(francesco de maria)  Il pezzo che segue è tratto da Opinione Liberale (ma i sottotitoli sono miei) ed è stato subito ripreso da LiberaTV e da Ticinolibero, oltre che da noi. Il duro attacco di Mauro dell’Ambrogio alla Lega, carico di presagi funesti (per loro), merita un supplemento di riflessione e qualche appropriato commento.

Mi sono chiesto: qual è, in sostanza, la tesi dell’articolo? Io direi questa:
— La Lega ora ha le cariche – addirittura possiede la maggioranza relativa nei due gremi chiave, a palazzo delle Orsoline e nel municipio di Lugano – e sarà messa fatalmente alla prova del governare, senza potersi più nascondere. Se falliranno (e dell’Ambrogio è certo che falliranno) allora gli elettori li abbandoneranno.

Oppure, variante:
— Si possono distribuire a piene mani benefici al popolo bisognoso (o meno) senza accentuare la pressione fiscale. Questo è impossibile! (esclama dell’Ambrogio) e la Lega cadrà, schiacciata sotto il peso delle sue contraddizioni.

Un  futuro a tinte rosa quello dipinto dipinto dal battagliero segretario di Stato, dopo quasi 23 anni di calvario. Mi permetto di obiettare, su alcuni punti, all’illustre personalità.

— Il Fondatore e Presidente a vita (alla lettera!) ha fatto per il suo movimento tutto quello che poteva fare. La sua morte fisica, di per sé, non ne implicherà la decadenza. Molto accortamente, almeno per ora, la Lega non si è data un nuovo presidente.

— La Lega, benché detenga numerose e importanti cariche, è vista ancor oggi da molti cittadini come un movimento anti-sistema, avverso al vecchio potere paternalistico, familiare e arrogante, del quale dell’Ambrogio può essere visto (a torto o a ragione) come esponente e portavoce. Dell’Ambrogio sottostima improvvidamente l’avversione (forsanche abilmente attizzata) che la gente ha concepito per il vecchio sistema, visto come esclusivo e clientelare (per non usare l’altra, velenosa ed eccessiva, parola). Questo sentimento non è superato, mi creda, signor alto funzionario.

— La Lega, che gode oggi concretamente di una posizione molto forte, dispone anche di personalità politiche di valore. Ne individuo primariamente tre (ma i nomi non li faccio nemmeno sotto tortura…) Se costoro, avendo in mano quello che hanno in mano, fossero capaci di perdere tutto (o l’essenziale) in breve tempo, sarebbero veramente dei poveracci senza arte né parte. Non lo credo possibile. Oppure (dico un po’ meno) non lo credo probabile.

— Infine (quasi me ne dimenticavo) la Lega continua a godere di un vantaggio immenso: si parla solo di lei! Ciò vale migliaia e migliaia e migliaia di voti.

NOTA. Ticinolive è particolarmente interessato all’opinione del nuovo vertice PLR. Per questa ragione ha sottoposto al presidente Cattaneo una serie di interessanti domande. Non appena giungeranno le relative risposte (delle quali è stata data assicurazione) le pubblicheremo.



FINE DELL’INGANNO del segretario di Stato Mauro dell’Ambrogio (PLR)

La Lega ha costruito il suo successo in Ticino su un inganno permanente, il cui ideatore è morto prima che di­ventasse evidente a tutti. L’in­gan­no consiste nel far credere che si possono ridurre le imposte, aumentare le prestazioni sociali, e che ba­sta ridurre l’apparato dello Stato per quadrare i conti. Con questi ar­gomenti è facile conquistare consensi in un popolo che ha secoli di ritardo nella democrazia diretta ri­spetto ad altre parti della Svizzera (così spiegò onestamente Pietro Martinelli già il successo del PSA, a posteriori)”.

 ”La politica di assunzione dei propri fedeli”

Con iniziative per meno imposte si ra­strellano consensi nei benestanti e in chi diffida dello Sta­to. Nel settore ideologico opposto, e tra i meno benestanti, il consenso si consegue con i referendum contro ogni freno al­l’aumento dei costi della socialità. E contro gli apparati dello Stato, identificati con la politica di assunzione dei propri fedeli da parte dei partiti tradizionali, è fa­cile – per un movimento politico nuovo che si spaccia per “diverso” – mobilitare il risentimento dei tanti che il favore clientelare non l’hanno ottenuto o non lo vogliono o non lo possono chiedere.

