Breve riflessione di mezza Legislatura


Sono già passati due anni e mezzo. L’autunno politico 2012 aveva dato vita ad un dibattito particolarmente acceso, a tratti caotico, sui conti preventivi dello Stato, tanto che il documento governativo rischiò fino all’ultimo di essere rigettato al mittente. L’impegno del gruppo PPD per riuscire a trovare una via risolutiva fu enorme ed estenuante e sfociò, a due minuti a mezzanotte, nella così detta road map. Questo decreto legislativo dal nome bruttissimo, ideato da noi e sottoscritto dai due terzi del Parlamento, non è nient’altro che un elenco abbastanza dettagliato di lavori da eseguire affinché si giunga in tempi celeri a definire le modalità di risanamento delle finanze, con un programma da implementare nei prossimi 4 o 5 anni.

In pratica era stato concordato che entro l’autunno avremmo dovuto discutere, approvare o rigettare, una serie di misure strutturali e risolutive, da realizzare quindi nei prossimi anni, atte soprattutto a stabilizzare i conti oltre che ad attualizzare alcuni ambiti pubblici. Il Governo ricevette dal Parlamento un mandato preciso, con tanto di tempistiche e modalità operative, con l’invito a prender molto seriamente la questione, ribadita peraltro da molti durante il dibattito in Gran Consiglio.

Che la road map non avrebbe avuto vita facile lo si capì sin dall’inizio; innanzitutto quando il consiglio di Stato ritardò di alcuni mesi il suo ritiro in “clausura”, ma anche leggendo alcune dichiarazioni puerili, naturalmente a preventivo votato e quindi momentaneamente “al sicuro”, in cui si diceva che tanto l’esercizio della road map era già tutto previsto, anche senza il diktat parlamentare.

A prescindere da queste constatazioni tutto sommato marginali, a questo punto di metà Legislatura, a dover preoccupare maggiormente non è tanto, o solo, l’attuale situazione di risanamento finanziario, ma ancor prima la mancanza di una vera guida politica, di un autentico traino nel Paese, in particolare da parte di chi detiene la maggioranza ed è quindi stato premiato dal popolo, che gli ha dato in mano le redini del Cantone.

L’impressione che si ha, guardando dal di fuori come dal di dentro, è che nessuno comanda, nessuno più detta le regole del gioco, nessuno ha quell’autorevolezza che sappia infondere la dovuta fiducia. La conseguenza logica è un Governo di solisti, più o meno bravi, più o meno seri, a seconda del momento e da come si osserva, così come un Parlamento ondivago, che naviga senza una vera direzione, in balia di quel che indica il vento. Una situazione imbarazzante per tutti, soprattutto per quei politici che vogliono impegnarsi e credono ancora nel proprio importante ruolo, che alla lunga demotiva, soprattutto i più giovani.

Lo stato non soddisfacente in cui si trova la road map, che per il momento mi delude parecchio, non è che lo specchio di questa realtà, a cui tutti partecipano più o meno attivamente e nel contempo ne sono anche un po’ vittima. Infatti, non potremmo additare uno o due colpevoli, anche se qualcuno, di questa situazione, se ne approfitta e ci sguazza in modo irresponsabile, forse con l’illusione che sarà il tempo ad aggiustare le cose. Se non colpevoli, ci sono comunque tanti inconsapevoli ma anche, in alcuni casi, autentici menefreghisti. Credo di si, di poterlo dire. Chi appartiene a quest’ultima categoria, in cuor suo lo sa da che parte sta e, proprio perché abdica consapevolmente al proprio ruolo, detiene le responsabilità maggiori.

Se all’interno dei partiti, ognuno nel proprio ambito e secondo il proprio ruolo, non si inizierà seriamente a fare qualche riflessione e ad imporsi una linea chiara, non ce ne tireremo fuori tanto facilmente. Ma per trovare soluzioni, per opporre dei rimedi validi, occorre per prima cosa sapersi anche mettere in discussione e rivedere le proprie tesi. Cosa che, dobbiamo ammetterlo, fino ad oggi non abbiamo saputo o voluto fare in modo adeguato.

Fiorenzo Dadò, capogruppo PPD in Gran Consiglio