Il nostro portale continua nel suo impegno di animare il dibattito sulla fondamentale votazione del 22 settembre, ormai prossima. Si esprime oggi su Ticinolive un alto magistrato (che non è un alto ufficiale!), il Presidente del Tribunale d’Appello avv. Werner Walser. Le sue argomentazioni sono realistiche, ponderate, giuridiche. Certamente di gran peso. Ma non tutti saranno per questo d’accordo, come noi stessi abbiamo dimostrato ospitando contributi di Lepori, Stojanovic, Ay…

Un’intervista del professor Francesco De Maria.


Francesco De Maria   Lei è ufficiale?

Werner Walser   Sono sott’ufficiale, con il grado di sergente, con all’attivo oltre 500 giorni di servizio, e almeno altrettanti giorni prestati nell’ambito dell’attività fuori del servizio.

Ci parli del suo servizio militare, come esperienza umana e psicologica.

WW   È stata un’esperienza intensa e importante per me . All’inizio, un anno di servizio nella svizzera romanda  mi ha permesso di arricchire il mio bagaglio culturale e conoscere una parte del mio paese che mi era per lo più sconosciuta, migliorando pure in modo importante le mie conoscenze linguistiche. In seguito ho potuto rendermi conto che, alla fin fine,  l’esercito di milizia è, comunque sia, per certi versi anche democratico, dove ciascuno deve fare la sua parte, dal manovale al medico e al direttore di banca.

Il servizio mi ha permesso anche una crescita personale. Sono stato talvolta confrontato con situazioni sembravano oltre le mie forze e mi sono reso conto che in questi casi positività e tenacia permettono fare cose che sembravano impossibili. Questo ha certo contribuito a migliorare la fiducia in me stesso. Ho poi preso coscienza della responsabilità del singolo nei confronti della comunità.

L’esercito di milizia, mi ha detto un autorevole amico, è l’ultimo elemento di coesione nazionale che rimane alla Svizzera. Condivide questa opinione? Oppure le pare un’esagerazione?

WW   Ritengo che, per le esperienze vissute durante il servizio, contribuisca in modo importante alla coesione nazionale. Forse non è l’unico, ma certamente è quello di gran lunga più importante per il numero di persone che vi sono coinvolte e per l’eterogeneità della loro provenienza, che ne fanno un’occasione unica per confrontarsi con uno spaccato della nostra società.

Il mondo è pieno di pericolosa violenza, e non così lontana da noi: penso all’Africa settentrionale, al Vicino Oriente. Come mai le trombe pacifiste continuano a risuonare, direi contro l’evidenza?

WW   Quando il pacifismo è inteso quale rifiuto della guerra e l’esercito quale strumento bellico, la tentazione concludere che senza esercito non c’è guerra è indubbiamente accattivante. Purtroppo, proprio perché la pace è una bella cosa, qualcuno che te la vuole togliere lo trovi, come succede per tutte le cose belle. Essa quindi dev’essere difesa.

Alcuni argomentano così: “La violenza nel mondo è incombente (quando non deflagrante) e il Paese va certamente protetto. Ma NON con questi mezzi, che sono inefficaci. Ci vuole altro”. Un discorso vago e capzioso… ma bisogna rispondere!

WW   A tutt’oggi, a parte fumosi discorsi, nessuno è stato a oggi in grado di indicare una valida alternativa all’esercito, in particolare altri mezzi efficaci per la difesa.

L’esercito di milizia, al fine di proteggere il territorio e la sua popolazione, è efficace?  Per la Svizzera è questa, dimostrabilmente, la soluzione migliore?

WW   Uno dei compiti di uno stato democratico è garantire la propria indipendenza, di difendersi da attacchi alla sicurezza interna e di difendere le istituzioni. Considero l’esercito non quale strumento di limitazione della libertà, bensì quale strumento per la partecipazione alla sicurezza della Stato. Come concepito, ritengo che il nostro sistema di milizia sia un buon garante della lealtà dell’esercito alle istituzioni. L’abolizione dell’obbligo di prestare servizio militare avrebbe quale conseguenza una deresponsabilizzazione dell’individuo nei confronti della comunità

Il sistema di milizia permette all’esercito di avvalersi delle competenze ch’essi hanno acquisito nella vita civile e che vengono costantemente aggiornate nel contesto professionale. Questo permetto un notevole risparmio di costi. Inoltre, assolta la scuola reclute, il milite presta servizio per 3 o 4 settimane all’anno, e per il resto continua a essere integrato nella realtà civile, ciò che non è il caso un esercito professionista.

