Egregio Presidente,

Gentili ed Egregi Deputati,

Il titolo IV della Costituzione cantonale (Cost./TI) regola le elezioni, il diritto di iniziativa popolare [legislativa] e di referendum, nonché la revoca del Consiglio di Stato. Il titolo IX della Cost./TI tratta della revisione della Costituzione. Tali diritti sono ancorati nella Carta fondamentale perché ritenuti la base del nostro sistema democratico.

La Cost./TI non è esaustiva, ma lascia alla legge di estendere o prevedere ulteriori diritti popolari. Ne è un esempio l’art. 17 cpv. 4 Cost./TI relativo ai Comuni e di recentissimo esame federale (Sentenza del Tribunale federale 2C_365/2012 dell’11 febbraio 2013). Altrettanto interessante (e nella pratica si è dimostrato un valido mezzo) è la possibilità – di per sé non prevista nella Cost./TI – per i cittadini di avviare con “istanza popolare” una procedura di aggregazione comunale (art. 4 cpv. 1 LAggr). Il legislatore è quindi libero di introdurre ulteriori diritti popolari.

Fatta questa premessa giuridica, occorre sottolineare che il successo della nostra organizzazione statale risiede proprio nella democrazia e nella compartecipazione effettiva dei cittadini ai processi decisionali. Alcuni studi scientifici hanno confermato che gli Stati con democrazia diretta hanno una spesa pubblica inferiore, prevedono meno imposte e dispongono di meno debito pubblico (cfr. http://www.democratiedirecte.fr/2009/08/les-effets-de-la-democratie-directe-que-dit-la-science-economique-moderne/). La Svizzera lo conferma: infatti si può dire che anche in questo periodo di profonda crisi europea, il nostro paese mantiene uno standard elevato.

A livello cantonale e comunali, i cittadini dispongono soltanto di diritti popolari con valenza decisionale, per contro non è loro dato alcuno strumento di natura consultativa (eccezion fatta per la petizione, che però non impone alcun obbligo di trattazione nel merito). Solo con un’iniziativa popolare, il cittadino può contribuire al dibattito politico. Spesso tuttavia vi sono dei casi in cui lo strumento dell’iniziativa popolare appare sproporzionato ed eccessivamente oneroso (dal profilo pratico, temporale e finanziario) sia per i promotori sia per l’esame parlamentare che ne segue.

Negli ultimi 40 anni sei Cantoni hanno introdotto in forme diverse nuovi strumenti popolari che sono andati a completare i classici diritti di iniziativa e di referendum. Sotto il cappello della cosiddetta “mozione popolare”, tra i 100 e i 300 cittadini possono proporre direttamente un atto parlamentare all’indirizzo del Legislativo cantonale, che viene trattato analogamente ad ogni atto parlamentare presentato da un singolo deputato.

Il Canton Obwaldo permette ad ogni cittadino l’inoltro di una mozione popolare tesa a emanare un atto referendabile (art. 61 cpv. 2 Cost./OW). Il Cantone Friburgo permette a 300 cittadini di inoltrare una mozione popolare (art. 47 Cost./FR). Il Canton Soletta prevede un “mandato popolare” che può essere presentato da 100 cittadini anche per gli affari di 2

pertinenza del Governo (art. 34 Cost./SO). Il Canton Sciaffusa fissa pure a 100 il numero di firme con la possibilità di allegare una motivazione scritta (art. 31 Cost./SH). Il Canton Appenzello esterno permette addirittura ad ogni cittadino di proporre un oggetto e motivarlo personalmente in aula (art. 56 Cost./AR). Infine pure il Canton Neuchâtel prevede la mozione popolare con 100 firme. A ciò si aggiungano i Cantoni a regime di Landsgemeinde (Glarona e Appenzello Interno), ove ogni cittadino – analogamente all’Assemblea comunale – può chiedere la trattazione di un oggetto.

I Cantoni sono quindi per ora almeno otto e con la progressiva revisione totale delle Costituzioni cantonali il loro numero è in crescendo.

L’importanza di dare uno spazio politico, seppur limitato, alla società civile è riconosciuto. Ciò permette anche di avvicinare le autorità dello Stato ai bisogni e alle esigenze della popolazione, che seguendo le forme prescritte, possono rivolgersi agli organi legislativi ed esecutivi. Si tratta di un’evidente valorizzazione dei cittadini (peraltro contribuenti) che dispongono di un loro ruolo al di là di lobby, gruppi di interesse, ecc.

Questi strumenti già adottati in altri Cantoni meritano di essere recepiti anche nella nostra struttura democratica. Visto l’onere diverso dei singoli atti parlamentari si ritengono adeguate sul piano cantonale 300 firme per iniziative parlamentari o mozioni, mentre 75 per interpellanze ed interrogazioni. Sul piano comunale invece il 5% ma al massimo 75 firme per le mozioni e l’1%, ma al massimo 30 per interpellanze e interrogazioni (valido anche per i Patriziati, il cui rinvio alla LOC andrebbe completato).

Con ossequio.

Il Proponente: Franco Denti

Confirmatari: Bruno Cereghetti, Sergio Savoia