Malgrado le divergenze, le monarchie sunnite del Golfo persico sanno mettersi sulla stessa lunghezza d’onda.
In occasione del 33esimo summit annuale, che si è chiuso il 25 dicembre a Manama (Bahreïn), i dirigenti del Consiglio di cooperazione del Golfo – organizzazione che riunisce Arabia saudita, Emirati arabi uniti, Kuwait, Oman e Qatar – si sono focalizzati sulle grandi sfide della regione.

Innanzitutto l’Iran sciita, che anche se non si è apertamente qualificato come nemico è comunque un elemento che destabilizza.
In un comunicato, il Consiglio di cooperazione del Golfo ha ingiunto al governo iraniano – che in queste settimane conduce manovre navali nello stretto di Ormuz – di cessare immediatamente ogni ingerenza nei suoi affari interni.
Principale controversia è l’occupazione iraniana dell’isola di Abou Moussa e di altre isolette rivendicate dagli Emirati arabi uniti.
Sul dossier siriano, il Consiglio auspica un’accelerazione del processo di transizione politica.

Il Consiglio ha annunciato la creazione di un comando militare unificato. Concretamente si tratterebbe di riunire sotto la stessa bandiera le forze armate, navali e aeree dei paesi membri. Parallelamente si discute anche del rafforzamento dell’unione monetaria del blocco, il cui Pil nel 2011 era di 1’370 miliardi di dollari.