Questo articolo è stato scritto qualche tempo fa ma le riflessioni che esso contiene restano perfettamente attuali. Gerardo Rigozzi dirige oggi la Biblioteca cantonale ma è anche esperto uomo di scuola. È stato infatti professore e direttore nell’istituto di Lugano 2.
Stranamente, quando si parla di scuola, tutti si ergono a giudici; e nei periodi preelettorali ogni partito e più di un candidato sciorinano riflessioni, ricette e strategie, sfiorando persino i massimi sistemi educativi. Allorquando però ci si confronta con proposte puntuali di intervento sulla struttura complessa della scuola, le contrapposizioni politiche si manifestano senza troppi approfondimenti. È il caso della recente votazione in Gran Consiglio sulla riduzione del numero di allievi per classe nella scuola dell’obbligo: soluzione proposta dal DECS e avversata in aula dalla maggioranza dei deputati, in prima fila del PLR e del PPD.
La controproposta, passata a lieve maggioranza, prevede un ulteriore potenziamento del sostegno pedagogico. Non so quale delle due misure sia la più efficace. Mi fa però specie che si sia creata una contrapposizione quasi ideologica su un problema che andava approfondito maggiormente. La mia esperienza pluriennale nella scuola mi ha fatto capire che i problemi della stessa richiedono un consenso allargato e un approfondimento della reale sostanza del contendere.
È fuor di dubbio che i problemi sollevati da ambo le parti siano reali e meritavano una riflessione più pacata, al di là delle contingenze finanziarie dello Stato che sono certamente preoccupanti. Le questioni da approfondire nella scuola dell’obbligo sono almeno tre: la presenza di allievi con difficoltà di apprendimento e di relazione (e anche con dei problemi psicologici), l’eccessivo carico di ore di lezione e l’insufficiente attività di apprendimento e di assimilazione dei contenuti della scuola. Tre problemi che si sono acuiti con l’andar del tempo per tutta una serie di ragioni: difficoltà delle famiglie, disorientamento di valori, esigenze delle varie materie, stimoli di ogni sorta, specie elettronici, che occupano non poco le menti dei giovani, ecc.
Per affrontare questi problemi con un minimo di successo (ma forse è un’illusione) non credo bastino delle riforme puntuali di legge; credo invece che occorra ripensare le strutture scolastiche (orari, modalità di costituzione delle classi, interventi di sostegno, ecc.) in modo più flessibile rispetto alla situazione attuale, affinché sia consentito di affrontare efficacemente e in modo differenziato le problematiche che si manifestano: per allievi con disturbi nel comportamento ci vogliono operatori con formazione psicologica adeguata; per le esigenze dell’apprendimento e dell’assimilazione dei contenuti dell’insegnamento si potrebbe pensare all’introduzione dello studio assistito in tempo di scuola, gestito dai docenti dell’istituto. Affrontare in questo modo l’insegnamento richiede però strutture flessibili e la necessità di monitorare le reali le esigenze degli allievi (anche grazie alle informazioni delle famiglie), nonché di interpretare, secondo criteri di efficacia, le peculiarità dell’apprendimento (lo studio non è necessariamente un divertimento!).
Il DECS è riuscito a far introdurre la figura del direttore per ogni istituto scolastico. Benissimo; ma occorre dare ai direttori, mediante la dovuta formazione, non solo responsabilità amministrative (che tutto sommato sono di comodo), ma soprattutto responsabilità decisionali nel gestire gli orari e gli interventi a seconda delle varie situazioni, che non sono mai uguali. Inoltre essi dovrebbero anche essere attivi, compatibilmente con le loro funzioni burocratico-amministrative, sul fronte dell’insegnamento a seconda delle loro competenze.
Pur con la necessaria circospezione, mi sento quindi di proporre ai responsabili della scuola e ai politici di buona volontà uno sforzo inteso a comprendere insieme le reali esigenze di una società dinamica ed eterogenea, ma anche contraddittoria e problematica, al fine di adeguare le strutture e gli ordinamenti scolastici, che sono piuttosto sorpassati.
Gerardo Rigozzi