Oggi Ticinolive è a colloquio con il leader della nostra sinistra “radicale”, piccola forza politica rappresentata da un unico deputato in Gran Consiglio. Leggendo con attenzione le impegnate e approfondite risposte di Ay vien da dire, come minimo, che questo giovane sa il fatto suo. Ma interroghiamoci, Francesco De Maria è diventato improvvisamente comunista? Questo ci appare quanto meno improbabile; il punto è che il fatto di non essere un sito “di partito” consente al portale una grandissima libertà, della quale intendiamo approfittare sino in fondo. Noi puntiamo sì ad essere il “salotto buono” della destra, ma ci interessiamo a tutto e a tutti.
Un’intervista di Francesco De Maria.
Il comunismo ha fallito ed è crollato. Che senso può avere un Partito Comunista, oggi? (O forse i nemici del comunismo… non la raccontano giusta?)
Massimiliano Ay Il comunismo è la società libertaria senza classi e egualitaria, così dice Marx. Per raggiungere questa società ideale occorre costruire una lunga e difficile fase intermedia, chiamata socialismo in cui ancora esistono disuguaglianze, ma in cui progressivamente i privilegi di classe spariscono. Finora al mondo abbiamo potuto vedere vari tipi di socialismo: quello praticato in Europa dell’Est e nell’ex-URSS non ha retto per disfunzioni soprattutto interne ed è crollato. Ciò ha provocato anzitutto una situazione geopolitica di forte instabilità e di guerra, ma ha fatto pure precipitare le condizioni di vita dei cittadini est-europei. Il sogno di un capitalismo “buono” come qualcuno immaginava nel 1989 non si è verificato in nessun modo per la stragrande maggioranza dei cittadini che nel socialismo, pur nelle sue innegabili e gravi contraddizioni, avevano vissuto con notevoli garanzie sociali, lavorative e di studio.
Va però anche detto che vi sono oggi varie realtà rivoluzionarie che in modi diversi (a volte eterodossi) tentano di costruire una società emancipata dal capitalismo: senza dubbio bisogna citare Cuba, ma non si può scordare il “socialismo bolivariano” in Venezuela o l’esperienza del “sentiero Prachanda” in Nepal. La stessa Cina ha un’economia prevalentemente socialista, per quanto abbia superato il dogmatismo di un certo maoismo. La volontà quindi dei popoli di superare un sistema iniquo che ragiona solo in base ai profitti e che non sa quale posto dare all’essere umano esiste ancora, si tratta di scegliere una via nuova e soprattutto adeguata ai bisogni e alle culture in cui si sviluppa. L’era dei modelli imposti, insomma, è finita.
La nostra società, in Svizzera ma in generale in Occidente, non permette naturalmente di immaginare modalità di azione politica identiche a quanto vediamo in altri paesi, soprattutto quelli in via di sviluppo. Il nostro è un contesto molto diverso sia a livello economico, sia dal punto di vista dei diritti democratici. Un partito comunista da noi si muove ricercando il consenso popolare, operando all’interno del sistema democratico, coniugando diritti civili ai diritti sociali, ma naturalmente resta l’obiettivo finale di superare il capitalismo che oggi si trova in declino e in una crisi sistemica devastante: la Svizzera non è la Grecia, naturamente, ma non illudiamoci. Fintanto che la crisi la pagano i lavoratori e non i manager o i grandi azionisti, fintanto che le disuguaglianze sociali anche in paesi benestanti come il nostro crescono, fintanto che per mantenere il proprio livello di consumismo l’Occidente dovrà invadere paesi ricchi di materie prime (il petrolio in Irak, l’uranio in Mali, ecc.), fintanto che tutte queste ingiustizie rimarranno, i comunisti avranno ragione di esistere e di resistere.
Il comunista Ay come vede la Russia di Putin?
