Sono arrivate le risposte degli onorevoli granconsiglieri Maurizio Agustoni (PPD) e Franco Celio (PLR) alle 7 domande di Francesco De Maria. Non resta che leggere.
Voi siete esponenti di due diversi partiti storici che raccomandano il NO. Nonostante la forte pressione popolare e psicologica i vostri partiti non si sono mossi. Essi si dimostrano così: a) coerenti b) realisti c) capaci di resistere alle emozioni d) paralizzati ?
Agustoni Per quanto riguarda il mio Partito non mi sembra che i nostri esponenti si siano sottratti al dibattito: nei confronti televisivi e radiofonici i nostri deputati federali sono sempre stati presenti, inoltre diversi PPD (tra cui il sottoscritto) hanno partecipato a dibattiti pubblici, confrontandosi anche con le domande e le preoccupazioni della popolazione.
Celio Per quanto riguarda il PLR, ho l’impressione che la maggioranza segua spesso e volontieri, quasi “per riflesso condizionato” i desiderata degli ambienti economici, i quali considerano la possibilità di far capo a dipendenti stranieri (immigrati o frontalieri, a seconda dei casi) come una forma di flessibilità necessaria, o comunque molto utile. Per questo l’eventuale reintroduzione dei contingenti è vista come una jattura, anche se questo sistema è stato in vigore per decenni, senza che ciò comportasse problemi insormontabili. In questi ambienti, le preoccupazioni della popolazione sono quindi viste con una certa sufficienza. Tra le ipotesi di spiegazione da lei indicate, la più appropriata mi sembra quindi l’ultima.
Supponiamo che l’iniziativa passi, sul piano nazionale. Che cosa potrà succederci sul fronte dell’Unione Europea? Saremo colpiti da rappresaglie? Ne avremo un grave danno?
Agustoni È difficile “profetare” su questi temi: l’intenzione dell’Unione europea sembra essere – ad ascoltare qualche evitabilissima dichiarazione – quella di usare il “pugno di ferro”, ma non penso che ciò precluderà qualche altro tipo di accordo. È nell’interesse di tutti. La vera domanda è se poi riusciremo a negoziare un accordo compatibile con l’iniziativa UDC e che consenta comunque alla nostra economia libero accesso al mercato europeo. Su questo mi permetto di avere qualche dubbio, perché l’Unione europea dovrebbe sostanzialmente alzare “bandiera bianca” e consentire alla Svizzera di accedere al mercato europeo come tutti gli altri Stati dell’Unione, ma senza l’”impiccio” della libera circolazione delle persone. In pratica l’Unione europea dovrebbe trattare meglio i cittadini svizzeri rispetto ai cittadini dei propri Stati membri: faccio fatica a credere che questo sarà accettato. La mia impressione è che tra 2 o 3 anni, dopo negoziati dispendiosi ed estenuanti, potremmo ritrovarci – più o meno – con lo stesso accordo: insomma, oltre al danno la beffa.
Celio Certamente, nelle prime settimane, vi sarebbe un diluvio di dichiarazioni stizzite e scandalizzate. La libera circolazione delle persone è infatti uno dei dogmi su cui si basa tutta l’impalcatura dell’UE. Se la Svizzera, pur non facendone propriamente parte, dovesse limitarla, il timore che l’idea (dal loro punto di vista: “il cattivo esempio”) possa diffondersi anche nei loro paesi, toglierebbe il sonno a parecchi dirigenti politici stranieri. Realisticamente, credo tuttavia che dopo qualche tempo (sempre che le nostre autorità non “calino le brache”, come nel caso dell’Iniziativa delle Alpi…) anche a Bruxelles dovrebbero farsene una ragione. Trovare una soluzione equilibrata sarebbe pur sempre anche nel loro interesse! Non credo quindi che possano – e neppure che vogliano – “mandare le truppe”…
Il nostro Paese deve poter controllare l’immigrazione (di tutti i tipi) o deve subirla senza discutere?
