Domenica pomeriggio circa 300 000 persone – secondo i giornalisti dell’AFP – erano riunite nella piazza dell’Indipendenza a Kiev, con bandiere ucraine e europee per esigere le dimissioni del presidente Viktor Ianukovitch e l’avvicinamento all’Unione europea.

Gli organizzatori della manifestazione hanno invece dichiarato che il numero dei manifestanti “era vicino al milione”, mentre la polizia ha parlato di 60 000 oppositori e di 15 000 manifestanti pro-Ianukovitch davanti al Parlamento.

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Sul terreno diplomatico, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e il presidente ucraino si sono accordati su una missione di conciliazione della rappresentante della diplomazia europea Catherine Ashton, a Kiev nei prossimi giorni.
L’obiettivo della presenza a Kiev della Ashton è quello di trovare una soluzione politica alle tensioni in Ucraina, instaurando un dialogo con l’opposizione e la società civile.

Arseni Iatseniuk, uno dei capi dell’opposizione, ha chiesto ai manifestanti di allargare la contestazione e di bloccare il quartiere del governo.
L’oppositrice Yulia Timoschenko, in carcere da anni con l’accusa di corruzione e danneggiamento degli interessi dello Stato, ha chiesto la partenza immediata del presidente Ianukovitch in un messaggio letto di fronte alla piazza da sua figlia Evguenia.

La mobilitazione è stata amplificata dalle speculazioni attorno alla visita in Russia del presidente ucraino.
Ufficialmente, Ianukovitch avrebbe discusso con il presidente russo Vladimir Putin di un partenariato strategico fra i due paesi, ma l’opposizione assicura che i due hanno posto le basi di un’adesione dell’Ucraina all’Unione doganale diretta dalla Russia, una sorta di mercato unico destinato ai paesi dell’ex blocco sovietico.

“Il termine di Unione doganale per noi suona offensivo, suona come Unione sovietica – spiegava domenica Oleh Vitalyuk, un manifestante giunto a Kiev da Lviv, nell’ovest del paese.

Va detto che nella scelta fra associarsi all’Unione doganale oppure all’Unione europea il presidente Ianukovitch – che ha ufficialmente scelto di schierarsi con i russi – dispone di un margine di manovra ristretto.
Il governo di Kiev ha bisogno urgente di soldi, in quanto dispone di appena due mesi di riserve finanziarie e l’incertezza sta spingendo molti ucraini a convertire la moneta locale in monete estere, facendo planare sul paese lo spettro di una pesante svalutazione.

Ianukovitch si trova di fronte a un dilemma : l’Unione europea ha poco da offrire, principalmente riforme strutturali che avranno effetto solo fra qualche anno e esporranno il paese alle rappresaglie commerciali della Russia. Tramite l’arma delle forniture di gas e la possibile concessione di un prestito, il Cremlino dispone di una forza persuasiva ben più importante.

Ma il governo russo non si accontenta del rifiuto di Ianukovitch di firmare un accordo associativo con l’Unione europea. La Russia chiede anche l’adesione dell’Ucraina all’Unione doganale, il che metterebbe interi reparti dell’economia ucraina alla portata dei russi, dividerebbe ancor più il paese e spingerebbe a una radicalizzazione della contestazione popolare.