Efficace, bellissimo articolo del giovane e brillante Pamini. Le evidenziazioni (di “pulcherrime dicta”) sono della Red. Articolo pubblicato sul Giornale del Popolo del 29 gennaio.


Si scrive freno al disavanzo, ma si legge moltiplicatore cantonale. Alla fine ce l’hanno fatta: i granconsiglieri ticinesi hanno deciso l’altro ieri che, di principio, se la politica non è capace di gestire i soldi sottratti ai contribuenti, allora ne vanno sottratti ancor più. La proposta concreta è che se il disavanzo cantonale supera il 4% annuo, con il sostegno di 2/3 del Gran Consiglio si possano aumentare le imposte cantonali.

Ricapitoliamo. Eccetto rivoluzioni e crolli di sistema, non esiste esperienza storica di diminuzione della spesa statale. Nemmeno Margaret Thatcher o Ronald Reagan ci riuscirono. Su scala internazionale, è risaputo che la spesa statale aumenti più rapidamente della creazione di ricchezza (aumento del PIL). Gli economisti hanno formulato varie spiegazioni, tra le quali che lo Stato fornisce soprattutto servizi (che al contrario dei beni industriali non godono del progresso tecnologico e rincarano più rapidamente), oppure che si occupa soprattutto di prestazioni a popolazioni urbane, che aumentano con la densificazione del territorio.

Vi è tuttavia una spiegazione ben più cristallina. Lo Stato è per definizione un’agenzia che può permettersi di fissare il prezzo delle proprie prestazioni senza considerare cosa pensino i suoi “clienti”. Nessun esercizio privato può permettersi tanto. Poiché politici e funzionari sono umani come tutti noi, preferendo guadagnare di più sforzandosi di meno, è prevedibile che la qualità delle prestazioni statali tenda a peggiorare nel tempo ed i loro costi ad aumentare. Nel mercato, chi fa così viene ben presto travolto dalla concorrenza. Intendiamoci, spesso un servizio statale di nuova introduzione funziona bene, perché è necessario mostrare la parsimonia ed il buon impiego delle risorse sottratte ai contribuenti. Poi, una volta dato per acquisito, può iniziare la bulimia finanziaria.

Il lettore-contribuente aggiunga a ciò le dinamiche di lobbismo politico presenti ovunque e si chieda: in caso di disavanzo, in Gran Consiglio è più probabile trovare un consenso sul taglio della spesa o sull’aumento del prelievo fiscale? Poiché lo Stato non crea ricchezza, ma unicamente la ripartisce da molti a pochi in modo molto inefficiente (statisticamente di un franco prelevato solo 60 cts. arrivano a destinazione, 40 cts. sono di costo amministrativo), e poiché il politico che spende si accorge di avere tanti amici che lo eleggono, non è difficile trovare la risposta.

Laura Sadis, la ministra dell’economia che più di tutti ha spinto verso un moltiplicatore cantonale, dice di voler trasparenza nei confronti dei cittadini. È il mondo al contrario. In una normale famiglia, quando papà non guadagna più a sufficienza, la trasparenza tocca le voci di risparmio, non dei piani di razzia. La voglia di trasparenza andrebbe rivolta verso gli uffici che vanno chiusi per mancanza di fondi e per rispetto di chi fatica a pagar le imposte.

È incredibile come anche la politica nostrana non veda l’ora di ripetere gli errori socialdemocratici dei maggiori Stati europei attorno a noi. C’è da chiedersi un’unica cosa: aumenteremo presto le imposte anche per estendere il budget del promovimento economico, quando vedremo che nessun’azienda estera vorrà più insediarsi in Ticino, bensì andrà in Mesolcina?

Paolo Pamini economista, AreaLiberale e Istituto Liberale