Incoerenza di Gobbi

Ma conquistati i voti e con essi i “ca­dre­ghini” bisogna fare i con­ti con la realtà. Il ministro le­ghista responsabile della sicurezza an­nuncia un au­mento del personale di polizia. Co­me se la polizia non fosse anch’essa parte dell’apparato che il suo partito ha sempre detto di voler ridurre. E come se tale annuncio non legittimasse a fare altrettanto per l’educazione, la sanità, le strade, le mol­te cose necessarie di cui lo Stato si occupa: accanto a qualcun’altra non così necessaria, ma che sul complesso pesa poco. In politica è più efficace fare leva sul caso particolare che essere razionali quantificando. Neppure chiudendo ogni an­no un ufficio cantonale, un posto di polizia e una scuola si riuscirebbe a compensare l’aumento automatico per sussidi di cassa malati e altre ridistribuzioni, il cui freno à sempre stato sabotato dalla Lega.

La telenovela del moltiplicatore

A Lugano era ovvio che la fusione tra una Città ricca e una periferia dalle risorse fiscali più modeste non avrebbe permesso di mantenere un moltiplicatore basso senza severi risparmi. Mense gratuite, rinuncia alla tassa sui rifiuti e altri lussi da città piccola e ricca si sarebbero potuti estendere alla Grande Lugano solo aumentando il moltiplicatore. Ma era più facile e politicamente redditizio far credere il contrario: come già fare e vincere i referendum sui conducenti della funicolare, tanto per cominciare.

 Ci guardano dal Cielo

Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca additavano abilmente all’opinione pubblica di volta in volta un capro espiatorio per far votare di pancia: i progettisti dei forni a griglia, qualche amministratore di casse malati, come se il problema fosse la piccola percentuale che costa l’amministrazione assicurativa e non l’esplosione dei consumi sanitari: favorita anche dalla dispersione dei servizi ospedalieri, altro cavallo della Lega. Flavio Maspoli e Giuliano Bignasca ora son­o morti e parlarne male non è buona cosa, già perché non possono difendersi.

“Le stizze di un vicesindaco mancato” (così si arrabbierà ancor più, ndR)

Ma l’eredità politica in ma­no ai successori è indifendibile, non per difetto di leadership, ma perché contraddittoria fin nelle radici. Forza e carisma di un capo sublimano l’imbroglio, ne prolungano la durata, ma non oltre la sua scomparsa. La dipartita di Berlu­sco­ni dalla scena condanna al ridicolo chi tenta di prolungare il berlusconismo. Per vedere quanto di simile sta accadendo in Ticino basta guardare le stizze di un vicesindaco mancato. La Lega è nata imitando la reazione anti-romana della Lega Lombarda: Berna (o a Bellinzona) come a Ro­ma, tutti ladri o scemi uguali. Visto da Berna in verità il programma politico della Lega è quanto di più italiano ci sia, nel senso degli aspetti negativi della cultura politica di quel paese: meno sono le imposte e meglio è, possibilmente da pagare dagli altri; lo Stato è comunque ladro, e se riduce le prestazioni lo è due volte; i soldi lo Stato li ha, ma i governanti li na­scondono per usarli poi in modi sporchi; cresca pure il debito che qualcuno lo pagherà.

Alcuni leghisti sono “buoni” (ma chi sono?)

Ho collaborato per anni con apprezzabili esponenti della Lega, ad esempio nell’AET, spettatori delle bordate e degli sbeffeggiamenti contro le decisioni attribuite dal Nano agli avversari politici da screditare, indifferenti al fatto che le avessero condivise. Al massimo solidali a tu per tu, come a dire “scusaci, ma è fatto così”; e pensando intanto “così ci porta voti, che m’importano più della mia dignità”. Non deve essere stato di­verso in governo e in qualche municipio. Ma questo sta finendo. Non solo perché il Nano non c’è più, ma perché i suoi eredi sono ormai troppi nelle istituzioni per nascondersi dietro agli altri, quando ci sono decisioni o indecisioni da sbeffeggiare la domenica mattina. Con le contraddizioni si fanno voti ma non si governa. E se governano, come tanti leghisti onestamente cercano di fare, si squaglia il carrozzone di risentimenti opposti sul quale fonda la loro fortuna.

Mauro dell’Ambrogio