo a firma John Robbiani si apprende che questi cittadini chiedono all’Esecutivo di mettere la parola fine alla situazione di irrisolta illegalità. Essi non sono più disposti a tollerare concerti fino a tarda notte, schiamazzi notturni e imbrattamenti con lo spray delle loro case. Nella mozione del 17 ottobre 2011 abbiamo ripercorso la cronistoria dell’attività di polizia del 2010 legata al centro sociale autogestito. Gli interventi spaziano dalla semplice costatazione di rumori molesti al trattamento di minorenni in stato di ubriachezza e sotto l’effetto di stupefacenti. Il tutto passando per risse notturne, danneggiamenti vari e accattonaggio.

Il tema di fondo in questa vicenda è la legalità. E di riflesso nascono domande come “Quanta credibilità attribuiamo al nostro stato di diritto?”, “Quale esempio vogliamo dare ai nostri cittadini?”, “Come tuteliamo l’ordine pubblico e i diritti del vicinato?”, “Come facciamo rispettare le leggi sulla vendita di alcolici?”, e molti altri. E allora i decennali mena via dell’esecutivo rappresentano la sconfitta dei nostri valori, delle nostre regole e della legalità. Bisogna dunque lanciare un segnale, seppur molto tardivo, ai cittadini che agiscono nel solco delle leggi del nostro Stato. Personalmente non nego in alcun modo l’esigenza di uno spazio culturale in una città che ormai sta assumendo, grazie anche alle recenti e alle future aggregazioni, le dimensioni di una piccola grande realtà cittadina. Posso dunque sostenere l’idea di un centro sociale autogestito, ma non posso certo tollerare: l’occupazione illegale di spazi pubblici, la vendita di alcolici senza permessi, l’accattonaggio, lo spaccio di stupefacenti, i vandalismi, i rumori molesti, ecc.

Francamente i responsabili di questa pseudo azione culturale fino ad oggi non hanno saputo legittimare la loro esperienza dimostrando di avere un programma di crescita e/o di seguire un fil-rouge culturale che dia un’ aura di nobiltà al loro lavoro. Gli occupanti del macello hanno scelto un’altra via, quella della scimmiottatura ispirata ai loro “colleghi” italiani. Hanno scelto la radicalizzazione del loro movimento basandolo unicamente sulla contestazione dell’ordine costituito.

In conclusione, ringraziando tutte le forze politiche che hanno dato spazio alla discussione generale su questo tema, chiedo la rapida trattazione, per usare un eufemismo, della nostra mozione del 17 ottobre 2011. In questo atto parlamentare chiediamo l’allestimento di un messaggio che permetta di creare degli spazi per attività giovanili e sociali. Questo è ciò di cui ha bisogno la Città di Lugano e questo è ciò che dobbiamo ai nostri cittadini.

Marco Chiesa, consigliere comunale a Lugano e granconsigliere UDC