MA Lo scorso anno mi sono incontrato con Mars Zabirov, segretario del dipartimento esteri del Partito Comunista della Federazione Russa guidato da Gennadi Zjuganov, il principale partito di opposizione a Putin e che alle scorse elezioni è ancora cresciuto elettoralmente diventando il secondo partito del Paese dopo la formazione presidenziale “Russia Unita”. Condivido sostanzialmente l’analisi dei comunisti russi: di fronte a gravi problemi di clientelismo, di tagli alle condizioni sociali e di limitata democrazia, Putin ha saputo almeno bloccare la tendenza dell’era Eltsin dove l’economia nazionale russa è stata o regalata al capitale estero o privatizzata a favore degli oligarchi. Nel frenare l’egemonia e l’espansionismo degli USA e dell’UE, la Russia di Putin gioca inoltre un notevole ruolo di equilibrio globale che per ora ha, ad esempio, impedito lo scoppio di una nuova guerra neo-coloniale ai danni della Siria.
Nel Sessantotto fatale lei non era nato (io andavo già all’università…). Che cos’è per lei il Sessantotto?
MA Il ’68 è stato un momento di cesura molto importante, un momento di messa in discussione totale del sistema di dominio, politico e culturale, del capitalismo e dell’imperialismo, soprattutto dei suoi risvolti guerrafondai. Con il ’68 si è visto l’irruzione di larghe masse studentesche nell’arena politica e su posizioni chiaramente di sinistra, volte a una maggiore democratizzazione della società. Il principale limite della Contestazione è stato però, forse, quello – accanto a lotte operaie comunque presenti – di non aver saputo costruire una concreta alternativa sociale ed economica, limitandosi in molti casi ad aspetti sovrastrutturali, per quanto sicuramente importanti. Come comunisti, per noi è importante capire che ogni movimento di massa, più o meno spontaneo, contiene numerose contraddizioni, all’interno delle quali occorre muoversi, cercando di incanalare il malcontento verso sbocchi se non rivoluzionari perlomeno di riforma strutturale. In caso contrario lo spontaneismo disorganizzato, anti-politico e apartitico, spinge nel nulla ogni speranza di emancipazione. Il ’68 è stato sicuramente un periodo di grande fermento che ha permesso la conquista di diritti democratici non indifferenti e una non secondaria liberalizzazione culturale che oggi è proprio sotto attacco da un rinato moralismo tradizionalista che – come sempre nei periodi di crisi – rivendica un irrigidimento della società e la riproposizione di elementi autoritari. Il ’68 è stato un movimento globale, ma anche alle nostre latitudini è sulla scia della Contestazione che i diritti hanno fatto passi avanti, penso all’evento simbolo dell’occupazione dell’aula 20 della ex-Magistrale a Locarno e alle sue rivendicazioni a favore degli studenti, ma penso anche ai consigli di fabbrica nella vicina Italia.
Il nostro portale ha un ospite abbastanza assiduo, Carlo Curti, che nei suoi contributi – senz’altro interessanti – esprime le idee di una sinistra radicale, direi pura e dura, estrema. Lo ha mai letto? Che cosa ne pensa?
MA Mi è capitato di leggere alcune riflessioni di Carlo Curti e in genere mi sento di condividerle. Non credo, però, che si possa parlare nel suo caso di “estremismo”, bensì di posizioni nette coerentemente di sinistra, che possono piacere o non piacere. A me solitamente non dispiacciono, anche se evidentemente andrebbero analizzate volta per volta e discusse puntualmente, perché è possibile che io darei a certi argomenti delle sfumature differenti.
Perché lei si firma su Facebook Massimiliano Arif Ay? E qual è l’origine del suo cognome?