Secondo lei un esercito di puri volontari in Svizzera quale dimensione avrebbe?

WW   È difficile fare una previsione. Di per sé l’esercito di milizia è ben radicato nel paese. La convinzione della necessità di avere un esercito non è però sempre motivazione sufficiente per sacrificare volontariamente tempo per il servizio militare. Un sondaggio recente ha dato quale esito che vi sarebbero circa 2000 giovani all’anno che presterebbero servizio volontario. Vediamo pure che le donne, il cui arruolamento è volontario, sono circa un centinaio all’anno. Un numero quindi largamente insufficiente. Sarebbero quindi necessari importanti incentivi finanziari per avere sufficienti militi, che a questo punto però non sarebbero più volontari ma professionisti.

Perché non dobbiamo necessariamente copiare dagli altri paesi? (come siamo troppo spesso invitati a fare)

WW   Ogni paese deve trovare le soluzioni adatte a risolvere i propri problemi tenuto conto del contesto specifico. Confrontarsi con le soluzioni adottate da altri può certo essere positivo, ma prima di adottarle sono da esaminate bene le condizioni di base, per individuare le similitudini ma in particolare le differenze specifiche. La Svizzera è un paese con una situazione particolare, per la sua multiculturalità e per la sua situazione geografica, e già questo la rende differente dalla maggior parte degli altri paesi, differenza che non può essere ignorata. Non dobbiamo poi perdere di vista che il nostro Stato funziona egregiamente – e questo ci è spesso invidiato da altri -, ciò che significa anche che c’è un buon equilibrio che rischiamo di mettere a repentaglio con soluzioni importate che poco si inseriscono nella nostra cultura e nella nostra realtà.

Prima di lasciarsi trasportare da facili entusiasmi è poi importante verificare se dove già sono state adottate le soluzioni funzionino. Ricordo in proposito la recente introduzione delle pene pecuniarie nel codice penale svizzero, di fatto scopiazzate dai paesi che ci circondano quando in quei medesimi paesi già si erano levate critiche negative, che abbiamo ritenuto di poter ignorare, tanto che oggi è già in atto anche da noi un ripensamento.

Per quanto riguarda l’esercito di volontari, che dovrebbe essere l’alternativa a quello di milizia, rilevo che laddove è stato introdotto vi sono enormi problemi nel reclutamento e si ricorre sovente a soluzioni perlomeno dubbie e pericolose dal profilo istituzionale e morale (delinquenti arruolati nell’esercito e mercenari). E quando viene citato l’esempio della Germania, si omette di dire che essa non ha abolito l’obbligo di leva, ma lo ha solo temporaneamente sospeso.

Il col. Annovazzi, da me intervistato, mi ha detto “La votazione non si risolverà in uno scontro tra destra e sinistra” Ma io in verità vedo gli avversari dell’esercito a sinistra, e i suoi sostenitori a destra… Forse penso più ai politici e agli attivisti, che non ai semplici cittadini.

WW   Ho l’impressione che sul tema specifico l’opinione dei politici dell’area di sinistra non coincida con quella della base. Esaminando il voto in parlamento rilevo un evidente scontro tra destra e sinistra, con i partiti che hanno votato in modo estremamente compatto. I cittadini mi sembrano invece schierati in modo meno compatto,, meno schierati ideologicamente e più aderenti alla realtà.

Se dessimo per scontato il rigetto dell’iniziativa da parte degli elettori PLR, PPD e UDC, l’esercito non rischierebbe gran che. Eppure non sono in pochi a definirla “insidiosa”.

