Oggi è la volta di una  brillante candidata leghista al Municipio di Lugano, la granconsigliera Amanda Rückert. Leggendo la sua impegnata intervista, densa di contenuto, di misura e di senso politico, comprendiamo facilmente perché questa giovane ragazza, fresca di studi giuridici, sia già considerata una candidata di primo piano.

Un’intervista di Francesco De Maria.

 

Francesco De Maria  On. Amanda Rückert, così giovane e già granconsigliera. E candidata al Municipio di Lugano. Una carriera molto rapida, non è vero?

Amanda Rückert  Ho sempre avuto molta passione per la politica. Fin dall’adolescenza, e poi all’università, ho sempre seguito con molto interesse le vicende e i fatti della politica, cercando, nel mio piccolo, di dare un contributo. Mi sono candidata per il Gran Consiglio e non nego che l’elezione è stata per me una piacevole sorpresa. Ora mi sono messa a disposizione per il Municipio di Lugano, per dare il mio contributo come giovane, come volto nuovo, anche per dimostrare che c’è continuità nella Lega. Faccio politica perché amo il mio paese e ritengo prioritario il benessere dei suoi cittadini.

Come è entrata in politica? Lei ha scelto la Lega oppure la Lega ha scelto lei?

AR  Le scelte sono spesso frutto di un’attrazione che sfugge alla logica e quando, nelle cose umane, si verificano sono sempre basate su un’attrazione reciproca, su affinità, per così dire, elettive. Mi riconosco in molte idee della Lega, quali, ad esempio, la ferma opposizione all’Unione europea, la difesa delle autonomie regionali e comunali, la difesa dei posti di lavoro dei ticinesi contro l’invasione dei frontalieri e dei padroncini provocata dagli accordi bilaterali e che innesca il dumping salariale, la lotta contro l’attuale sistema di casse malati.Mi rispecchio negli ideali che hanno originato il movimento, un po’ anarchico, un po’ libertario, un po’ sociale, un po’ patriottico: la voglia di rompere gli schemi della vecchia partitocrazia, di incrinare un sistema politico sclerotizzato. Tanti anni fa qualcuno diceva: “la Lega è uno stato d’animo”. Ecco, vorrei che la Lega restasse fedele a quell’idea. Quando mi sono avvicinata al movimento ho trovato una buona accoglienza, la disponibilità a darmi spazio e parola, anche se sono giovane.

Il suo è un partito come gli altri? Riformulando la domanda: in che cosa la Lega è diversa rispetto agli altri partiti?

AR  No, ogni partito è diverso dagli altri, fortunatamente. E ogni partito ha i suoi pregi e i sui difetti. La Lega è la forza politica più giovane: ha solo vent’anni. E forse è per questo che ha eletto in Gran Consiglio anche giovani deputati. E Norman Gobbi è stato tra i più giovani nella storia ad aver assunto la carica di Presidente del Parlamento e di Consigliere di Stato. La Lega nasce in un’epoca post-ideologica e, dunque, non si rifà a uno schema novecentesco destra-sinistra, ormai superato. Detto in parole povere: è di destra, ad esempio, sui temi della sicurezza, ed è di sinistra sui temi sociali. Ma a me piace pensare che sia semplicemente pragmatica. La Lega inoltre non è un partito ma un  Movimento e quindi, anche in questo caso, ha una struttura e un’impostazione più moderna e meno burocratica rispetto alle altre forze politiche.  Non sfugo all’obiezione che sento fischiarmi nell’orecchio sul fatto che abbiamo un presidente a vita. È vero. Giuliano Bignasca ha fatto la Lega e l’ha condotta in questi anni, con il prezioso contributo di tanti altri, ai successi che sappiamo. La sua presenza, e il suo ruolo, sono dunque una risorsa indispensabile per il Movimento. È il capo, è il leader, ma questo non toglie che al nostro interno ci sia una dialettica e un confronto, talvolta anche vivace, come tutti hanno potuto vedere. E il Nano è uno che sa ascoltare e ricercare decisioni condivise”.