MA Arif è il mio secondo nome, mentre Ay è il mio cognome ed è di origine turca. Una decina di anni fa ho acquisito la cittadinanza turca e parte della mia famiglia abita in Turchia. Mi permetta, già che ci sono, di spendere due parole sulla Turchia: è un paese con una storia anche a livello di lotte sociali che seguo con molto interesse, ritenendolo uno snodo geopolitico spesso sottovalutato. La vicinanza iniziale fra la rivoluzione kemalista (che ha gettato le basi della moderna Repubblica fondata nel 1923) e i bolscevichi di Lenin e i principi anti-imperialisti di Atatürk andrebbero infatti ripresi nell’ottica di costruire un movimento popolare che porti il Paese a emanciparsi, tappa dopo tappa, dai diktat atlantici di cui l’attuale governo islamista è succube. E qui vorrei lanciare un messaggio di solidarietà all’amico Ilker Yücel, leader dell’Unione della Gioventù di Turchia (TGB), recentemente arrestato per aver tentato di impedire il dispiegamento di militari esteri e dei missili “Patriot” sul territorio turco.
Massimiliano Ay era per me (ricordo) un leader del movimento studentesco. Ci parli delle sue prime attività politiche, poi del SISA, infine del Partito Comunista.
MA Mi ritrovo ad essere segretario di partito, ma io vengo effettivamente dal movimento. Nella politica ticinese il potere delle famiglie si sente, a me piace ricordare che con alcuni amici siamo partiti dal basso e da zero contribuendo a riorganizzare il movimento studentesco ticinese, fino a dargli una struttura sindacale. E in ciò non si può dire che abbiamo ricevuto grandi sostegni, nemmeno dalla sinistra “ufficiale”!
Le mie primissime battaglie politiche si situano a fine anni ’90: ricordo un presidio contro i tagli alla scuola quando facevo la quarta media e, nel 1999 ero in piazza contro i licenziamenti nelle ex-regie federali. La prima manifestazione che ho però contribuito a organizzare è stata quella dell’8 febbraio 2001 (ricordo ancora la data!) contro il finanziamento pubblico delle scuole private. A livello comunale, sempre intorno a quegli anni, invece avevo collaborato nella campagna contro la privatizzazione dell’Azienda elettrica di Bellinzona. Ho poi fondato con una decina di altri compagni il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) nel 2003 e l’ho guidato fino al novembre del 2007 quando ho ceduto il coordinamento a Mattia Tagliaferri e Giulio Micheli; nel giugno 2009 – in concomitanza con la mia elezione a segretario del Partito Comunista – ho lasciato ogni incarico di direzione nel sindacato e oggi vi collaboro praticamente solo offrendo corsi di formazione sindacale per i nuovi militanti o dando consulenze su temi specifici vista la mia esperienza nel settore. Dal 2005 collaboro inoltre con la Federazione Sindacale Mondiale (FSM), di cui sono stato congressista all’Avana (Cuba).
La mia prima tessera comunista è del 2005, quando ancora il partito si chiamava “Partito del Lavoro”: sentivo la necessità di dare alle lotte sindacali e studentesche anche uno sbocco politico, ho poi assunti incarichi anche a livello nazionale ed europeo collaborando con il Partito dei Comunisti Italiani (PdCI).
Quanti sono gli iscritti al suo partito e quali ne sono gli organi?
MA Il Partito Comunista Ticinese nasce nel 1921 e viene dichiarato illegale nel 1940. Dopo un periodo di clandestinità torna come Partito Operaio Contadino Ticinese nel 1944. Dal 1963 assume il nome di Partito del Lavoro fino al 2007, quando noi giovani ci riprendiamo il nome toltoci dal governo. Il Partito Comunista in Ticino oggi ha circa un centinaio di tesserati, naturalmente senza contare i simpatizzanti. Nel resto della Svizzera agiscono altre sezioni del Partito Svizzero del Lavoro con modalità diverse. Gli iscritti in Ticino si organizzano in quattro sezioni regionali. Ogni due anni si riunisce il Congresso che elegge l’organo politico esecutivo composto di 15 quadri militanti, responsabili di un Dipartimento tematico ciascuno. Come Partito Comunista, più che sulla quantità, lavoriamo attualmente soprattutto sul piano della qualità, puntando molto sulla formazione politica dei nostri militanti: una necessità visto il profondo ringiovanimento avuto negli ultimissimi anni.
