Mi sembra giusto dirlo: Sul caso Barra-Gilardi-Lumino’s sto con le argomentazioni scritte dal direttore della Regione Ticino, mentre mi sembrano arzigogolate quelle del supercapo dell’informazione televisiva nostrana. Non penso di fantasticare se affermo che la TSI ha sempre flirtato con personaggi e poteri forti, ripetendo un concetto che accomuna gran parte degli emittenti nazionali nel globo, per cui una bischerata del potente si dà quando proprio non se ne può fare a meno, mentre quella di un pinco pallino qualsiasi si fornisce in tempo quasi reale. Ma lasciamo perdere: “Mala tempora currunt”.

Mi sembra però sbagliato, nel difendere il proprio operato, incaponirsi su quanto si ritiene professionalmente corretto e sorvolare su parzialità evidenti commesse oggi e ieri (per il domani è certo che si stanno già organizzando!). Insomma la critica è sempre costruttiva quando si fa e mai quando si riceve. Ma lasciamo perdere anche questo.

Il lìder màximo dell’informazione televisiva su questo poi è piuttosto recidivo. Vediamo perché.

Un anno e qualche mese fa, quando non aveva ancora in tasca la carica odierna, il nostro gestì in prima persona un programma sul dottor Franco Cavalli, personaggio la cui notorietà va ben oltre i confini di casa nostra. Ebbene, chi invitò in studio per commentare il documentario sul dottore? La signora Mimi Lepori Bonetti, sola soletta, senza alcun contraddittorio se si eccettua quello che poteva fare lui. Ovvio che l’esperienza sociale e carita(s)tevole della signora sia fuori discussione, ma lascia purtroppo non pochi dubbi l’oggettività nel dibattere serenamente la storia di uno che fa del proprio lavoro e della militanza politica una ferrea simbiosi.

Andiamo avanti. Il futuro direttore, durante la trasmissione, volle strafare impantanandosi in territori non suoi quando il discorso cadde su Cuba (vettore importante dell’attività medica di Cavalli) e sul suo attuale capo di stato, Raul Castro; definito “dittatore” assieme al carismatico fratello. Anche qui ognuno è libero di pensarla come vuole, ci mancherebbe, ma sentirlo dire a braccio cose del genere, senza una benché minima disamina, a un’interlocutrice che per grazia ricevuta ritiene l’isola amministrata dal Diavolo, credo sia miseramente inutile perché il tema era l’attività di un dottore ticinese, non di un rivoluzionario cubano.

Mi fermo qui perché non mi piace infierire e perché ritengo i telespettatori tutt’altro che sprovveduti. Qualcuno di loro avrà pensato che tale sfoggio di anticastrismo non richiesto, poteva essere funzionale a cristallizzare alleanze trasversali decisive per ufficializzare la futura promozione. Ad altri invece sarà riaffiorato il ricordo del Canetta comunista romantico che, tornato con la famiglia da Cuba, ammonisce con piglio inquisitore i figli dal dire in giro che all’aeroporto Josè Marti dell’Avana qualche “controrivoluzionario” gli aveva fatto sparire una valigia.

Che volete, solo le montagne stanno ferme, tutto il resto gira e muta. Spesso in peggio.

Carlo Curti, Lugano