I metodi di lotta politica adottati dalla Lega (in particolare: il linguaggio, l’attacco alle persone) sono stati e sono aspramente criticati, addirittura si è arrivati a definirli “illegittimi”.  Qual è la sua opinione in proposito?

AR  Credo fortemente nella libertà di opinione e nella libertà di stampa, principi ancorati saldamente nella nostra Costituzione. Ma intendiamoci: il Mattino è sì l’organo attraverso cui comunica la Lega, ma è soprattutto un giornale edito da Giuliano Bignasca. E sappiamo che gli eccessi e le provocazioni fanno da sempre parte del suo modo di essere. Ora, come lui ha il diritto di scrivere quello che pensa, e se ne è sempre assunto in prima persona la responsabilità, altri hanno il diritto di criticare quello che scrive. Fa parte del gioco democratico. Non mi piace quando il Mattino viene dipinto come il mostro dalle sette teste e si indicono crociate moralistiche. Se una persona si sente offesa, vilipesa o ingiustamente attaccata, ha a disposizione strumenti con cui reagire: dalla replica alla querela penale.

Da vent’anni la Lega, con i suoi pregi e i suoi difetti, contribuisce in modo determinante alla vita politica ticinese: lo fa in Governo, in Parlamento, nei Municipi, nei Consigli comunali, a Berna. Ma anche in altri aspetti della vita pubblica che comportano grandi responsabilità: penso alla magistratura o all’amministrazione di realtà chiave per lo sviluppo economico cantonale, come le aziende pubbliche. Mi piacerebbe un giorno sentire qualcuno giudicare la Lega, nel bene e nel male, sui fatti concreti. Sulle cose che ha fatto e che non ha fatto. Non sempre e soltanto sulle prime pagine del Mattino.

La Lega nacque nel 1991 come contropotere, presentandosi come una forza nuova intenzionata ad abbattere i vecchi potentati partitici incancreniti. Molti pronosticarono alla Lega un’assai breve vita. Furono smentiti. Oggi la Lega è diventata essa stessa un potere munito di importanti cariche istituzionali. Come cambiano le cose!

AR  La maggioranza degli elettori ticinesi ha voluto attribuire alla Lega una grande responsabilità. E la Lega non poteva tirarsi indietro. È chiaro che passare da forza politica di opposizione a movimento con responsabilità di governo, addirittura con la maggioranza relativa in Consiglio di Stato, non è facile. Da quando la Lega è diventata il primo partito gli avversari politici hanno cercato ogni possibile pretesto per delegittimarla e hanno lanciato una crociata moralistica contro il linguaggio del Mattino, anziché occuparsi dei veri problemi. E non è che con questa logica si dia un gran contributo alla governabilità del Cantone. Io chiedo: ma i partiti vogliono trovare soluzioni e cercare la massima condivisione possibile o hanno come unico obiettivo combattere la Lega? Comunque, per gestire i cambiamenti ci vuole tempo, e dalle ultime elezioni cantonali sono passati soltanto 20 mesi. È presto per giudicare. Però, intendiamoci: non è che con due Consiglieri di Stato si possano risolvere magicamente i problemi o cambiare radicalmente le cose, molte delle quali vengono decise ad altri livelli politici. Ricordiamoci inoltre che la maggioranza relativa della Lega in Governo si inquadra in un sistema politico proporzionale, che obbliga tutti i partiti alla ricerca del consenso. Vorrei aggiungere una cosa. Una delle critiche più frequenti mosse alla Lega suona così: “Illude la gente facendo promesse che sa di non poter mantenere”. Se veramente fosse così, come mai gli elettori non la puniscono? Forse proprio perché non è vero il fatto che non mantiene le promesse e che illude la gente.  La Lega, in vent’anni, ha individuato molti problemi, spesso anticipando gli altri, e ha avuto la capacità di metterli al centro dell’agenda politica. Penso, ad esempio, alle problematiche legate alla cassa malati, oppure, in tempi più recenti, alla questione dei frontalieri. Naturalmente lo ha fatto dal suo punto di vista e con le sue ricette per risolvere questi problemi. Che non sono di facile soluzione, come dimostra la realtà. Ma la Lega non può pagare la staticità politica e lo scarso coraggio del Governo e della maggioranza del Parlamento federale. È anche interessante notare come, dopo mesi, magari anni, che la Lega ha sollevato un problema, altri partiti sono poi giunti a una sostanziale condivisione. Il caso più eclatante, probabilmente, è quello dell’Europa: oggi nessun partito in Ticino è chiaramente a favore dell’adesione a questa Unione Europea, ma dieci anni fa non era affato così. L’adesione la volevano praticamente tutti.