Nell’aprile 2011 la lista PC/MPS ha conseguito un eletto al Gran Consiglio, il deputato Matteo Pronzini dell’MPS. Vi sentite pienamente rappresentati da lui?
MA Matteo Pronzini è stato eletto su una lista unitaria composta da MPS e PC che si basa su un programma di legislatura molto preciso. In questo senso ci sentiamo rappresentati poiché Pronzini si attiene a questo programma unitario. Poi è chiaro che MPS e PC restano due partiti diversi sotto vari aspetti, sia nel metodo di lavoro sia nell’analisi teorica, tuttavia il Partito Comunista opera come sempre affinché i molti aspetti che ci uniscono prevalgano su quelli che invece ci dividono.
Perché Pronzini si mostra così intransigente sulla vicenda Fox Town quando più o meno tutti dicono che, per il bene dei lavoratori, bisogna essere “elastici” (“patto di paese”)? Il giuridismo spinto all’eccesso non può procurare più danni che benefici?
MA Matteo Pronzini ha una lunga esperienza sindacale alle spalle e il tema degli orari di apertura dei commerci è stato un punto centrale della sue lotte. Noi come Partito Comunista siamo per un’economia che prediliga la qualità di vita piuttosto che la frenesia del consumismo 7 giorni su 7 e 24 ore su 24 come sembra si voglia mirare. Per questo, e naturalmente anche per le conseguenze sulle condizioni di lavoro, siamo contrari alla deregolamentazione degli orari di apertura dei commerci.
Qual è il suo giudizio, dopo quasi due anni, sulla “scuola di Manuele Bertoli”?
MA Questa domanda andrebbe posta ai miei successori nel SISA che, come sempre, godono di poco spazio sui media, i quali su temi inerenti i giovani preferiscono invece spesso rivolgersi a giovani preconfezionati dall’alto. Io come responsabile politico del Partito Comunista posso dire che vi sono degli aspetti sicuramente interessanti, come ad esempio l’apertura sulla formazione “en emploi” dei nuovi insegnanti e la (seppur modesta) diminuzione degli allievi per classe. E tuttavia siamo molto delusi da alcune risposte di Bertoli: in merito ai problemi di edilizia scolastica al CPC di Chiasso (ma non solo), dove gli allievi hanno pure inscenato una protesta con l’aiuto del SISA, il Consigliere di Stato poteva fare di più; di fronte all’elaborazione del Preventivo 2013 Bertoli ha avuto la disastrosa idea di raddoppiare le tasse scolastiche alle ragazze e ai ragazzi delle Scuole superiori specializzate (come gli infermieri). Una misura anti-sociale proprio contro la parte già meno tutelata dei giovani: si tratta di studenti-lavoratori che si ritroveranno in mano un diploma di grado inferiore al Bachelor, per ottenere il quale però pagano tasse d’iscrizione pari a quelle universitarie. Il modo poi con cui Bertoli ha trattato i docenti in sciopero il 5 dicembre scorso non è degno di un ministro che si vuole di sinistra: Bertoli deve ricordare che lui è stato eletto con il compito di portare le idee e i valori del Socialismo in Consiglio di Stato, non viceversa! In questo senso siamo curiosi di vedere le proposte che Bertoli avanzerà nell’ottica di contrastare la selezione che vige ancora nell’accesso agli studi superiori per i giovani di estrazione sociale bassa.
