Secondo un’indagine, il 67% degli americani ritiene che esistano solide prove di un riscaldamento climatico.

Settimana scorsa, il presidente Barack Obama ha creato un gruppo di lavoro per consigliare il governo di fronte agli effetti del cambiamento climatico.
La formazione di questo gruppo, composto da otto governatori e da dirigenti delle collettività locali, si iscrive nella continuità del piano d’azione per il clima lanciato lo scorso giugno dal presidente americano.

La legge sulla lotta contro il riscaldamento climatico promessa da Obama durante la sua prima campagna elettorale, nel 2008, non ha mai oltrepassato lo scoglio del Congresso, a causa dell’opposizione di deputati repubblicani, ma anche per un’opposizione democratica dagli Stati che traggono gran parte delle loro entrate fiscali dalle energie fossili, come la Virginia (carbone) e la Louisiana (petrolio).
Di conseguenza, Obama ha promesso di agire con un decreto per tentare di ridurre le emissioni del paese, sia stringendo le norme del consumo dei veicoli a motore o l’inquinamento atmosferico derivante dalle industrie.

Barack Obama ha anche ordinato alle agenzie governative di facilitare la preparazione delle autorità locali agli effetti del cambiamento climatico, dai violenti incendi nell’ovest del paese ai cicloni più frequenti sulla costa atlantica e nel Golfo del Messico.
Si tratta soprattutto di aiutare le collettività locali ad aggiornare le loro norme di costruzione, aggiustare il modo in cui vengono gestite le risorse naturali, investire nelle infrastrutture e riparare i danni eventuali.

L’iniziativa di Obama è giunta lo stesso giorno in cui un sondaggio del centro Pew mostra che il 67% degli americani ritiene che esistano prove solide di un riscaldamento del clima.
Però questa cifra nasconde una disparità di opinione fra democratici e repubblicani : l’88% dei democratici crede al riscaldamento, contro il 50% dei repubblicani.
Il 66% dei democratici intervistati ritiene che il riscaldamento climatico sia causato dalle attività dell’uomo, contro il 25% dei repubblicani. Questa percentuale scende al 9% fra gli appartenenti all’ala populista del Tea Party.