Lugano Arte e Cultura, il LAC, non è una bella realizzazione per la nostra Città? Più in generale, qual è il suo giudizio sulla politica culturale di Lugano?

AR  Trovo che Lugano deve elaborare una politica culturale degna di questo nome. Non basta costruire un bellissimo centro culturale per fare cultura. Bisogna sapere che contenuti dargli. Vedremo, anche in questo caso è presto per giudicare. Dico solo che Lugano, che ha nel turismo una delle sue principali risorse, deve saper coniugare le offerte culturali con l’interesse di un pubblico il più ampio possibile. Lugano deve attrarre visitatori da altri cantoni e da alre nazioni, come fanno Basilea o Zurigo. Noi siamo più piccoli, è vero, ma Martigny, con la Fondazione Gianadda, dimostra che il valore delle mostre non dipende dalla grandezza di una città. E Lugano in passato abbiamo saputo proporre esposizioni che sono diventate eventi di rilievo internazionale. Non credo alla cultura d’èlite, non a Lugano, che non ha, di per sé, la forza di attrazione che hanno città come Parigi, Firenze o Venezia.

Ho parlato fin qui solo di mostre d’arte. Si potrebbe parlare anche di musica, di letteratura, di teatro, premettendo che esistono già molte offerte di grande valore. Ma su questi piani culturali è molto più difficile attirare il grande pubblico, creare quella sinergia tra cultura e turismo di cui parlavo. Credo che le proposte culturali della Città dovrebbero inserirsi in una rete di eventi il più possibile continui sull’arco dell’anno, ma non possano prescindere da alcuni elementi di forte attrazione. Ripeto: trovo che l’offerta concertistica e teatrale di Lugano sia ottima. Quello che manca però  per ora è una sala teatrale e concertistica degna di questo nome. Aspettiamo il LAC.

Che cosa pensa del PVP, che tante proteste ha suscitato negli scorsi mesi? Forse non doveva mai entrare in funzione? Che cosa farebbe lei, adesso, se si trovasse nei panni del capo dicastero on. Jelmini?

AR  Innanzitutto trovo fantastica la Galleria Vedeggio Cassarate, un’opera che ha voluto 50 anni per essere realizzata. Nel complesso, le vie d’accesso a Lugano sono più scorrevoli, tuttavia gli effetti positivi si limitano a ciò. Giunti a Lugano gli ingorghi ci sono e sono innumerevoli. Ciò è anche riconducibile al fatto che il complesso viario è monco della Galleria di Gandria, elemento centrale del progetto. Per quanto riguarda più da vicino il PVP il bilancio è ben lungi dall’essere positivo. Se è ovvio che all’inizio è difficile abituarsi, trovo vi siano ancora diversi problemi, per altro in parte ammessi dallo stesso Municipio.  I semafori sono meno “intelligenti” di quanto previsto, le fasi semaforiche sono più lunghe, diverse vie del centro sono perennemente intasate e raggiungere il centro in auto è diventata un’impresa titanica. La zona della stazione è sempre congestionata, come diverse altre vie del centro. Il tutto a scapito del benessere della popolazione. Come chiedeva la Lega ai tempi in Consiglio Comunale, bisognava rinviare il complesso del PVP e prevedere una rivoluzione a tappe dell’intero piano viario, e attuare ulteriori modifiche sostanziali della viabilità nel centro di Lugano, solo dopo l’apertura della galleria Vedeggio-Cassarate.