A Lugano impazza la campagna elettorale che – tra continui colpi di scena – sfocerà in elezioni molto importanti. Ci parli della grande Lugano vista da sinistra (e, anche, dai castelli di Bellinzona…)
MA Lugano oggi non è una città, ma è praticamente un semi-cantone. Io sono molto scettico sulle aggregazioni comunali, mi sembra che vengano cancellate forme comunitarie e di partecipazione democratica dal basso, che hanno rappresentato il tessuto sociale del nostro territorio. Lugano rischia davvero di diventare invivibile, con un distacco sempre più grande fra cittadini e autorità, e con una discriminazione per gli ex-comuni oggi diventati quartieri periferici, dove non a caso mancano collegamenti dei trasporti pubblici e dove temo che piano piano verranno smantellati anche gli ultimi servizi pubblici di prossimità per centralizzarli. Il PS è uno degli attori che più di tutti spingono verso le aggregazioni. Io vorrei invitare i compagni socialisti ad analizzarle però con le categorie di quel Karl Marx, la cui immagine fa ancora bella mostra di sé nella sede cantonale del PS: le aggregazioni comunali non rappresentano forse una forma di concentrazione di capitale non certo nelle mani della cittadinanza? Lo stesso problema lo vivrà, temo, anche Bellinzona.
Un vostro giovane esponente, Edoardo Cappelletti, è candidato al Municipio di Lugano sulla lista del PS. Ci parli di lui, della sua formazione politica, e anche – poiché è interessante – di questa tribolata lista.
MA Edoardo Cappelletti è un ragazzo di 18 anni che sta terminando il liceo. Ha iniziato due o tre anni fa a partecipare alle riunioni del sindacato degli studenti fino a ricoprire incarichi di responsabilità in una scuola non sempre facile per il movimento studentesco. Il lavoro che ha fatto ancora di recente cercando di convincere i docenti del Liceo di Lugano 1 a protestare contro i tagli assieme ai loro studenti, tralasciando però quelle misure unilaterali di lotta come il rifiuto di fare gite, che andavano solo a danneggiare gli allievi, hanno dimostrato che Edoardo è risoluto e combattivo, ma nel contempo capace di negoziare e di ascoltare. La sua adesione al Partito Comunista è stata meditata e devo dire che è un giovane molto preparato che dà molta importanza a unire sempre il lavoro concreto sul territorio a contatto con la popolazione con gli obiettivi strategici più alti, quell’alternativa socialista a cui noi marxisti continuiamo ad ambire.
In merito alla lista: anzitutto noi abbiamo chiesto al PS di Lugano di costruire (sul modello di Bellinzona) una lista di “Sinistra Unita”, dando vita a un progetto comune fra socialisti, comunisti e tutti coloro che ci stavano in un discorso progressista. Il PS purtroppo ha rifiutato, impostando la campagna come sua ed escludendo inizialmente Cappelletti dalla rosa dei candidati al Municipio. Noi come comunisti non accettiamo di fare gli “ospiti” passivi sulle liste altrui, noi vogliamo costruire un progetto unitario di sinistra fra partner. La base socialista di solito ci capisce molto meglio dei vertici e, infatti, siamo riusciti ad avere non solo i nostri spazi ma anche a contribuire a spingere la lista più a sinistra. A Lugano avremo altri candidati oltre a Cappelletti per il consiglio comunale e questi si muoveranno sulla base del nostro Programma che sarà distinto da quello del PS che a mio giudizio ricalca un po’ troppo il programma di legislatura del 2008.
È esploso con fragore il “caso Pesenti”, con le imbarazzanti primarie di Cadro e l’improvvisa rinuncia (23 gennaio) della “supercandidata”. Dove si è ben visto che la tattica “mettiamo la locomotiva Pesenti, facciamo il pieno col panachage e magari ci riesce il colpo gobbo del raddoppio” è miseramente fallita, a causa di fatali guerre intestine. Lei pensa che l’ex consigliera di Stato fosse osteggiata da molti suoi compagni di partito perché troppo “di destra”? O le ragioni vere sono altre?