WW   Gli inziativisti chiedono di abolire l’obbligo di prestare servizio militare e negano di voler abolire l’esercito, che però vorrebbero formato da soli volontari. Se non che, l’alternativa che essi propongono è inattuabile perché non vi sarebbero volontari a sufficienza. Inoltre, la norma transitoria che accompagna la modifica costituzionale prevede 5 anni di tempo per promulgare le leggi necessarie per la riforma dell’esercito. L’obbligo di prestare servizio verrebbe invece a cadere immediatamente con l’accoglimento dell’iniziativa. Questo causerebbe l’immediato azzeramento dell’esercito perché non vi sarebbe più una base legale per far svolgere il servizio, né quello militare, né quello civile, se non ai volontari. Di fatto, con l’abolizione dell’obbligo di servizio si abolirebbe immediatamente anche l’esercito.

Secondo lei si potranno trovare politici socialdemocratici, o verdi, disposti a combattere l’iniziativa?

WW   È difficile a dirsi. È però certo che non tutti i politici verdi o socialdemocratici la sostengono.

Quale argomento degli iniziativisti, secondo lei, è in grado di raccogliere più voti?

WW   Argomenti legati al risparmio, perché si fa credere che abolendo l’obbligo di leva si libererebbero mezzi finanziari per altri settori, in particolare per la socialità. In realtà, i costi di un esercito alternativo che sia in grado di assolvere i propri compiti sarebbe più costoso di quello attuale.

Supponiamo (io non ci credo però) che l’iniziativa vinca. Quali passi obbligati dovranno allora  intraprendere Governo e Parlamento? E in quali tempi?

WW   La norma transitoria proposta dagli iniziativisti prevede un termine di 5 anni ridisegnare l’esercito sul principio del servizio volontario e promulgare le leggi necessarie. Entro questo termine il Consiglio Federale dovrà quindi proporre una nuova organizzazione e le leggi che la regolano e il parlamento dovrà approvarle. Qualora ciò non avvenisse, sarà il Consiglio federale medesimo a dover promulgare le normative del caso.

Di fatto, sarà necessario adottare misure immediate perché, come detto, l’abolizione dell’obbligo di servire sarebbe immediata, e da subito vi saranno solo i volontari a disposizione, sia per la scuola reclute, sia per i corsi di ripetizione, ma anche per il servizio civile. Da subito quindi niente più difesa, niente più servizio d’appoggio alle autorità civili e niente più interventi in caso di catastrofe. Dovranno quindi essere creare con urgenza strutture sostitutive con le quali far fronte a eventuali necessità, cosa per nulla semplice in mancanza di sufficienti basi legali.

Sarà poi da valutare cosa fare di tutto il personale attualmente attivo nell’istruzione e nella logistica, che non potranno ovviamente attendere anni per conoscere il loro destino.

Con il difficile momento economico che stiamo vivendo, dove i vari paesi, in difficoltà a far quadrare i conti hanno adottato metodi che in realtà hanno più il sapore dell’estorsione e dell’olio di ricino che di vere trattative, dove un ministro ci ha definiti indiani da minacciare con la cavalleria e un altro ha detto che sarebbe da intervenire in svizzera con l’esercito (e questi sono i paesi “amici”) ci troveremmo ancora a dover elemosinare aiuto da questi medesimi paesi, e piegarci così ancor di più ai capricci dell’Europa.

L’obbligo di leva può essere considerato contrario a un principio di libertà? E discriminante rispetto al sesso?

WW   Definire il concetto di libertà non è semplice. Se per libertà intendiamo autonomia, nel senso che l’individuo obbedisce ad una legge che egli stesso liberamente si è dato, l’obbligo di leva non è contrario al principio di libertà. E, comunque, quest’obbligo è stato istituito proprio per potersi dotare dei mezzi necessari per difendere la libertà. Ricordo qui il motto impresso sul tallero coniato in occasione del tiro federale svoltosi a Lugano nel 1883:

“Libertade inerme è de’ tiranni agevol preda”

Non vi è neppure discriminazione per il sesso. Il concetto di uguaglianza non è infatti assoluto, ma deve tener conto anche di eventuali differenze specifiche. Così, il legislatore ha ritenuto che a dipendenza delle differenze biologiche e fisiologiche le donne sono mediamente meno adatte al servizio militare rispetto alla media degli uomini, e non ha quindi previsto per le prime l’obbligo di prestare servizio militare, che per esse è volontario. La convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU) lascia ai singoli stati la facoltà di adottare le misure necessarie per garantire la sicurezza interna ed esterna, e anche la Corte europea ha ritenuto che la decisione di non prevedere l’obbligo di leva per le donne è stata ritenuta conforme alla CEDU.

