Rafforzare il polo biomedico esistente è la priorità


Il 20 febbraio scorso il Consiglio di Stato ha reso pubblico il rapporto del gruppo di studio sulla realizzazione di un master in medicina a livello cantonale. Lo studio analizza la possibilità di portare in Ticino, in collaborazione con altre università svizzere, il secondo triennio di formazione medica.

Il rapporto propone di assegnare 100 posti di bachelor (i primi 3 anni di formazione) presso altri atenei svizzeri a partire dal 2014, con l’obiettivo di avere in Ticino i primi 70 allievi a fine 2017, per un totale a pieno regime di 210 studenti nel 2019.

Gli spazi richiesti per questo master sono abbastanza contenuti: si tratta per la sede principale di 2 aule da 70 posti, 4 aule da 35 posti, alcuni piccoli locali e di uffici per il rettorato, i docenti e gli assistenti. Sono inoltre previsti alcuni locali nelle altre sedi di formazione e soprattutto un’importante superficie per la ricerca di base presso l’Istituto di Ricerca in Biomedicina.

Incomprensibilmente però nello studio si sostiene che gli spazi della sede principale, in totale circa un migliaio di metri quadrati, siano già previsti nel futuro campus USI-SUPSI di Viganello. Scrivo incomprensibilmente perché nel relativo bando di concorso non ve ne è traccia, e perché questo campus sarà destinato ad accogliere il Dipartimento tecnologie innovative (DTI) della SUPSI e la Facoltà di Informatica dell’USI, che ben poco hanno in comune con un master in medicina.

Sarebbe chiaramente facile ricavare un migliaio di metri quadrati da dedicare ad altri fini nei 22000 metri quadrati del futuro campus di Viganello o nei 14000 metri quadrati del futuro campus di Mendrisio (ing. civile, architettura, ecc.), ma non ha nessun senso farlo. Lo scopo di questi campus è quello di creare dei centri di competenza settoriale, sfruttando al meglio le possibili sinergie fra le varie facoltà, laboratori di ricerca ed istituti. Non di riempire spazi senza alcuna logica.

È invece molto più sensato che il master in medicina abbia sede a Bellinzona nei pressi dell’Istituto di Ricerca in Biomedicina, dell’Istituto Oncologico di Ricerca e della direzione dell’Ente Ospedaliero Cantonale. Il modello da seguire è, anche in questo caso e come d’altronde inizialmente previsto, quello di rafforzare il polo esistente con il nuovo master, sfruttando al meglio le evidenti sinergie.

Disperderlo altrove sarebbe al contrario estremamente miope, e denoterebbe sia una mancanza di visione di insieme del tessuto scientifico ticinese e delle sue potenzialità di sviluppo che una mancanza di considerazione delle più che legittime rivendicazioni del sopraceneri.

Athos Ambrosini, presidente distrettuale UDC Bellinzonese e Valli