MA Le dinamiche interne al PS non sono di mia competenza e francamente nemmeno le conosco troppo bene. Sicuramente Patrizia Pesenti non gode di enorme simpatia in un partito che comunque al suo interno ha una frangia che è erede di una tradizione dignitosa del socialismo ticinese, che personalmente stimo molto, e che è quella dell’ex-PSA. Pesenti si definisce socialdemocratica, io la definirei invece di un liberalismo progressista, perché comunque la socialdemocrazia ha un’origine storica nel marxismo che francamente non riesco proprio oggi a scorgere in lei. Pesenti ha evidentemente preferito rifiutare la nostra richiesta di fare chiarezza e ha deciso di restare membro del gruppo di lavoro “Area” delle FFS che agisce contro gli interessi del sito industriale delle Officine di Bellinzona e delle maestranze. Da una parte c’è il padronato e dall’altra parte c’è l’alleanza fra comunisti e socialisti; lei ha legittimamente scelto dove stare!
Credo inoltre che questo modo di “riciclare” sempre le solite persone che hanno già dato molto alla vita pubblica non sia una strategia vincente. Se poi queste persone non sono già molto apprezzate nel proprio partito, si gettano le basi per figuracce come quelle che abbiamo visto a Lugano che danneggiano l’intero fronte progressista. Nel contempo si impedisce, così facendo, un vero ricambio all’interno della sinistra, la quale dopo le batoste subite, dovrebbe fare autocritica e spingere a un rinnovamento vero. Non si può pensare di ottenere risultati positivi portando la sinistra verso il centro, immaginando così di attirare voti moderati: per il semplice fatto che il centro è già affollato e la base tradizionale di sinistra vuole messaggi chiari e non accetta proprio supinamente ogni tatticismo.
A suo avviso la sinistra – penso in primo luogo a Martino Rossi e a Bel Ticino – è in grado ed è pronta a fornire un appoggio elettorale alla liberale Giovanna Masoni, e quindi sostanzialmente anche al PLR, nel suo affannoso tentativo di non farsi scalzare dalla Lega?
MA Mi auguro sinceramente di no! Cosa vogliamo fare? Qualcosa di simile al “pateracchio” degli anni ’30 o all’Intesa di sinistra del dopoguerra? La sinistra impari anzitutto a fare la sinistra, iniziando magari a riscorprire cosa significa fare opposizione, perché a me pare di vedere una mare di municipali e consiglieri comunali di sinistra che fa ordinaria amministrazione, che non ha alcuna visione di alternativa politica e che è più papista del papa. Ma il socialismo, riformista o rivoluzionario che sia, lo si vede anche nelle piccole cose e pure negli enti locali, anche se in molti l’hanno scordato. La tendenza al “meno peggio” sempre e comunque, di cui certa sinistra è impregnata, è già costata il seggio in Consiglio agli Stati a Franco Cavali. E a Lugano? Ma davvero è meglio l’ala destra del PLR rispetto alla Lega?
In merito a “Bel Ticino” vorrei dire che certamente è un movimento che tocca temi corretti, ma nel contempo bisogna contrastare il leghismo su basi anzitutto politiche e strutturali, giocare solo sulla morale, sui cattivi costumi e sulla maleducazione del Nano di turno, non servirà assolutamente a niente e si rivelerà addirittura controproducente. Iniziamo piuttosto a non permettere ai leghisti di cavalcare (storpiandoli) temi che dovrebbero tradizionalmente appartenere al movimento operaio e faremmo già un passo avanti notevole! Peraltro se bisogna criticare la Lega nell’ottica di riportare il PLR ad essere il partito di maggioranza relativa del Cantone, beh io non ci sto: la Lega io la contrasto da comunista!
La fortezza Svizzera, potentato finanziario un tempo indiscusso nel mondo, si trova letteralmente sotto assedio. Le viene mai da dire: “Ben le sta, ne ha fatte troppe”? Come prevede che si evolverà la situazione, oggi molto critica? Chi farà le spese di un eventuale disastro? Di più i ricchi? Di più i poveri?
