I frontalieri aumentano malgrado i licenziamenti


E’ notizia di questi giorni che 1200 frontalieri, in precedenza attivi in Ticino, avrebbero perso il lavoro: 700 di essi provengono dalla Provincia di Varese, 500 da quella di Como. Questo però non vuol dire che il numero dei frontalieri attivi in Ticno stia diminuendo: al contrario, continua ad aumentare. L’ultimo dato, quello del secondo trimestre del 2012, indica infatti la presenza di 55mila frontalieri presenti in Ticino: aspettiamo di conoscere la prossima informativa, che naturalmente segnerà un ulteriore incremento, il quale per l’ennesima volta interesserà, poco ma sicuro, le soliti professioni amministrative. Quelle per cui non c’è alcuna necessità di importare frontalieri dal momento che la manodopera residente non solo basterebbe, ma avanzerebbe per coprire le esigenze dell’economia.

Ai frontalieri in senso “classico” vanno poi aggiunte le 15.300 notifiche di lavoro temporaneo (meno di tre mesi) da parte di artigiani, padroncini, eccetera in arrivo da Oltreconfine, che costituiscono anch’esse una forma di frontalierato. Va poi da sé che le cifre indicate, essendo dati ufficiali, non considerano (nemmeno sottoforma ipotetica) il lavoro nero. Che pure esiste, e di certo non in quantitativi marginali. Questo solo per indicare l’enormità del fenomeno in un Cantone di 320mila abitanti.

Da notare che la presenza sproporzionata di frontalieri in settori in cui non ce ne sarebbe affatto bisogno, costituisce non solo un grave problema occupazionale per il Ticino, ma ha anche conseguenze negative per le finanze pubbliche. Infatti: a) circa un quarto (!) della forza lavoro attiva su territorio cantonale è tassata alla fonte ed inoltre il 40% del prelievo torna Oltreconfine. Quindi un perdita per le casse pubbliche; b) l’aumento dell’imposta alla fonte per i bislacchi meccanismi della perequazione federale rende il nostro Cantone un Cantone pagante, mentre gli “amici” bernesi (intesi come Cantone) si cuccano un contributo annuale di un miliardo di franchetti; c) ovviamente l’aumento delle persone in disoccupazione ed in assistenza a causa della sostituzione di dipendenti residenti con frontalieri causa costi sociali molto importanti. A maggior ragione se si pensa che i residenti titolari di un permesso B per l’esercizio di un’attività lavorativa, se l’attività lavorativa e con essa il motivo di rilascio del permesso viene a cadere, mica viene obbligata a lasciare il paese: vi rimane a carico del nostro Stato sociale.

L’aumento del numero dei frontalieri malgrado in 1200 abbiano perso il lavoro non fa che evidenziare quanto sia insostenibile il flusso delle assunzioni attingendo al mercato del lavoro d’ Oltreconfine. Se infatti il saldo aumenta di continuo malgrado 1200 siano rimasti a casa, vuol dire che le nuove assunzioni di frontalieri proseguono a tamburo ancora più battente di quello che si potesse immaginare. Sarebbe poi interessante sapere che tipo di frontalieri vengono lasciati a casa. E’ probabile, e dai sindacati giungono indicazioni in questo senso, che si tratti di frontalieri di “vecchia data” che vengono sostituiti da altri assunti a condizioni salariali ben inferiori, e ciò “grazie” alla libera circolazione delle persone.

E’ sempre più evidente la necessità per l’ente pubblico di arginare quella che è una vera e propria invasione, a tutela non solo dell’occupazione in Ticino e quindi anche della pace sociale, ma pure delle finanze pubbliche. Una cosa da fare è cambiare l’imposizione fiscale dei frontalieri. I quali andrebbero assoggettati in base alle aliquote fiscali italiane (ovviamente la riscossione la farebbe quello svizzero, altrimenti…) ben superiori a quelle elvetiche. La Svizzera tratterrebbe l’equivalente del totale dell’attuale imposta alla fonte, quindi senza alcun ristorno: ciò che si tradurrebbe in un aumento del gettito di circa 60 milioni. All’Italia verrebbe “girata” la differenza (che sarebbe comunque superiore agli attuali ristorni). Enti pubblici – al di qua e al di là dal confine – felici e contenti. Meno i frontalieri, che dovrebbero pagare più tasse. Ma ci sta. In questo modo oltretutto sarebbe necessario alzare gli stipendi dei frontalieri. Sicché il vergognoso giochetto del licenziamento di dipendenti ticinesi subito sostituiti con frontalieri pagati la metà non sarebbe più così conveniente.

Se a questa sessantina di milioni di Fr di entrate extra ne aggiungiamo un’altra settantina di ecotasse per frontalieri e padroncini, ci rendiamo subito conto che, con queste due semplici proposte, gli enti pubblici ticinesi potrebbero incrementare senza un “cip” le proprie entrate fiscali di 130 milioni di Fr all’anno! E scusate se sono pochi…

Lorenzo Quadri
Consigliere nazionale
Municipale di Lugano
Lega dei Ticinesi