Recentemente ho fatto una proposta (editoriale, malpensanti!) a Bonnie e lei gentilmente ha acconsentito suggerendomi di pubblicare col mio nome, senza citare il mio pseudonimo.
Declino il suggerimento con questo scritto e colgo l’occasione per spiegare le mie ragioni
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Non che siano così importanti o rilevanti, essendo ragioni personali, ma ho in questo modo la possibilità di introdurre un tema che mi sta molto a cuore.
Mi è sempre piaciuto scrivere ed ho qui trovato una piattaforma dove farlo, almeno per passione. Ho lungamente riflettuto, prima di espormi, se farlo col mio nome o con uno pseudonimo. La mia scelta è evidente ma non per questo non mi sono esposto.
La mia identità non è sconosciuta a chi mi pubblica e qualsiasi denuncia o querela arriverà sempre puntualmente a destinazione. E così dovrà continuare ad essere.
A questo punto pubblicare qualcosa col mio nome inevitabilmente ricondurrebbe al mio nick (-name, pseudonimo).
Lo stile, il vocabolario, il tono, in breve il sapore di uno scritto è sempre inconfondibile. Ho peraltro deciso di non mascherare il mio genere (maschile) perché troppo complicato, estenuante ed artificioso, comportamento che avrebbe inevitabilmente pregiudicato il risultato.
Io auspico che una persona mi legga e condivida oppure dissenta dalla mia idea, a prescindere dai giudizi sull’autore. In questo modo non sono possibili pregiudizi (salvo quelli derivanti dal genere ovviamente).

Per il resto forse son nero, bianco, giallo o rosso; forse son giovane, forse son vecchio; forse vivo in una reggia, forse in un tugurio; forse son alto, o magro, o grasso, o basso; forse son saggio o idiota, abile o inetto, cinico o ingenuo, attivo o indolente, acuto o ottuso, esuberante o introverso, solitario o socievole, timoroso o spavaldo, virtuoso o vizioso, forse un po’ tutto; forse puzzo.
Forse mi conosci, forse sono il tuo vicino, o forse mi son seduto oggi accanto a te al bar. Mistero.
Alcune persone sanno che scrivo con questo nick, altre sospettano; altre indagano e forse capiscono; comunque non dubito che chiunque abbia avuto occasione di leggere precedentemente un mio scritto mi indovinerà senza fallo.
Se ti piaccio (ti piace ciò che scrivo o come), mi leggi, altrimenti volta pagina (pigia su un link del sito) o chiudi (Alt+F4, windows, non per firefox).
Non mi offendo certo, anche perché, occhio non vede, cuore non duole. Ammetto che finora mi sono limitato ad argomenti all’acqua di rose, ma non temete, mi cimenterò in futuro anche in pezzi su argomenti spinosi. Per ora mi faccio le ossa cercando di ovviare ai primi goffi passi dettati dall’inesperienza.

Non temo di espormi, lo trovo inutile. Non sono un politico in campagna elettorale, non sono un profeta e nemmeno un demagogo. Non debbo cercare proseliti, fedeli, o adepti.
Trovo che la nostra società sia invasa dai protagonismi, che ci porteranno tutti alla rovina. Protagonismo vuol dire attirare l’attenzione sulla persona, non sul messaggio. È un po’ la tecnica dell’illusionista: distrarre con una mano e gestire con l’altra. Attirare l’attenzione su dettagli ininfluenti la distoglie dal nocciolo della questione. Questa mania di protagonismo la vediamo sempre ed ovunque, mica solo nei personaggi importanti. Un esempio (comunque estremo) sono i presenzialisti televisivi. Solo presenza, messaggio nullo.

Se uno ha un’idea valida, che importa la fonte? E se uno ha un’idea stupida a maggior ragione, un po’ di umanità visto che capitano a tutti, che importa la fonte?
Sono uno qualunque, uno di noi.
Uno qualunque, non chiunque.
Sono

malatempora