L’uranio proveniente da 20’000 testate nucleari dell’arsenale bellico dell’ex Unione Sovietica viene usato per generare l’energia nucleare degli Stati Uniti. Lo ha confermato mercoledì alle Nazioni Unite un’alta responsabile americana.
Tuttavia, l’accordo che permetteva di usare l’uranio russo per illuminare e riscaldare milioni di case americane giunge a termine, in quanto la Russia ritiene che Washington si stia rifornendo a costi troppo bassi.
Rose Gottemoeller, sotto-segretaria americana per il controllo degli armamenti, ha spiegato alla Commissione delle Nazioni Unite sul disarmo che questo accordo risale a un trattato del 1993, a suo dire un successo in termini di non proliferazione delle armi nucleari.
L’ultima consegna di uranio acquistato dagli Stati Uniti alla Russia dovrebbe lasciare San Pietroburgo in novembre, ha precisato Gottemoeller.
I due paesi cercano di sbarazzarsi delle testate nucleari obsolete attraverso l’accordo di riduzione degli armamenti strategici (START) del 1991.
L’uranio di qualità militare viene spedito negli Stati Uniti, trasformato in combustibile nucleare e usato da quasi tutte le centrali nucleari americane per generare la metà dell’energia nucleare del paese.
In questo modo sono state eliminate circa 20’000 testate nucleari russe.
Gli Stati Uniti hanno cercato di prolungare l’accordo con Mosca, ma la Russia ha rifiutato, considerandolo poco vantaggioso in termini economici.
Sino a oggi, per l’uranio russo Washington ha pagato circa 8 miliardi di dollari, secondo l’SEC – United States Enrichment Corporation, l’organismo di governo che fornisce combustibile alle centrali nucleari americane.
L’USEC e il Consorzio russo Technsabexport hanno firmato un nuovo accordo per la fornitura di combustibile sulla base dei prezzi di mercato, ma il nuovo contratto fornirà solo la metà di quello che permetteva di ottenere l’accordo precedente e si tratterà di combustibile civile e non di uranio proveniente da testate nucleari.