Ho sempre trovato che una vasca di acqua calda sia il luogo ideale per la meditazione.

I pensieri nascono spontanei, le immagini salgono in superficie come bolle d’aria, stimolate dalla temperatura dell’acqua regolata con sapienza. La temperatura è importante, non deve procurare uno shock al momento di immergersi, ma poco dopo va aumentata gradatamente, fino a raggiungere quel giusto calore appena sopportabile. Bisogna far colare l’acqua calda a filo, ed evitare di dover smuovere la massa liquida per amalgamare le due correnti, cosa scomoda quando si è immersi. Il filo quasi bollente si insinua rapidamente fra il tepore stimolando a sorpresa certi nervi affioranti. Un lieve movimento sarà sufficiente per equilibrare in modo equo calore e frescura.

Ora si può meditare a piacere lasciando che nasca l’immagine delle correnti, quella fredda di Humbold, che lambendo la costa del Cile ne rende la spiaggia inospitale e l’immersione spiacevole. Mentre quella calda del Golfo, accarezzando l’Inghilterra, crea angoli di insperata Riviera, fiorita di mimose sulla costa atlantica.

Al filo della corrente la fantasia si immerge per esplorare gli antri e gli anfratti del sottosuolo marino, che copre gran parte del globo ed è più remoto e sconosciuto della superficie lunare. Con la mente si segue la dorsale atlantica irta di vulcani, il cui magma costringe i continenti a spostarsi come lastre di ghiaccio sulla banchisa; si esplorano profondità che nessun piede potrà mai calpestare, e che solo quei goffi batiscafi di Beebe e di Piccard, fragili gusci sotto la terrificante pressione di tonnellate d’acqua, arrivarono a violare appena, permettendo di sbirciare questo ambiente segreto attraverso i loro mostruosi occhi vitrei. Immagino la nascita di una nuova isola, spinta verso l’alto dai vomiti di fuoco di un vulcano sottomarino, una catastrofe di proporzioni globali, come quella del Krakatoa, tutto questo nell’esiguo spazio di una vasca da bagno.

Sussy Errera