Agustoni La Svizzera, come ogni altro Stato sovrano, deve poter controllare l’immigrazione. Approvando a più riprese (e a larga maggioranza) gli Accordi bilaterali il popolo svizzero – non quello ticinese, sia detto per correttezza – ha sovranamente deciso di allentare il controllo dell’immigrazione nei confronti dei cittadini dell’Unione europea. Il popolo svizzero – lo dimostra l’iniziativa dell’UDC – può però decidere in qualsiasi momento di modificare il proprio approccio nei confronti dell’immigrazione. Personalmente ritengo che, nella situazione attuale, il sistema dei contingenti non risolverebbe in modo efficace i problemi derivanti dalla libera circolazione, tanto è vero che l’immigrazione più “problematica” (criminalità, assistenzialismo, ecc.) deriva da Stati terzi rispetto all’Unione europea che non godono della libera circolazione delle persone. Occorre poi considerare che l’iniziativa UDC ha in particolare nel mirino l’immigrazione “stanziale”, ovvero gli stranieri che lavorano e risiedono qui (accusati di “inforestierare” la Svizzera, di portare qui le loro famiglie, di “consumare” il nostro territorio e di approfittare, per sé e i loro figli, dei nostri servizi scolastici e sanitari), mentre apparentemente vede di miglior occhio gli immigrati che si limitano a venire in Svizzera a lavorare, tornando la sera nelle proprie case. Il risultato di questo approccio potrebbe essere quello di privilegiare i frontalieri nell’attribuzione dei contingenti a scapito dei residenti stranieri, con la conseguenza che verrebbe mantenuta (se non accentuata) la pressione al ribasso dei salari, riducendo oltretutto la quota di lavoratori stranieri che consumano il loro reddito in Ticino.
Celio Secondo me, questo dovrebbe essere un diritto inalienabile di OGNI paese. Altrimenti vorrebbe dire che lo Stato-nazione è soppresso definitivamente per lasciare il posto a una specie di anarchia zingaresca, e ridotto a semplice circoscrizione amministrativa di un ordine “superiore” – l’UE – che, di fatto, non ha nessuna legittimità (se non le competenze limitate che i singoli Stati – ma fino a prova contraria non la Svizzera! – le hanno ceduto).
Quanto è lontana, secondo voi, la linea politica del Consiglio federale dal “sentire politico” della popolazione presa nel suo complesso? Si può parlare di un deficit di rappresentanza?
Agustoni Il Consiglio federale ha indubbiamente qualche problema a comunicare con il Ticino e con i ticinesi, forse perché nessun ticinese siede più nel Governo svizzero da (troppo) tempo. Talvolta ho l’impressione che le nostre preoccupazioni e la particolarità della nostra situazione geo-economica non siano considerate con la dovuta serietà. Capita poi che i nostri sforzi per migliorare la situazione del nostro Cantone vengano vanificati proprio da quei partiti che contrastano la libera circolazione; recentemente l’UDC ha proposto una serie di risparmi che potrebbero pregiudicare il potenziamento delle guardie di confine ottenuto dal Ticino grazie a un atto parlamentare di Marco Romano. Per quanto riguarda il contesto svizzero non ho elementi per rispondere con cognizione di causa. Il popolo svizzero ha però recentemente respinto a larga maggioranza la proposta di elezione diretta del Consiglio federale, per cui non credo si possa parlare di un deficit di rappresentanza; semmai si può parlare di una diversa sensibilità su alcuni singoli temi di politica federale (p. es., ultima in ordine di tempo, la vignetta autostradale a 100 franchi).
Celio La sua domanda sottintende che il governo dovrebbe semplicemente seguire il “sentire politico” più diffuso. E’ un’idea che non condivido. Un governo, per definizione, ha invece il diritto – e il dovere – di avere una linea propria; non deve semplicemente orientarsi a seconda di come tira il vento, altrimenti che “governo” è? Va da sé che, in democrazia, se tale linea non fosse condivisa dalla maggioranza dei cittadini, il governo dovrebbe trarne le conclusioni. La Svizzera è però una democrazia del tutto particolare, che non prevede le crisi di governo; tantomeno l’alternanza fra maggioranze diverse. Conciliare le due esigenze – necessaria libertà del governo e rispetto degli orientamenti maggioritari fra i cittadini – è dunque difficile.
