Un’americanata alla nordcoreana


Dapprima vediamo cos’è e da dove viene. È una pratica di marketing usata principalmente nell’ambito dei servizi, adottata dalle aziende per tenere sotto controllo, in modo anonimo, la vendita dei prodotti e avere la garanzia della soddisfazione dei propri clienti. Di solito le ditte incaricano apposite società specializzate che, per svolgere l’inchiesta e quantificarne i dati, assumono personale ad hoc da utilizzare come falsa clientela da sguinzagliare fra i reparti dei negozi.

Il metodo nasce negli Stati Uniti, intorno agli anni quaranta, come tecnica usata dagli investigatori privati per prevenire furti da parte degli impiegati, principalmente in banche e negozi. Acquista popolarità tra il 1970 e l’80 fino a massificarsi a cavallo del nuovo secolo con internet, software e pratiche sempre più raffinate.

Vediamo adesso i motivi di tanto successo. La causa principale per cui, ad esempio, un grande distributore di prodotti al dettaglio perde un cliente è per lo scarso servizio reso. Qualità del prodotto, competitività del prezzo e altri fattori sono apprezzati dal cliente in quantità certamente minore rispetto al servizio reso. In un punto di vendita, quando il prezzo e l’assortimento non sono esclusivi, il servizio al cliente è spesso la chiave del successo o del fallimento. Inoltre, se consideriamo il fatto che il costo di acquisizione di un nuovo cliente è circa dieci volte superiore al costo del suo mantenimento e che il cliente non soddisfatto, mediamente, racconta ad altre cinque persone la propria esperienza negativa d’acquisto, risulta evidente come sia importante rilevare e valutare la qualità del servizio reso.

Se, quindi, da parte padronale (termine desueto nonostante la sua stringente attualità) le ragioni per avvalersi di tale metodo ci sono tutte, il fenomeno assume aspetti diversi se lo si focalizza con l’occhio dei nostri lavoratori subalterni, poiché anche in Svizzera il “mystery shopping” è proposto già da numerose agenzie e società di consulenza. Attenzione quindi, care commesse, cassiere e responsabili di reparto dei nostri supermercati perché può sempre capitarvi il cliente fantasma che mette alla prova la vostra gentilezza, la vostra solarità e la competenza con cui lo consigliate, per poi redigere un rapportino con tanto di ora, giorno, nome e cognome (solo il vostro ovviamente!) che approderà in un baleno sulle scrivanie dei manager e capi-zona delle catene di vendita. Se la relazione presenterà punti critici, salutate l’ipotesi del pur minimo aumento di stipendio (con i tempi che corrono dire ipotesi è già sbilanciarsi troppo); se invece tutto ciò capita nel vostro giorno fortunato e il rapporto non contiene rilievi potenzialmente negativi, non è che vi sia andata particolarmente bene perché dovrete mantenere costantemente alta la qualità della vostra immagine, smagliante il sorriso e totale la disponibilità verso i clienti, compreso quelli più acidi e arroganti.

Insomma non ci vuole molto a capire che tutto ciò non va certo a migliorare la qualità del lavoro bensì il suo esatto contrario, suscitando sospetti, tensioni e nuova competitività fra il personale. Se un domani l’anonimo investigatore si occuperà di voi, difficilmente avrete armi da opporre e la cultura del sospetto si farà avanti con forza verso tutto ciò che vi circonda, colleghi compresi. Legalmente al “mystery shopping” sono posti limiti severi: Tutela della personalità, oggettività, tempi ben definiti dell’inchiesta, informazione e consenso preventivi del personale. Tutti però sappiamo quanto possono valere i paletti giuridici quando in gioco ci sono gli interessi dei colossi della distribuzione al dettaglio contrapposti ai diritti dei lavoratori comuni. La tutela sindacale potrebbe aiutare ma il condizionale è d’obbligo se si tiene conto di quanti “cuor di leone” circolano in questi tempi fra i lavoratori e i sindacalisti.

Carlo Curti, Lugano