L’eliminazione di diversi posteggi, posti soprattutto nella cosiddetta zona blu, è sicuramente una decisione discutibile, in quanto non invoglia la gente a recarsi in centro in auto e questo, considerando la delicata situazione congiunturale e la generale crisi dei commerci, non può essere un fattore positivo. Un politico deve sapere innanzitutto ascoltare: credo che ora occorra veramente sentire la gente e non ascoltare solo quanto pretendono i funzionari di Berna, al fine di adottare i correttivi necessari in maniera mirata. In questo senso la domanda di revisione del gruppo della Lega in Consiglio comunale va vista come opposizione alla Città, ma come una vera opportunità da cogliere.

Si mormora di un deficit di 65 milioni nei conti del Comune per il prossimo anno. È una prospettiva inaccettabile, da contrastare con metodi rigorosi? La Città spende e spande senza controllo?

AR  Una cosa che non bisogna fare a mio avviso, e su questo sono perfettamente in linea con la posizione dei due municipali leghisti: non si deve aumentare al 75% il moltiplicatore d’imposta. Lugano deve rimanere fiscalmente interessante non solo per i contribuenti fisici ma anche per quelli giuridici. Le proposte per ridurre il deficit sono già state indicate dalla Lega e non sto a ripeterle. Credo anche che sia giusto ridurre le spese per la cultura. Bisogna concentrarsi, come ho già detto, su eventi di grande richiamo. E probabilmente è anche giunto il momento che Lugano, così come ha investito decine di miloni in grandi opere pubbliche, pensiamo per esempio al LAC, metta sul mercato alcune sue proprietà immobiliari che non fanno parte del patrimonio amministrativo.

Secondo la Lega i bilaterali sono l’inferno, se non altro per il Ticino. Il danno, si accusa, è sempre più grande ed appare sempre più evidente. Ma, concretamente,  on. Amanda Rückert, che cosa si potrebbe fare, per salvarsi?

AR  Se parliamo di libera circolazione delle merci, i bilaterali sono sicuramente utili alle aziende che producono per l’esportazione in quanto hanno aperto loro nuovi mercati. Deleterio è stato l’accorpamento di tutti i 7 accordi in un unico pacchetto, legati dalla clausola ghigliottina. E devastante si sta mostrando, a 10 anni dall’entrata in vigore, l’accordo di libera circolazione delle persone.  Penso al fenomeno dei  “padroncini”, soprattutto artigiani che ogni giorno varcando il confine, rovinando il mercato alle aziende locali. Se ci sono i “padroncini” però, c’è anche chi li chiama: artigiani, imprenditori, ditte e privati che li chiamano per risparmiare sul costo dei materiali e della manodopera. Pensiamo al fenomeno dei subappalti, che spesso dà origine a violazioni della legge sul lavoro e dei contratti collettivi, come abbiamo visto più volte recentemente. Sui frontalieri è lo stesso discorso: non ci sarebbero se nessuno li assumesse. Non così tanti, almeno. Quindi, a mio parere, le soluzioni sono: bloccare nuove assunzioni di frontalieri, penalizzare le aziende che li assumono e favorire quelle che impiegano mandopera locale, vietare i subappalti nei concorsi pubblici, favorire le imprese locali rispetto a quelle estere (i sistemi ci sono, basterebbe invocare la salvaguardia dell’ambiente legata ai chilometri percorsi). E poi la Svizzera dovrebbe invocare la clausola di salvaguardia e sospendere i bilaterali. L’hanno fatto altre nazioni e non vedo perché non dovremmo farlo noi. Abbiamo sempre paura di ritorsioni, vogliamo sempre essere i primi della classe. E restiamo comunque uno dei paesi più ricchi del mondo. Vogliamo rimanerlo, mantenendo un benessere diffuso, e una struttura sociale all’avanguardia, o vogliamo farci dettare le scelte politiche dalle grandi aziende che badano solo a massimizzare i loro profitti, e sono pronte a farlo anche a costo di impoverire la popolazione svizzera? Concretamente in Ticino non possiamo fare molto, oltre a un appello alla responsabilità sociale ad aziende e privati, oltre a pensare a sgravi fiscali per chi assume personale locale, o a un’ecotassa sui frontalieri. La sede opportuna per affrontare la questione è Berna. Per anni il Consiglio federale ha ignorato il fatto che, se per alcune parti della Svizzera gli accordi bilaterali hanno portato dei vantaggi, in Ticino invece la situazione è drammatica! Il resto della Svizzera deve rendersi conto che il Ticino è davvero un Sonderfall, e credo che a questo punto bisognerebbe davvero prendere in considerazione l’idea di “statuto speciale”. Il Ticino deve disporre di maggiore autonomia decisionale, anche su temi oggi di competenza federale, e deve essere più tutelato in quanto cantone periferico. Del resto, il Ticino è molto diverso dagli altri cantoni: è diviso dal resto della Svizzera dalle montagne, ha una lingua minoritaria, e i nostri unici scambi di frontiera avvengono con l’Italia.