Conosciamo tutti, per averla sentita/letta centinaia di volte la “ricetta” della sinistra contro l’acuta crisi del lavoro nel Ticino. Essa si coniuga con un NO fermissimo all’iniziativa UDC. È una ricetta, in tutto o almeno in parte, valida?
Agustoni La sinistra ha spesso un approccio che irrigidisce troppo il mercato del lavoro, creando più problemi di quelli che intende risolvere. Detto questo le misure di accompagnamento (cantonali e federali) sono quantomai necessarie per arginare certe derive. Per tentare di risolvere i problemi del mercato del lavoro ticinese non bisogna dimenticare il ruolo di una migliore formazione e di un orientamento professionale più efficiente. Troppo spesso lo Stato e i privati sono “costretti” ad assumere degli stranieri perché nel passato non sono stati formati determinati profili professionali o perché non è stata fatta un’adeguata pianificazione del personale (p.es. nel mondo della scuola).
Celio La “ricetta” della sinistra, come si sa, prevede principalmente l’adozione delle famose “misure fiancheggiatrici”. Di per sé, l’idea potrebbe anche essere buona. Dubito però che sia sufficiente, anche perché… “fatta la legge, trovato l’inganno”. Qualche possibilità di aggiramento vi sarà sempre.
In particolare, qual è la vostra opinione sul salario minimo di 4000 franchi?
Agustoni Personalmente sono contrario a fissare per legge un salario minimo di 4’000 franchi, perché credo che questo importo sia insostenibile per diverse aziende ticinesi votate all’esportazione e perché condurrebbe ad un livellamento generale dei salari verso il basso. Si possono per contro immaginare soluzioni meno estreme, come una maggiore estensione dei Contratti Collettivi di Lavoro o un ricorso meno timido ai Contratti Normali di Lavoro, che possono contemplare dei salari minimi.
Celio L’idea sarà anche ben intenzionata, ma mi convince poco. Fissare un salario per legge (fosse pure solo un limite verso il basso), indipendentemente dalle situazioni economiche e dalle necessarie contrattazioni, non mi sembra né opportuno né realistico.
La questione Fox Town torna periodicamente a galla come una mina vagante, anche se gli accaniti avversari dei suoi “privilegi” non riescono a spuntarla. Il celebre centro commerciale
— è una realtà valida per la nostra economia?
— è un sotterfugio legale accettato per anni e anni un po’ da tutti? (sindacati compresi)
Agustoni Non sono forzatamente un fanatico delle aperture domenicali, perché credo che una società abbia bisogno di osservare certi ritmi. Se oggi ci sembra indispensabile poter acquistare un paio di pantaloni di domenica, domani potremmo avvertire la stessa necessità rispetto al rinnovo della carta d’identità o al cambio delle gomme dell’automobile. E allora addio domenica, per tutti. Ciò premesso, le polemiche riguardanti il Fox Town mi sembrano appartenere alla categoria del surreale. Al di là dei rischi di compromettere un importante tassello della nostra realtà economica e lavorativa, credo che si sia perso di vista un elemento fondamentale: la buona fede. Durante più di 18 anni un cittadino, con l’assenso di autorità e parti sociali, ha investito molti milioni in un progetto imprenditoriale di grande respiro e ha continuamente ampliato la sua “creatura”, garantendo ai lavoratori condizioni vantaggiose, pagando un bel po’ di imposte e rivitalizzando (economicamente) un pezzo di territorio. Come si possa anche solo pensare che a questo cittadino, di punto in bianco, si possa dire: “sai che c’è, adesso di domenica chiudi”, supera ogni mia comprensione.
Celio Premesso che conosco poco questa realtà, credo che la spiegazione più calzante sia la seconda da lei indicata.
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