Un esponente del movimento Papageno sulla strage di Newtown


L’America e il mondo si interrogano sul porto d’armi, mentre altri cercano di spiegarsi come sia possibile un fatto del genere. Tutti vorrebbero trovare risposta ma nessuno, tanto meno i politici, ha il coraggio di parlare in termini chiari. Ne esce la solita frase: gesto di un folle, caso patologico, il killer era un caso autistico, ecc. Ma ci sono delle costanti che ritroviamo in molte di queste tristissime situazioni. Ne elenchiamo solo due: il ragazzo/uomo in genere è molto sensibile, intelligente, un buono. Molte volte vuole far giustizia per torti ricevuti e comunque quasi sempre si suicida per completare l’azione. Un altro elemento frequente è il vissuto familiare: in genere si tratta di figli cresciuti senza padre e affidati alla madre. Nel caso di Adam Lanza addirittura la vendetta è stata diretta in primis contro la madre a cui appartenevano anche due delle pistole usate per il massacro.

Almeno due le ragioni a cui si dovrebbero imputare questi massacri: l’assidua frequentazione del televisore/computer (in USA un minorenne passa 6 ore al giorno davanti agli schermi) e l’assenza di una famiglia a cui capo ci sia un padre “presente”. Il padre ha il compito di appoggiare il figlio nel processo di crescita durante l’adolescenza e introdurre il giovane nella società. E ciò non avviene più nella maggioranza della popolazione occidentale vista l’altissima percentuale di separazioni e divorzi (i quali comportano per consolidata prassi l’automatica esclusione del padre dalla vita dei figli). Non è più una questione di pistole o fucili, bensì l’assenza di “armi”, di strumenti emotivo-analitici necessari ad affrontare la vita sociale.

Da ultimo vorrei citare il titolo delle prime notizie date dai telegiornali americani dopo l’accaduto: “L’assassino dovrebbe essere il padre di uno scolaro della scuola!” (video pubblicato dal Tages Anzeiger). Il padre è, nell’immaginario collettivo, l’assassino, il violento. Ma Adam Lanza ha colpito la madre e ha fatto strage di innocenti ed è uno dei moltissimi figli “orfano di padre vivo”. Qualcuno si interroga sulla responsabilità delle madri generatrici di “mostri”? Una domanda a cui non si può più rispondere con un pregiudizio. Oggi si tenta timidamente di analizzare la violenza femminile e le conseguenze psichiche sulle future generazioni. Forse la lettura di “La violenza indicibile”, di Alessandra Salerno, fra altre esplicative letture, ci potrà venire in aiuto.

Adriano Heitmann, Membro di Comitato del Movimento Papageno