Parliamo di sciopero, un tema in questi giorni sulla bocca di tutti. I dipendenti pubblici – in particolare: i docenti – hanno ragione di ribellarsi a condizioni di lavoro penalizzanti ed ingiuste?

AR  Non voglio contestare il sacrosanto diritto allo sciopero. Ma dico che se i docenti protestano perché attendono da anni dei cambiamenti e dei miglioramenti e non vengono ascoltati, allora la protesta è condivisibile. Ma se tutto ruota attorno alla riduzione salariale prospettata nel preventivo 2013 (meno del 2% e per un anno soltanto), allora non sono più d’accordo. Mi pare che il Consigliere di Stato Manuele Bertoli abbia messo in cantiere diversi progetti a favore della scuola, ma evidentemente il problema è un altro. È vero che i funzionari pubblici negli ultimi anni sono stati chiamati a fare dei sacrifici, ma guardiamoci negli occhi e siamo seri: la media salariale dei dipendenti cantonali si situa attorno ai 7’000 franchi al mese, con ottime garanzie pensionistiche e bassissimo rischio di licenziamento. Quindi non ci si deve scandalizzare di fronte a chi dice che i funzionari pubblici, docenti compresi, sono comunque privilegiati rispetto a chi lavora nel privato, soprattutto in alcuni settori, soprattutto in un periodo di crisi come quello attuale. Periodo in cui tutti sono chiamati a fare dei sacrifici, e molti rischiano seriamente il loro posto di lavoro.

Lei riesce a immaginarsi un Consigliere di Stato leghista alla direzione della scuola ticinese?

AR  Perché no? Non precludiamo la strada a nessun partito alla direzione della scuola ticinese. Dai liberali è passato ai socialisti. Non credo che ci voglia una speciale tessera di partito per dirigere la scuola, come qualsiasi dipartimento.

Nel passato, in tantissimi anni, i liberali-radicali hanno fatto qualcosa di buono per Lugano? Negli ultimi 28 anni Giorgio “ReGiorgio” Giudici ha avuto dei meriti? Precisamente quali?

AR  A Giorgio Giudici si devono tantissimi meriti. Io 28 anni fa non c’ero ancora, sono nata 25 anni fa, però ho potuto vedere come Lugano sia cresciuta in questi anni. Le aggregazioni, per esempio, sono nate da una sua intuizione, dalla sua forza propulsiva, dalla sua capacità di intessere relazioni e di creare consenso. Giudici ha anche difeso fermamente gli interessi della Città, è uno che non ha mai avuto peli sulla lingua e timore reverenziale. È stato un sindaco con la “S” maiuscola. Grazie a lui, ma anche grazie a chi insieme a lui è stato in Municipio, Lugano è diventata la vera e propria locomotiva del Cantone. Lugano è una città bellissima e pur avendo vissuto una forte accelerazione di crescita e di sviluppo negli ultimi dieci anni è riuscita a evitare le derive dell’urbanizzazione selvaggia. Ora è però tempo di dire basta al cemento e di contenere lo sviluppo entro limiti ben precisi. Piuttosto, ci si deve concentrare sul rifacimento di alcune infrastrutture che sono fondamentali per una città come Lugano: dal Padiglione Conza al Palazzo dei Congressi.

Per finire, lei crede nella vittoria completa – maggioranza relativa in Municipio e sindacato – della Lega il 14 aprile?

AR  La Lega ha messo in gioco una super lista per fare il miglior risultato possibile, noi tutti ci impegneremo in questo senso! Sì, ci credo!

 

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