MA Il nostro Paese ha una responsabilità notevole e ora i nodi arrivano al pettine. Ricordo che al liceo leggevo “La Svizzera lava più bianco” e “Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto” di Jean Ziegler che già negli anni ’70 metteva in chiaro i problemi della fortezza svizzera con il connesso lavaggio di denaro sporco coperto dal segretario bancario. Pensare di poter sviluppare il Paese giocando sulla finanza piuttosto che sull’economia reale e per di più sognando di potersi arricchire di continuo a scapito di altri paesi, attraverso i conti di dittatori o accettando l’evasione fiscale di cittadini facoltosi, è una visione miope che infatti oggi è entrata in crisi. Ora si tratta di fare un’attenta analisi per capire quanto la Svizzera rischia in questa crisi: purtroppo mi pare che la nostra classe politica creda di vivere in una torre d’avorio inattaccabile, ma la situazione potrebbe peggiorare molto presto. Tanto per cominciare il costo della vita sale sempre più (anche perché si vedono le prime forme di austerità, come è ad esempio emerso dalla discussione sul Preventivo 2013 del Cantone), erodendo il potere d’acquisto dei lavoratori, ai quali andrebbe conseguentemente garantito un salario minimo legale che permetta di vivere dignitosamente. Non possiamo però “limitarci” a voler mettere il lavoro e i lavoratori al centro dell’agenda politica, in quanto dobbiamo anche capire di quale lavoro necessitiamo. Mettendo da parte le attività di speculazione finanziaria e la Svizzera che lava più bianco, non possiamo che guardare all’economia reale dall’alto valore aggiunto, l’unico campo in cui possiamo dare qualcosa per il Paese e per il resto del mondo. Diventa quindi prioritario aumentare gli investimenti nell’istruzione e nella ricerca, democratizzando i percorsi di studi e quindi combattendo la selezione sociale. Qualcuno potrebbe dire che non ci sono i soldi per le poche misure che ho elencato, per cui è giusto ricordare che il Partito Comunista ha già da tempo avanzato la proposta di una Tassa dei Milionari (www.partitocomunista.ch/milionari), con la quale lo Stato potrebbe recuperare denaro a sufficienza per permettere l’abolizione dell’IVA, che è una tassa tremendamente anti-sociale, introdotta generalmente in Europa per l’esplosione dei costi di una guerra terminata più di un secolo fa.
Di tutti i temi politici, il tema “sicurezza” risulta essere uno dei più penalizzanti per la sinistra. E’ un fatto inevitabile e senza rimedio?
MA Ritengo che il tema della sicurezza e la percezione di una mancanza di sicurezza che esiste nella popolazione sia fortemente strumentalizzato se non addirittura indotto dalla destra. Il punto è che culturalmente (anche grazie ad abili, continue e costose campagne mediatiche) è passata la convinzione che la sicurezza venga garantita unicamente con un incremento di forze dell’ordine, installando videocamere ovunque o, in certi casi, quasi militarizzando le città. Non è così: l’origine della piccola delinquenza è in moltissimi casi di tipo sociale ed è qui che occorre muoversi, agire cioè sulla cause e non solo sugli effetti. Invece, ad esempio a Bellinzona, si vuole da un lato abbattere il centro giovanile, dall’altro si boccia l’idea di un operatore di strada; a Chiasso si impedisce ai ragazzi di sostare di fronte alle scuole medie; tutto questa mancanza di spazi di autonomia assieme ai problemi sociali che già non mancano, creano un humus di disagio esplosivo. Dopodiché è fin troppo facile proporre misure repressive e “securitarie” che non porteranno a niente, se non alla restrizioni delle libertà dei cittadini.
Lei conosce la situazione e le attività del “Molino” di Lugano? Pensa che l’autorità faccia bene a tollerare (in pratica: ad accettare) la presenza dei “molinari” in quel luogo?
