Il maître à penser della destra Tito Tettamanti pensa che questa iniziativa sia una minaccia per la Svizzera e per la sua econonomia. A Gianfranco Soldati, grande uomo di destra ma eterno enfant terribile (si fa per dire) l’iniziativa invece piace. Chi ha ragione? Ah, questo  non lo deciderò io! (fdm)


Naturalmente, prima di votare una iniziativa come quella dei giovani socialisti bisogna riflettere bene, e ancora di più quando si è convinti, come lo sono io, che il socialismo, al quale non posso negare grandi meriti storici, è degenerato, anche grazie alla deriva social-borghese-burocratica, nel cancro che sta distruggendo la civiltà europea con l’aiuto interessato degli amici americani. Loro (coloro che più saranno colpiti dalle conseguenze dell’accettazione popolare dell’iniziativa, quelli degli onorari stramilionari)) sostengono convintissimi che sarà la fine della prosperità del paese, fermamente persuasi come sono che questo benessere è esclusivo merito proprio.

Per  “la di loro sorte” non mi faccio la minima preoccupazione, anche se penso che nessuno accetterà di continuare il lavoro alle nuove condizioni. Le possibilità sono due: o diventano disoccupati, e allora il generosissimo stato sociale elvetico non avrà problemi a riconoscere loro l’indennità di disoccupazione al 70% dell’ultimo salario annuo e plurimilionario percepito, oppure, essendo dotati di un “talento” fenomenale come quello che secondo Glencore richiedeva gli onorari faraonici, si metteranno in proprio ….! E buon per loro. Un paio, o una dozzina, faranno la fine dei Madoff e dei Tanzi, altri avranno successo nella nuova attività. Tutti potrebbero, volendo, accontentarsi del fieno già messo in cascina, magari anche dedicandosi per qualche ora al mese ad opere di bene o iscrivendosi come volontari benevoli al corpo dei pompieri di montagna.

Un problema gravissimo lo avrebbero i consiglieri di amministrazione delle aziende gigantesche e multinazionali che, per giustificare le proprie sontuose prebende, distribuivano salari plurimilionari ai loro Ceo (direttori generali) e subalterni sugli scalini alti: dove andare a scovare “talenti” adeguati alla conduzione di aziende colossali come quelle che consigliano amministrandole? Penso di poterli tranquillizzare: nella massa di laureati con decennale esperienza professionale di cui ho detto nel precedente articolo, di talenti ce ne sono a bizzeffe: sono come i funghi, basta trovarli e permettere loro di “formarsi” con un’adeguata carriera nell’azienda o presso concorrenti.

Un’altra possibilità sarebbe quella di elevare il salario minimo dell’impresa a livelli tali da permettere ancora gli stipendi milionari, se non proprio quelli plurimilionari. Questa seconda possibilità avrebbe anche un vantaggio decisivo. Attirerebbe come il formaggio attira le mosche i candidati al primo impiego più dotati, in una concorrenza spietata per accaparrarsi l’impiego. Dopo pochi anni l’azienda che, grazie alla saggezza del suo consiglio di amministrazione, avesse scelto questa via, traboccherebbe di così tanti talenti da poter rifornire la “Glencore” e l’impresa orologiera dei fratelli Hayek messe assieme.

Il CdT ha dedicato  tempo fa un articolo agli stipendi milionari. I 7 Ceo svizzeri plurimilionari  che figurano nell’indice Euro Stoxx 50 guadagnamo in media parecchio più dei loro colleghi europei: 7,7 mio di euro (9,49 mio di franchi) contro 5,7 mio, sempre di euro.

Martin Winterkom, Ceo VW, è  il più pagato, nel 2012 ha incassato 12,82 mio di euro. Di lui ho scritto in uno dei due articoli che a suo tempo avevo dedicato all’iniziativa Minder, sostenendola. Nel 2011 Winterkom aveva uno stipendio di 17,5 mio. Il risultato del voto svizzero suscitò grande scalpore in Germania, e non poco timore in certi ambienti. Per il 2012 il CdA VW decise la riduzione a 14 mio, che per finire sono diventati solo (si fa per dire) 12,82 mio. Chi avrebbe mai immaginato che l’iniziativa di un modesto fabbricante sciaffusano di spazzolini  dentali potesse avere simili effetti fino al vertice della più grande e ricca industria automobilistica europea?

Il capolista Winterkom è seguito a ruota da David Dudley, Ceo British Petroleum, con 11,98 mio (tutte queste cifre sono in euro). Terzo Carlos Brito, ingegnere brasiliano 53enne, fondatore di Anheuser-Busch, diventata in pochi anni la più grande birreria mondiale, quarto Severin Schwan,  Ceo della casa farmaceutica Roche, con 11,53 mio, quinto Josef Jimenez, Novartis, con 10,73 mio. Nei primi 10 troviamo ancora il belga Paul Bulcke, della Nestlé, successore dell’austriaco Peter Brabeck..

Come si vede, Ceo di tutte le nazionalità, a capo di aziende che vengono definite svizzere se hanno sede in Svizzera, francesi in Francia, inglesi in Gran Bretagna e così via, ma in realtà sono  più o meno in mano americana per la maggioranza nell’azionariato. Si salvano solo le aziende che sono riuscite a conservare la maggioranza in ambito familiare, come gli Hayek o gli eredi Hoffmann-La Roche (famiglie Hoffmann e Oeri).

Per i Ceo di queste aziende non dovremo preoccuparci più di tanto. Hanno il talento e il fieno in cascina per sopravvivere con o senza iniziativa 1 a 12. E le loro aziende sopravvivranno con o senza loro, in patria o trasferite all’estero, esattamente come hanno fatto finora secondo le loro (e non nostre) convenienze, guardandosi bene dal chiedere il permesso a chicchessia.

Gianfranco Soldati