Noi svizzeri siamo gli eredi di Guglielmo Tell, infallibile tiratore. Lei è attivo quale tiratore sportivo (anche sua moglie, così ho sentito!) Ci parli di questa sua esperienza. Il tiro per lei è una passione? Come lo “vive”?

WW   È una passione che coltivo da quando, dopo aver fatto esperienze con altri sport, ho cominciato a interessarmi del tiro. Nello sport individuale mi sono trovato più a mio agio che negli sport di squadra. Lo sport è emozione. Colpire il centro del bersaglio è un’emozione come fare canestro nel Basket, o andare a rete nel calcio o nel disco su ghiaccio. A differenza di questi sport non hai però avversari che tentano di impedirti di far centro: sei tu, solo con se stesso, a dover decidere se è il momento buono per lasciar partire il colpo.

Il tiro ha anche una importante componente storica – risalente a prima che esistessero le armi da fuoco – perché è intimamente legato alla volontà di difesa dei cittadini che erano chiamati a formare le milizie locali quando ancora non c’era un esercito federale. Da sempre i tiratori elvetici si sono battuti per libertà e democrazia. Con il passare del tempo si è poi passati dalle necessità della difesa a un’attività più orientata allo sport, mantenendo comunque stretti legami con l’esercito, con la possibilità di praticare l’attività anche con le armi militari, ciò che permette evidenti sinergie. Tradizione tipicamente svizzera, è ancor oggi riconosciuta e ammirata anche all’estero. Si narra che nel 1912, quando il Kaiser Guglielmo II di Prussia visitò le truppe svizzere in occasione delle manovre di corpo d’armata che si svolgevano nella svizzera orientale, si rivolse a un soldato svizzero in questi termini: … ma se 100’000 di voi tiratori svizzeri vi trovaste di fronte a 200’000 soldati prussiani, cosa fareste? La risposta arrivò come una schioppettata: “spareremmo due volte”. .

Il soldato svizzero custodisce in casa la sua arma di servizio. Questa pratica è stata spesso criticata e bollata come pericolosa. Alcuni vorrebbero abolirla. Lei la ritiene corretta e sicura?

WW   Il nostro esercito è lo strumento attraverso il quale il cittadino partecipa alla sicurezza del paese. Il cittadino-soldato ha a casa l’equipaggiamento militare completo, e l’arma ne fa parte. È un atto di fiducia dello Stato nei confronti del cittadino. Dalla nascita dell’esercito federale il soldato conserva l’arma a casa e la può tenere alla fine del servizio (oggi con le dovute modifiche che non permettono di usarla quale arma automatica). Il fatto che vi siano stati degli episodi in cui di queste armi è stato fatto un uso improprio non è un motivo per cambiare il sistema che tutto sommato ha dato buona prova di sé. L’esercito ha in effetti saputo adottare i correttivi necessari. Neppure mi risulta che gli abusi siano aumentati. Purtroppo anche il caso più insignificante viene regolarmente gonfiato in modo incredibile dai media. A tutt’oggi l’uso improprio rimane a livello fisiologico, non epidemico. Ciò senza che sia necessario confrontare la situazione svizzera con quello che succede in paesi a noi vicini dove nonostante leggi severissime gli episodi criminosi sono ben più frequenti.

La domanda finale poteva ben essere quella iniziale, poiché la risposta ad essa determinerà l’esito della votazione. Quanto è buona (o non buona) l’immagine dell’esercito agli occhi del cittadino svizzero?

WW   Di certo migliore dia quanto si potrebbe essere portati a credere dalla campagna degli iniziativisti che lo vuole abolire. In nessun settore esiste la perfezione, neppure nell’esercito. Ci sono, e ci saranno sempre, episodi poco edificanti, ma le esperienze positive prevalgono nettamente su quelle negative, anche perché, in particolare in questi ultimi anni l’esercito ha saputo imparare dagli errori del passato e apportare i dovuti correttivi. Per il resto rinvio all’esito di una recente votazione popolare dove è stata confermata la fiducia nel cittadino soldato e quindi nell’esercito, decidendo di continuare a consegnare l’arma personale al soldato, da conservare al proprio domicilio.

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