[fdm] Oggi non ho resistito alla testazione di andare a pescare nel blog di Sergio Savoia che, tanto sarcastico quanto simpaticamente snob, tartassa i malcapitati moralisti provincialotti. Tanto per chiarire, io sto dalla parte di Armando e Fiorenzo. E se, per disgrazia, siamo “provincialotti”, questa malattia non è come avere il cancro. E il primo commento che mi viene alle labbra (lasciando perdere le “luci rosse”) è il seguente: certi criminali, in certi ambienti, godono ancora di una solida popolarità. Hanno commesso azioni odiose e bestiali ma, in fondo, perseguivano un loro “ideale”… Bisogna senz’altro dar loro l’occasione di spiegarsi!


Ogni anno qualcuno approfitta del festival di Locarno per indignarsi. Gente che, per i 350 giorni rimanenti dimostra di avere più pelo sullo stomaco di una tonnellata di processionarie, appena comincia il festival dà prova di grande sensibilità. Un film ‘erotico’ germanico (contraddizione in termini, ammettiamolo); l’ennesima pellicola italiana in cui si parla di terrorismo? L’oggetto non conta. Conta che finalmente si può fare il proprio spettacolino! Due settimane di polemiche al calor bianco in cui, come spesso, si illustrano i membri della medesima famiglia politico-editoriale (spero che, tra qualche anno, l’Armando riceva anche lui un premio alla carriera, magari in Piazza Grande).

Ora, francamente, di roba di cui scandalizzarsi al mondo ce n’è ma scandalizzarsi per un film fa molto “Italia democristiana anni ’50”, che come appare chiaro sta lentamente tornando di moda. Ma si sa, il vero moralis ta abbisogna di una platea, al pari di qualsiasi starlette. Ed ecco spiegato l’arcano: il festival offre questa platea. Così chiunque, per due settimane, può ergersi a Catone, vivendo della luce riflessa di artisti e intellettuali veri. Quelli che magari sbagliano, ma ci mettono del proprio.

Poi, finito il festival, ognuno torna alla sua dimensione giusta. I grandi registi restano grandi, quelli piccoli restano piccoli. I censori di turno non hanno che aspettare un altr’anno per i loro quindici giorni di celebrità e per sputacchiare le loro scontate “catilinarie” di provincia.

Sergio Savoia