Ho sempre tenuto sott’occhio la questione del ritorno dell’orso nelle nostre contrade per un semplicissimo principio di precauzione. Mi piace girare nelle nostre montagne a raccogliere funghi, castagne o bacche o anche solo per fare una passeggiata nella natura.
Constatando distrattamente che i beni delle mie mire sono anche nelle mire (favorite) di un plantigrado, ed io stesso potrei finire all’occasione nella sua dieta, ho subito cercato di informarmi sul comportamento da tenere in sua presenza.
Informazione, a mio modo di vedere, tutt’altro che trascurabile.

Sebbene ritenga che i plantigradi siano degli animali maestosi e splendidi e mi piacerebbe vederli nella (nostra) natura (a distanza di sicurezza), ho nutrito qualche dubbio fin dall’inizio del progetto di reintroduzione.
Dubbi di ordine pratico, e perdonatemi la franchezza, soprattutto sui promotori dell’iniziativa: l’Italia e gli italiani.
Facili alla grande emozione pubblica, plateale sull’onda della quale si lanciano in immediate struggenti iniziative, subito dimenticate e trascurate poi. Come in tutta questa faccenda. Ho lasciato un po’ chetare le acque per affrontare con un minimo di distacco la questione.

Dal 1999 al 2002 sono stati reintrodotti in Trentino una decina di esemplari di orso bruno provenienti dalla Slovenia.
La popolazione da allora prospera e se ne dipartono sempre più di frequente i giovani maschi (meno stanziali che le femmine) che raggiungono Svizzera, Austria ed anche Germania.
Ovviamente questo fatto ha messo sul chi vive le autorità dei paesi limitrofi che, insieme all’Italia, hanno concordato un programma comune.
Da qui la famosa Strategia Orso Svizzera di cui si è molto parlato (e molto superficialmente) nei giorni scorsi.

Le autorità competenti, in primis l’Ufficio Federale dell’Ambiente dal cui sito traggo informazioni, non ci hanno messo molto per porre l’accento sul nocciolo della questione: la convivenza con l’uomo.
Mica per nulla estinguemmo l’orso all’inizio del secolo scorso; era un concorrente oltre che un predatore (ed una preda) di grossa taglia.
Il problema nasce quando orso ed uomo concorrono per lo stesso territorio. La convivenza è impossibile visto che l’orso in libertà rappresenta sempre una potenziale minaccia poco prevedibile.
L’orso deve, per la sua stessa incolumità futura, tenersi discosto ed interferire al minimo con le attività umane. Qualche pecora o arnia assolata in tempi grami (ma anche non) la possiamo anche risarcire, ma non possiamo tollerare una spada di Damocle sulla nostra testa.

Diventa quindi rilevante il suo comportamento, che le autorità (anche quelle italiane) classificano come:
• discreto: si comporta in modo non appariscente, vive ritirato ed evita le zone abitate;
• problematico: provoca danni, non è molto schivo nei confronti dell’uomo. Nel limite del possibile, è pertanto munito di un radiocollare e dissuaso in modo mirato;
• pericoloso: gli orsi pericolosi non hanno nessuna paura delle zone abitate e dell’uomo, malgrado molteplici azioni di dissuasione, oppure aggrediscono direttamente l’uomo. Sono pertanto abbattuti oppure narcotizzati e addormentati per motivi di sicurezza.

Dei primi non abbiamo notizie o molto poche vista la loro stessa natura e se dovessero attaccare direttamente l’uomo sarebbe probabilmente perché quest’ultimo se l’è proprio andata a cercare disturbandoli nel loro territorio o in un contesto topico.
Quelli problematici non aggrediscono (ancora) l’uomo, ma sono portati a non averne un sacro timore come noi vorremmo.
Sono impavidi, spavaldi, abituati ad averci a che fare. La dissuasione mirata citata sopra sono fior di botti e pallettoni di gomma.

Infine quelli pericolosi sono quelli che resistono imperterriti alla pioggia di pallettoni, ripetendo continuamente l’approccio, o che sussidiariamente nelle loro scorribande aggrediscono fisicamente qualcuno.
Se dovesse effettivamente accadere un’aggressione e ci scappasse il ferito o il morto, sarebbero pochi quelli che non attaccherebbero le autorità per la loro inerzia nel toglierlo di mezzo.
Colpisce l’ultima frase, quella delle contromisure.
Cosa significa “narcotizzati ed addormentati”? Per noi significa un sonno eterno, per gli italiani il risveglio in un recinto ed una detenzione a vita.

