vodka 2Henrik M. Broder, da anni colonnista della “Weltwoche” e della tedesca “Die Welt”, da me molto stimato per il coraggio delle opinioni (che non tutte condivido), “free lance” su numerosi media teutonici, ha avuto l’onore nello scorso gennaio di un editoriale a piena pagina su “Schweizerzeit”, un bisettimanale di tiratura limitata (18’000), ma che ha il merito incommensurabile di essere l’unico organo di stampa che difende senza se e senza ma la sovranità, l’indipendenza e la neutralità della Svizzera che, guarda caso, è anche la nostra patria. Sopra il titolo del suo scritto, una banale considerazione: “L’UE non risolve i problemi, è il problema”. Titolo: “Gli ultimi giorni dell’Europa”, con un chiaro riferimento ad un lavoro monumentale di Karl Kraus, 1874-1936, scrittore austriaco pacifista e irreducibile avversario del nazismo, che nel 1922 diede alle stampe il suo capolavoro intitolato “Gli ultimi giorni dell’umanità”. Un autore alla Orwell, che vedeva chiaro nel futuro.

Comincia Broder citando un proverbio russo: “Di promesse spose brutte non ce ne sono, c’è solo mancanza di vodka”, con evidente riferimento all’UE sulla quale non esprimo giudizio. Prosegue con realismo e raziocinio, affermando che la fine dell’Europa comunitaria non solo sta davanti ai nostri occhi, come previsto da Kraus (fase di ineluttabile decadenza), ma addirittura ci aggredisce.

Broder, come il sottoscritto, ha avuto l’occasione di assistere in televisione alla cerinmonia di consegna del premio Nobel per la pace all’UE. La cerimonia ha avuto luogo in un orario in cui le persone normali lavorano e solo le madri monoparentali, le altezze reali e i burocrati di Bruxelles possono permettersi di perder tempo per seguire una trasmissione senza preoccuparsi di come poter poi pagare  il canone TV alla Billag. Assistervi fu per noi un problema: si doveva ridere o piangere? Consegnare quel nobile (una volta, adesso lasciamo perdere)  premio Nobel (Ing. Alfred Nobel, 1833-1896, svedese, chimico e filantropo, inventore della dinamite,  primo inconscio  dinamitardo su questa terra, capostipite inconsapevole di tutti gli ignobili ed eroici terroristi che assassinano innocenti  facendosi esplodere in un suicidio tanto assolutorio quanto demenziale), attribuire il premio, dicevo, all’UE era e rimane un’idiozia che solo gli idioti possono approvare: la motivazione addotta per l’assegnazione era che l’UE ha impedito che in Europa scoppiassero ancora guerre. Una frottola santissima, visto che di guerre ne sono scoppiate, e più brutali delle due guerre mondiali, nei Balcani, che se non sbaglio sono in Europa. L’UE ha addirittura partecipato, sotto l’ala protettrice degli USA in cerca di pace in tutto il mondo, a quella contro la Serbia di Milosevic.

Gli stati europei si sono autodistrutti durante il 20mo secolo, adesso non fanno più guerre per la sola e unica ragione che la politica “politicamente corretta”, di chiara ispirazione marxista, li ha così malridotti da non essere più in grado di finanziare adeguatamente un esercito. E`una colpa? Un merito? Non so, ma la realtà è quella. Dare il premio Nobel della Pace all’UE è come darlo all’Esercito della Salvezza perché ha rinunciato al commercio di droghe e armi e non basa la sua attività sulla prostituzione. Pacifismo e cretinismo sono parenti stretti, dice Broder, ed io condivido, condivido pienamente. Dello stesso premio ad Obama, che ha sulla coscienza, con Bush, milioni di morti innocenti, non parliamo. Con simili attribuzioni del premio (questo è un mio personalissimo parere) i rimbambiti vegliardi di Oslo (capitale di quel paese il cui popolo ha votato due volte contro l’adesione all’UE) non nobilitano il premiato, ma ridicolizzano solo ed unicamente se stessi. E la stessa considerazione vale, sia detto tra parentesi, per un dottorato honoris causa che abbiamo recentemente visto attribuire a Zurigo ad un nostro caro amico luganese.

L’accoglienza del premio Nobel per la pace da parte dell’UE non si è fatta pacificamente, ma ha condotto, dietro le quinte, ad una lotta di prestigio all’ultimo coltello. Chi doveva salire sul palco per ricevere l’ambito trofeo con relativo sostanzioso assegno? Il presidente della commissione Barroso? Il presidente del consiglio van Rompuy? Il presidente del parlamento Schulz, quello che è venuto a Berna per sussiegosamente spiegarci perché il CF non deve mettere in vigore le misure di contenimento della libera circolazione, misure dettagliatamente previste e accettate in un trattato firmato anche dai rappresentanti dell’UE? Ognuno dei tre saltimbanchi di Bruxelles ha manovrato dietro le quinte per salire solo sul palco della ricezione del premio, nessuno dei tre è riuscito a spuntarla. Si è allora fatto ricorso, come sempre si fa nell’UE, ad un compromesso: Barroso e van Rompuy salgono sul palco, quest’ultimo tocca per primo il “trofeo” e lo prenderà poi in consegna per il ritorno a Bruxelles, il povero Schulz deve accontentarsi di una medaglietta-ricordo e di comparire sulla foto di circostanza con gli altri due, tutti e tre sorridenti dopo l’estenuante lotta protocollare.

Ci fosse abbastanza vodka a disposizione, anche l’UE potrebbe sembrarci bella come le promesse spose russe!

Gianfranco Soldati