MA E’ da un po’ tempo ormai che non frequento le attività del centro sociale autogestito “Il Molino” all’ex-Macello. In passato mi capitava di partecipare ad assemblee e a qualche attività: assieme alla Casetta ex-Zoni di Bellinzona è stato uno dei luoghi simbolo per il movimento studentesco e i settori anti-capitalistici del nostro Cantone e di luoghi simili non ve ne sono molti, purtropppo. Anche se non sono mai stato molto assiduo del “Molino” ricordo che nel 2003 avevo preso parte alla conferenza stampa di presentazione del “Progetto Molino” che faceva una seria analisi della questione degli spazi in un contesto urbano non molto amichevole verso la contro-cultura e le nuove generazioni. Riconosco al “Molino” di saper offrire attività ricreative al di fuori degli schemi di mercato e privi di finalità lucrative, nonché di proporre momenti di discussione critica che altrimenti avrebbero poco spazio nella nostra società, culturalmente molto meno pluralista di quello che si potrebbe immaginare. Peraltro in quegli spazi sono nati o si sono potuti esprimere vari sodalizi che hanno saputo proporre analisi interessanti di critica sociale che andrebbero valorizzati, non certo smantellati come propone ad esempio l’UDC. Lo stesso sciopero studentesco del 12 novembre 2003 con seimila persone in piazza è stato in buona parte concepito nelle stanze dell’ex-Macello. Pensare di reprimere l’esperienza del “Molino” dopo oltre dieci anni in cui ha saputo costruire un percorso di indubbio valore sociale e culturale, dandosi una sua legittimità sarebbe estremamente dannoso per la differenziazione culturale che una grande città come Lugano dovrebbe invece garantire.
La sua sensibilità ecologica di comunista è alta? Gli automobilisti sono una massa da educare, da correggere, da tenere a freno, da punire?
MA Ho la patente, ma uso quasi solamente i mezzi di trasporto pubblici! Il mio Partito ha iniziato una profonda riflessione già nel 2010 con quella che abbiamo chiamato “Svolta eco-socialista” e di cui può trovare qualche documento sul nostro sito www.partitocomunista.ch. In pratica vogliamo mettere in discussione certi miti un po’ laburisti che hanno caratterizzato per lungo tempo il movimento operaio e comunista del passato, riscoprendo invece il Marx che già nel XIX secolo riconosceva come “ogni progresso compiuto dall’agricoltura capitalista equivale a un progresso non solo nell’arte di derubare l’operaio, ma anche in quella di spogliare la terra”. Noi concepiamo la battaglia ecologica come uno strumento per meglio ridistribuire la ricchezza anche fra nord e sud del mondo, e non crediamo che una società sostenibile possa esistere finché rimarranno in vigore i modi di produzione capitalistici che impediscono una pianificazione razionale delle risorse.
Lei è favorevole al raddoppio del Gottardo?
MA No. Perché il popolo si è già espresso e vi è un’indicazione costituzionale, ma anche perché non si è fatto abbastanza per spostare il traffico dalla gomma alla rotaia. Prima si agisca su questo fronte e con urgenza!
Lei è favorevole al nucleare?
MA No. La Svizzera deve piuttosto investire nella ricerca sulle rinnovabili e variando le fonti energetiche. C’è chi dice che il nucleare renderebbe il paese indipendente, è falso: l’uranio lo dobbiamo comunque importare da altri. Inoltre vi sono enormi svantaggi relativi alla sicurezza, ai danni ambientali e ai costi per arricchire l’uranio e costruire le centrali. Dopo il disastro giapponese, poi, direi di dare il benservito alla lobby nucleare.
Per finire, dia un buon consiglio per la campagna elettorale al suo pupillo Cappelletti!
MA Cappelletti deve profilarsi per quello che è: il volto nuovo, giovane e pulito di una sinistra luganese senza intrallazzi, ancorata al territorio e alle fasce popolari. E lo sta già facendo mica male.
Esclusiva di Ticinolive. Riproduzione consentita citando la fonte.