M13 era già stato classificato come problematico in Italia, la sua seconda possibilità l’ha avuta qui da noi. Quando ha scalato le classifiche ed è diventato pericoloso perché non più dissuadibile è stato abbattuto.
Se non sbaglio… e due. Dalla reintroduzione nel Trentino dell’orso bruno varie volte degli esemplari sono giunti fino da noi.
M13 non è il primo orso arrivato qui nel suo girovagare, e non è nemmeno il primo che qui ci ha lasciato la pelle.
Chi si ricorda di JJ3? Abbattuto sempre in Grigioni il 14 aprile 2008. O il fratello JJ2 “Lumpaz”? Steso in Baviera il 26 giugno 2006. O del primogenito di Jurka e Jelo, JJ1 “Bruno”, scomparso e presumibilmente disperso? O della loro madre Jurka, dapprima catturata e detenuta in Italia, poi spostata in un parco alternativo in Germania (comunque uno zoo)?
Ed anche in questi parchi la vita è tutt’altro che rose e fiori.

Lo stesso giorno della morte di M13 un orso di 4 anni in uno di questi parchi svizzeri ha dovuto essere soppresso perché troppo pericoloso per i suoi due fratellini appena nati.
Emblematico il fatto che tutti i figli di Jurka abbiano, presumibilmente, fatto una brutta fine. Già la madre era un orso problematico perché molto impavido e questa caratteristica l’ha evidentemente passata a tutta la prole.
Per il resto gli orsi citati non sono gli unici ad aver calpestato il patrio suolo negli ultimi anni, sono solo quelli che hanno causato problemi. Gli altri, quelli discreti, hanno fatto poco parlare di loro, com’è giusto che sia.
Ma ben difficilmente questi possono essere “mediatizzati” ed accattivare gran parte della popolazione. Situazione da Far West… gli unici ad avere ritratti e ad essere pubblicizzati erano i ricercati.
È perché gli orsi (discreti) non siano malaccetti in futuro che dobbiamo occuparci tempestivamente ed inflessibilmente di quelli problematici o pericolosi.

Potremmo fare come gli italiani e farlo imprigionare da qualcuno, prima pontificando poi lavandosene le mani; oppure, a malincuore, prendere le decisioni che s’impongono ed avere il coraggio e la determinazione di portarle avanti fino all’estremo. Questo le nostre autorità lo hanno capito. Altro che spendersi in lamenti come prefiche.

Le reazioni all’abbattimento non potevano mancare. La rete è un posto formidabile, peccato che nella comodità delle nostre connessioni dimentichiamo troppo facilmente cosa significhi convivere con un predatore di grossa taglia come l’orso.

Comodo spendersi di solidarietà dietro una scrivania. Meno facile per chi gira nelle contrade frequentate dall’orso, magari la notte ed a piedi.
Non è un tenero peluche, ma un plantigrado in carne ed ossa ed artigli. L’orso è bello da ammirare, ma chiunque, confrontato con un predatore così possente, si piglia un colpo, figuratevi poi quando ad essere minacciato è uno dei nostri congiunti. La solita risposta NIMBY della società.
Il peggio è che M13 anche da morto è sfruttato dal populismo di alcune persone e mi disgusta che l’orso si sia fatto più amici da morto che da vivo.

Non da ultima l’uscita prettamente preelettorale e populistica dell’ex ministro per gli esteri Frattini.
A proposito dell’Italia.
M13 è giunto in casa nostra non solo attratto dal panorama e dal vasto territorio, ma anche perché avendo già dimostrato il suo comportamento spavaldo era stato abbondantemente irrorato di pallettoni di gomma dissuasivi dai forestali italiani.
Non a caso l’Italia non lo rivoleva. Loro avrebbero potuto solo rinchiuderlo, non avendo il pragmatismo per abbatterlo. Che ce lo abbiano sospinto qua a forza di pallettoni nel sedere fino a quando non ha varcato il confine? Non lo sapremo mai.

Infine nessuno riflette sul fatto che eliminare un essere vivente può essere un atto necessario, dovuto per quanto doloroso e triste, ma imprigionarlo a vita senza alcun’altra prospettiva futura è un’offesa alla sua dignità e di riflesso anche alla nostra, ridotti a biechi carcerieri.
Ma bisogna avere le palle per fuggire situazioni di comodo!

malatempora