La Corte di giustizia europea non deve giudicarci
Pubblicato su “die Zeit” nel novembre 2013


(francesco de maria) Ho tradotto questo articolo dal tedesco e vorrei accompagnarlo con un commento che fosse farina del mio sacco. Ma, per quanto mi lambicchi il cervello, nulla mi appare migliore delle parole dell’antico giuramento dei Padri: “Non tollereremo sovrani e giudici stranieri nel nostro Paese”.

Vedere anche   https://www.ticinolive.ch/2013/12/19/la-corte-di-giustizia-europea-siede-lussemburgo/


Yves Rossier, segretario di Stato al dipartimento degli Affari esteri, è un amico del parlar chiaro, e questo fatto me lo rende simpatico. Per fare un esempio, in una recente occasione egli ha parlato con semplicità disarmante del “diritto straniero” che la Svizzera assume dall’Unione Europea. Rossier addirittura non ha esitato a usare l’espressione imbarazzante “giudici stranieri” quando gli è stato chiesto chi in futuro avrebbe deciso sulle eventuali controversie tra Berna e Bruxelles. In effetti nient’altro sono i membri della Corte di giustizia europea per noi svizzeri.

Nel frattempo la terminologia è stata opportunamente corretta. Ora il dipartimento degli Esteri sostiene che la Corte di giustizia europea in futuro non emetterà una sentenza bensì un “parere giuridico autorevole” sulle norme soggette a contestazione. Giudici stranieri o arbitri? Troppe cose non sono ancora chiare circa la forma che assumeranno i rapporti tra la Svizzera e l’UE. Ciò che oggi manca totalmente è un esame ravvicinato della stessa Corte di giustizia europea. Un esame della sua essenza, dei suoi compiti, delle sue deliberazioni. Solo quando sapremo tutto questo potremo valutare con cognizione di causa se questo “arbitro” tra la Svizzera e l’UE sarà adatto allo scopo.

La Corte, istituita secondo l’articolo 7 del trattato di fondazione dell’UE, ha il dovere di promuovere l’integrazione all’interno dell’Unione. Deve altresì plasmarne la costruzione, senza limitarsi alla stretta applicazione del diritto vigente. Ciò è comprensibile, poiché l’UE è una creazione relativamente nuova, che si doveva dapprima “inventare”, e sull’edificazione della quale gli Stati, oggi come un tempo, litigano.

Ma si odono voci anche critiche, le quali affermano che la Corte forza gravemente il suo ruolo di giudice, al fine di perseguire un corso d’integrazione aggressivo. Che la Corte anteponga categoricamente il diritto europeo a quello nazionale è ben noto, e persino il cancelliere Gerhard Schröder dovette prenderne atto, quando la sua nuova legge sul lavoro fu bocciata dall’UE.

Meno noto è il fatto che i giudici europei estendono le loro competenze anche a campi che non appartengono ai trattati europei. Un caso celebre si verificò quando i giudici dichiararono nulla una decisione del Consiglio d’Europa, che intendeva sostenere la comunità economica Ecowas, in Africa occidentale, nella sua lotta contro le armi leggere. Per quanto attiene poi alle fusioni societarie l’UE è notoriamente dell’opinione di avere il potere di inventare ogni genere di controlli supplementari.

Già, la Corte di giustizia europea è un pilastro portante nella costruzione di un’Unione centralistica; ed essa svolge il suo compito con convinzione, aggressività e zelo. Non tocca a noi svizzeri giudicare il ruolo della Corte in seno all’EU. Ma se ci vien posta la domanda, se la Corte possa fungere da arbitro autorevole tra Berna e Bruxelles, la nostra risposta non può che essere un inequivocabile no.

Sarebbe infatti assurdo che i giudici dell’alta Corte fossero obbligati ad assumere ruolo di un’asettica entità apartitica. Ciò cozzerebbe totalmente contro lo spirito di quel tribunale. Esso infatti è stato costituito unicamente per costruire e rafforzare l’Unione.

Tito Tettamanti