Sul referendum fallito contro gli accordi fiscali


La comunicazione ufficiale da parte della Cancelleria federale della non riuscita del triplo referendum contro gli accordi fiscali internazionali con Germania, Gran Bretagna ed Austria viste le premesse non sorprende (esiste comunque la possibilità di ricorso).

Tali accordi, se entreranno effettivamente in vigore, non mancheranno di avere pesanti ripercussioni occupazionali. E’ evidente che il settore bancario perderà molti pezzi. Verranno cancellate decine di migliaia di posti di lavoro ed i relativi indotti fiscali. Del resto è significativo che, pressoché in contemporanea con l’annuncio della Cancelleria federale, si sia appreso dei pesanti tagli occupazionali cui intenderebbe procedere UBS. Tagli che, stando a quanto riferito dal TagesAnzeiger, potrebbero portare alla cancellazione di 4500 impieghi in Svizzera.

La non riuscita del referendum è la conseguenza di mancanze da parte della politica a livello federale, ma anche da parte delle associazioni di categoria dei dipendenti della piazza finanziaria, le quali avrebbero dovuto “salire sulle barricate” a tutela dei posti di lavoro dei propri affiliati. Invece, al contrario, accade addirittura che il presidente dell’Associazione degli impiegati di banca (ASIB) sezione Romandia, in veste di Consigliere nazionale, sostenga pubblicamente lo scambio automatico di informazioni, che avrebbe conseguenze occupazionali devastanti proprio per gli impiegati di banca. C’è da chiedersi come questo sia possibile.

Che le grandi banche, multinazionali interessate non già alla salvaguardia di posti di lavoro in Svizzera, ma a procurarsi il libero accesso ai mercati USA ed UE a costo di sacrificare la piazza elvetica, sostengano gli accordi fiscali internazionali non deve sorprendere. E nemmeno l’atteggiamento del Consiglio federale, che fa concessioni all’estero senza nemmeno aspettare che vengano richieste, dal momento che il suo obiettivo rimane l’adesione all’UE.

E’ invece evidente che l’accettazione, senza una vera resistenza, degli accordi Rubik – peraltro peggiorati da cedimenti pressoché quotidiani da parte svizzera – spalanca le porte all’introduzione dello scambio automatico d’informazioni, che USA ed UE non mancheranno di pretendere a breve (c’è chi non ne fa nemmeno mistero).

La Svizzera ha dimostrato di non sapersi o di non volersi difendere contro la guerra economica in atto nei suoi confronti. E, come ci ricorda la saggezza popolare, chi si fa pecora il lupo lo mangia.

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Lega dei Ticinesi