Scrivere del Nano non si sa da che parte iniziare e men che meno da che parte finire. Ieri fra le 15.30 e le 16.00 mi ha chiamato al telefono e abbiamo parlato per una ventina di minuti di politica ticinese (sgravi e CdS) e di Lugano (sindacato e del dopo voto). Alle 15.51 mi ha mandato una e-mail con allegati due documenti messi in consultazione dal dipartimento di Widmer Schlumpf sulla strategia piazza finanziaria e obblighi di diligenza bancaria. Era molto preoccupato e incazzato per la Svizzera, ma stranamente calmo come non mai, in vent’anni di comunicazione mai l’avevo sentito tanto pacifico nei toni e nel formulare le frasi. Strano, mi son detto, e sembrava che volesse continuare la conversazione, non aveva fretta come al solito di appendere. Sembrava aver tempo da vendere… .
Questo è il mio ultimo ricordo privilegiato con lui, meno di 24 ore fa. Il giudizio politico di dettaglio lo faremo in seguito. Io dico solo che il Ticino non sarebbe diventato competitivo e sociale come lo conosciamo oggi, e non sarebbe riuscito a staccarsi dal gruppo dei Cantoni in declino senza di lui e senza il suo coraggio leghista; diamo a Cesare quel che è di Cesare.
Voglio dedicare queste righe invece per parlare di uno spicchio di intimità con lui. Certo, a volte lui stesso ha rappresentato e tirato fuori il peggio che c’è nell’uomo, ma in ultima analisi e con il senno di poi, così facendo ci ha costretti forse tutti noi in quei momenti a tirare fuori invece il meglio di noi. Non lo so. Mi voleva certamente bene, mi cercava pur avendomi minacciato migliaia di volte che non mi avrebbe più rivolto la parola se non entravo nella Lega. Mah chissà? Mi ha sempre rimproverato di non essere mai diventato leghista e di sprecare l’occasione di fare carriera politica.
Questo fatto lo rugava. Ha rotto per anni e anni su questo tema. Lo lasciavo dire. Poi una volta da soli, a quattr’occhi mi sono permesso di dirgli: “ lo so che ci tieni, grazie mille, ma io non voglio sedie, voglio fare politica liberale anche se saremo minoranza delle minoranze”. Da quel giorno mi ha trattato diversamente, ancora meglio. Sapeva che non cercavo nessun tornaconto. Sapeva che potevo dirgli cose e pensieri che chi vuol fare carriera forse non può dire al proprio superiore. Negli anni poi, grazie a questa chiarezza, mi esprimeva molte sue cose su molti temi, si lasciava andare anche a giudicare la Lega, i suoi membri, le sue stars. Il telefono di ieri, ahimè è stato l’ultimo di questa dinamica.
In ogni caso un genio, sregolatezza va da sé, nel cogliere le dinamiche che contano. Ci teneva davvero a me. Dopo averci provato per l’ultima volta ad arruolarmi e nonostante il mio rifiuto, accettò perfino di appoggiarmi alle elezioni per il Consiglio degli Stati come Indipendente. Ricordo la discussione per fare in modo che nella denominazione ci fosse Lega-UDC e Indipendenti, pensavo perfino che in ultimissimo mi fregasse e depositasse la candidatura stralciando “Indipendenti”. Nei miei confronti è sempre stato di parola, paziente e generosissimo, si girava e diceva: peggio per te, o come fanno le mamme sagge: fai quello che vuoi!, sapendo che poi con questo monito ci pensi comunque!
Un mattino di autunno, per le federali, ho scoperto decine e decine di manifesti elettorali ovunque per strada che mi raffiguravano come un guerriero (orrendo), non ne sapevo assolutamente nulla. Lo chiamai e gli dissi: ma che cavolo hai fatto? Risposta: tu comunica con i tuoi con il tuo linguaggio che ai miei comunico io! Questo era il Nano, e la sua carnale umanità non andrà nell’oblio tanto facilmente.
Sergio Morisoli