In democrazia c’è un mito, una balla atomica, quella dell’alternanza. La realtà è molto diversa.
Prendiamo ad esempio l’Italia, la nazione a noi culturalmente più vicina, ma potremmo dire Spagna, Francia, Inghilterra che la sostanza non cambierebbe
.

Laggiù da tempo si parla impropriamente di ventennio berlusconiano (1992-2011), nato sulle ceneri della prima repubblica, che ha aperto la strada al governo bancario del signor Monti.
Durante questo periodo partigiani del cavaliere e progressisti si sono alternati al potere come un tempo Bartali e Coppi sulle salite delle Dolomiti, passandosi la borraccia dell’acqua e votandosi le leggi a vicenda. Il centro destra ha governato per 3341 giorni, il centro sinistra per 3254.
In percentuale: 47% il primo, 46% il secondo.

Il breve intermezzo del governo tecnico di Dini (gennaio 1995-maggio 1996) non ha evidentemente cambiato la musica di fondo; del resto come poteva avendo appoggi variabili e trasversali a tutto l’arco parlamentare?
Bene, in questi due decenni, quali sono stati i cambiamenti (in meglio s’intende) per gli italiani? Risposta facile: nessuno!
In venti anni dunque pari e patta: stessa faccia, stessa razza, stessi interessi; anche sul piano internazionale. Berlusconi con le spedizioni di “peacekeeping” in Iraq e Afganistan, D’Alema con la concessione della base di Aviano agli USA per bombardare la Serbia.
Insomma venti anni d’inciucio con lo stivale trasformato “progressisticamente” in una qualsiasi repubblica delle banane o, se guardiamo a coloro che un lavoro possono ancora permetterselo, in medioevo tecnologico.
Un sapore di marcio, di presa per i fondelli da parte di chi mentre afferma una cosa fa esattamente il contrario.

L’ultima perla è il caso dei consiglieri regionali piemontesi ( ma il vezzo non riguarda solo loro) che pontificano sulla necessità dei sacrifici mentre si fanno pagare le trasferte di lavoro quando sono in vacanza. Solo in Piemonte si parla quasi di 600 mila euro; mica noccioline!
Il punto adesso è fino a quando la maggioranza del paese sopporterà quest’andazzo. Il pronostico è
tutt’altro che scontato se la patria dello “Statuto dei Lavoratori”, nel processo di resistenza ai mandarini della politica, si fa superare da una Grecia qualsiasi.

Carlo Curti, Lugano