Il sostegno russo al presidente siriano Bashar al Assad è motivato innanzitutto da considerazione geopolitiche, ma anche economiche, storiche e religiose.

Alla vigilia del voto del Congresso americano sull’intervento militare in Siria, la Russia aveva nuovamente martellato il suo sostegno al regime di Damasco, a margine della riunione del G20 che si è concluso settimana scorsa a San Pietroburgo.
Il presidente russo Putin ha reiterato il suo no a un’offensiva senza mandato delle Nazioni Unite, facendo stato, in parallelo, di un’opinione secondo la quale i video dei bambini uccisi dai bombardamenti chimici sarebbero stati realizzati da terroristi legati a al Qaeda.
Dichiarazioni che si iscrivono nel quadro di un sostegno indefesso da parte della Russia al regime siriano dall’inizio della crisi (marzo 2011), segnato in particolare dall’uso, a tre riprese, del diritto di veto di Mosca per bloccare i progetti di risoluzione atti a condannare il regime di Bashar al Assad, in un momento dove taluni osservatori prevedevano un riavvicinamento russo-americano in extremis sul dossier siriano.

Cosa spiega questa intransigenza russa nel dossier siriano? Perchè Mosca rifiuta qualsiasi concessione, accettando di assumere tutti i rischi legati alla sua posizione?

Motivi geopolitici
Secondo Thomas Gomart, ricercatore presso l’istituto francese delle relazioni internazionali, le considerazioni sono essenzialmente geopolitiche : “Alla Russia interessa la stabilità del Medio Oriente, ma Mosca vuole anche approfittare di questa fase per sottolineare l’incoerenza occidentale.”
La Russia “teme un’avanzata islamista e la formazione di un fronte panislamico, che si estenderebbe dal Caucaso alle frontiere orientali della Comunità degli Stati indipendenti e dell’Asia centrale.”
In questo ambito, la caduta del regime di Bashar al Assad sarebbe sinonimo di un’avanzata dell’islamismo e di attacchi terroristici, sottolinea Gomart.
Nel suo sostegno al regime siriano, la Russia cerca anche di contrastare Qatar e Arabia Saudita, che sospetta di finanziare i campi di formazione islamisti in Cecenia e di essere dunque all’origine della fragilità della pace fra il Cremlino e la repubblica nord-caucasica a predominanza islamica.

Interessi economici
Negli ultimi anni le relazioni fra Russia e Iran hanno visto la firma di diversi accordi bilaterali nel settore spaziale, in quello dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni. Scambi commerciali del valore di 3.5 miliardi di dollari annui.
Mosca è anche l’unico partner dell’Iran nel nucleare civile : la Russia ha contribuito alla costruzione della centrale nucleare di Bushehr e starebbe per firmare un accordo per la costruzione di una seconda centrale.
L’indebolimento dell’Iran attraverso un’azione militare contro la Siria avrebbe ripercussioni serie per gli interessi della Russia.
Per Mosca la caduta del regime siriano si tradurrebbe in perdite sul piano economico. Negli anni 2006-2010, la Russia ha fornito alla Siria il 48% delle esportazioni di armi.
Sul piano energetico, nel 2009 la società russa Stroytransgaz ha lanciato il progetto della costruzione di una fabbrica di lavorazione del gas situata vicino a Homs, che dovrebbe coprire il 50% del fabbisogno di gas della Siria.
Il primo produttore di petrolio russo, Lukoil, ha realizzato in Siria numerosi investimenti.

Legami storici e difesa dei cristiani
Altri fattori potrebbero giustificare la posizione attuale di Putin, che si iscriverebbe nella continuità di strette relazioni il cui epicentro è l’epoca sovietica.
I legami fra Damasco e Mosca si sono indeboliti con lo smantellamento dell’URSS e la ridefinizione da parte dell’autorità centrale russa dei contorni della sua politica medio orientale all’inizio degli anni 1990.
Negli anni della Guerra fredda, dove il Medio Oriente occupava un posto predominante nel braccio di ferro tra blocco occidentale e campo sovietico, la Siria era considerata un alleato strategico, in particolare dopo che l’Egitto era passato dalla parte occidentale, all’indomani della firma degli accordi di Camp David, nel 1979.
Su un altro piano, la maggioranza dei circa 2 milioni di cristiani siriani sono ortodossi e mantengono stretti legami con la Chiesa russa. Di fronte all’avanzata dell’islamismo, la Russia, che riannoda timidamente con il suo lungo passato di potenza cristiana, cerca di imporsi di nuovo come protettrice dei cristiani d’Oriente.
Ma va detto che attraverso la crisi siriana la Russia cerca soprattutto di tener testa agli Stati Uniti, 23 anni dopo la fine della Guerra fredda e la caduta dell’Unione sovietica e a riaffermare la sua posizione di attore importante sulla scacchiera internazionale.
Non senza rischio. Nel mondo arabo Mosca ha largamente perso in termini di popolarità dall’inizio delle rivoluzioni e assiste quasi impotente alle mutazioni socio-politiche che modellano la regione dalla guerra in Irak del 2003.

(Slate.fr)