La maniera in cui l’allora presidente Bill Clinton aveva trattato il conflitto nei Balcani nel 1999, può dare a Barack Obama un modello nel suo atteggiamento verso il regime di Bashar al Assad.
Molti osservatori ritengono che nelle prossime settimane il presidente americano Obama darà ordine di bombardare la Siria.
Sabato i suoi principali alleati e consiglieri si sono riuniti alla Casa Bianca per discutere le possibili opzioni.
Navi da guerra americane si dirigono verso la regione; una nave da guerra che già si trova nei pressi delle coste siriane è in stato d’allerta. I consiglieri alla sicurezza di Obama studiano la guerra aerea del 1999 nel Kosovo per trarne ispirazione per la Siria.
Durante questo conflitto, gli albanesi del Kosovo, provincia autonoma della Serbia, si erano fatti massacrare dal presidente serbo Slobodan Milosevic. L’allora presidente americano Bill Clinton, dopo molte esitazioni, aveva deciso d’intervenire ma non era riuscito ad avere il permesso dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, dove la Russia – alleata della Serbia – metteva il veto a ogni risoluzione di usare la forza. Clinton si era allora rivolto alla Nato.
I paralleli con la Siria sono evidenti. Anche in questo, dopo molte esitazioni, un presidente americano sembra voler usare la forza ma senza avere il permesso delle Nazioni Unite a causa del veto della Russia e della Cina.
In questi ultimi tempi le pressioni su Obama affinchè agisca si sono intensificate man mano che si accumulano le prove che le forze di al Assad hanno sferrato attacchi con armi chimiche, facendo oltre un migliaio di vittime civili.
A chi si può rivolgere Obama per ottenere la legittimità di un’alleanza multinazionale? La possibilità della Nato si profila, questa volta forse con l’intervento della Turchia, membro più orientale dell’Alleanza, i cui dirigenti sono molto preoccupati dal numero di vittime e dall’instabilità della vicina Siria.
Per aiutare gli albanesi Clinton non voleva forze terrestri e per questo la battaglia del Kosovo – che durò 78 giorni – fu unicamente aerea, con l’impiego di oltre 1’000 aerei della Nato.
Alla fine il presidente americano vinse. Gli obiettivi strategici (raggiunti) erano la fine dei combattimenti, forzare Milosevic a ritirare il suo esercito, fare nuovamente del Kosovo un’enclave albanese autonoma e lasciare le truppe della Nato, 30’000 soldati, sul terreno per mantenere la pace.
Immaginiamo che Obama decida che la Nato sia l’elemento chiave per una campagna aerea in Siria e che un numero sufficiente di suoi membri accetti di entrare nel gioco. Quali sarebbero gli obiettivi?
Barack Obama ha la tendenza a evitare di usare le armi. Quando si rende conto che l’intervento armato è inevitabile non fissa grandi obiettivi e esige che le nazioni alleate si uniscano agli Stati Uniti, che magari prendano la guida delle operazioni, soprattutto se i loro interessi nel conflitto oltrepassano gli interessi americani.
Se in Siria Obama farà ricorso alla forza, lo farà perché avrà avuto la prova che il regime di al Assad ha ucciso civili con armi chimiche.
In questo caso la sua decisione verrà guidata da due considerazioni.
Innanzitutto, ha tracciato una linea rossa al riguardo, pubblicamente e almeno in cinque occasioni e non agire, soprattutto dopo le ultime rivelazioni, manderebbe segnali preoccupanti sulla credibilità degli Stati Uniti.
Poi vi è la questione delle norme internazionali. Se Obama non reagisse, annienterebbe il tabù che la comunità internazionale ha messo sulle armi chimiche dalla fine della Prima guerra mondiale.
Di conseguenza l’obiettivo principale di una guerra aerea contro la Siria si limiterebbe apparentemente a dissuadere o a impedire al regime di al Assad di usare di nuovo armi chimiche.
Ora, i generali e altri responsabili militari americani diranno probabilmente a Obama che non possono fare molto per compiere questa missione. Non sapendo dove si trova il deposito delle armi chimiche del regime, non sono in grado di distruggerlo.
Per contro, una guerra aerea volta a distruggere, o a indebolire, il regime del presidente siriano al Assad sarebbe un obiettivo ben più realista.
Se il regime siriano venisse rovesciato, nessuna delle molte fazioni ribelli sarebbe in grado di colmare il vuoto. Se una di queste fazioni salisse al potere, nessuna probabilmente promuoverebbe gli interessi americani. Da parte americana vi è dunque scetticismo all’idea di prendere le parti dei ribelli, o eventualmente di mandare loro più armi.
Anche se la situazione è preoccupante, Obama deve riflettere su come agire soprattutto dal punto di vista dell’interesse americano.
(Slate.com)