INTERROGAZIONE PARLAMENTARE


Il traffico di merci tra la Svizzera e l’Italia è soggetto alle stesse regole come l’accordo sui trasporti terrestri (ATT; SR 0.740.42). Mentre il transito, le corse a vuoto e il grande cabotaggio, secondo l’accordo sui trasporti terrestri, sono liberalizzati, non è lecito con un camion immatricolato in Italia (o viceversa con un camion svizzero in Italia) eseguire trasporti interni. Ci sono trasportatori italiani che, secondo la lettera di vettura CMR, devono trasportare la merce dall’Italia al loro cliente svizzero (consegnatario), però questa merce non viene solo (o per niente) scaricata al luogo di destinazione specificato nella lettera di vettura CMR, ma in aggiunta viene assicurata una distribuzione capillare.

Tale pratica si manifesta ampiamente durante la fornitura di carburante nel Canton Ticino, dove il trasportatore italiano su istruzione del suo cliente/consegnatario rifornisce direttamente le stazioni di servizio. Secondo l’amministrazione federale delle dogane non c’è nulla da ridire, a condizione che la merce non è scaricata in precedenza in Svizzera e in seguito ricaricata da un veicolo straniero e trasportata all’interno della Svizzera. Per contro, le autorità italiane stimano tali trasporti effettuati allo stesso modo in Italia come trasporti interni vietati. Di conseguenza l’Italia non applica la reciprocità violandone il principio.

Un’altra disparità di trattamento si constata nella formazione sulle merci pericolose. I camionisti italiani che frequentano un corso di formazione ADR in Svizzera ricevono una certificazione ADR svizzera che deve essere riconosciuta dall’accordo europeo relativo al trasporto internazionale di merci pericolose su strada (ADR; SR 0.741.621) da tutti i 48 stati ADR . Durante i controlli stradali in Italia accade ripetutamente che le certificazioni ADR svizzere non sono riconosciute dalle autorità. Viene anzi richiesto che i camionisti italiani debbano compiere la formazione di merci pericolose in Italia. Ancora una volta, l’Italia non applica la reciprocità e ne viola il principio.

Chiedo pertanto al Consiglio federale:

È al corrente che l’Italia sta violando l’applicazione giuridica di trattati internazionali e per questo le aziende svizzere soffrono degli svantaggi competitivi? Come vuole affrontare la situazione e imporre un’applicazione contrattuale di funzionamento?

Pierre Rusconi, consigliere nazionale UDC TI