(fdm) A Gianfranco ho detto: io ti pubblico ma – in un succinto cappello – devi lasciarmi dire la mia. E sia. Il comportamento degli “eroi del no” nei tre giorni che han fatto seguito alla débâcle è stato abbastanza incredibile ma, se uno non è privo del senso dello humour, anche esilarante. Gli esagitati e sconvolti sembrano una squadra di calcio che, dopo aver perso una partita, seppure di poco, continuano a giocare pazzamente (tirando grossi calci negli stinchi) dopo il fischio dell’arbitro, nell’atroce speranza di segnare un gol a tempo scaduto.

desolazione xOpera di Vincenzo Vela

Insopportabili, addirittura osceni, il “battage”, la propaganda martellante, il tam tam, il tambureggiamento, il tentativo di lavaggio del cervello messi in opera l’11 febbraio 2014 dai media nazionali, in primo luogo dalle televisioni di parastato.

Il mondo della scienza e della ricerca, tremebondo, piagnucoloso e lacrimoso come una Stabat mater, prevede e paventa che il fiume di finanziamenti che l’UE rovescia inesauribile sui nostri stabilimenti universitari e sugli istituti di ricerca possa improvvisamente inaridire. Per quale ragione? Risposta facile, alla portata del primo analfabeta populista che 2 giorni prima ha avuto la malaugurata idea di “ficcare” (dall’inglese fuck) nell’urna un sì all’iniziativa. Un voto iniquo, dannoso quant’altri mai.

Il direttore svizzero dell’EPFL (politecnico di Losanna) vede già la scuola che dirige con incomparabile successso in pericolo di declino: per il momento non potrà, dice lui, incassare i 20 milioni in arrivo nel fiume di sussidi che l’UE rovescia sulla Svizzera.

La ricercatrice italiana dell’alto (dico alto perché è “bahnbrechend” a livello mondiale) istituto di ricerca con sede a Bellinzona lamenta la futura mancanza di possibilità di contatti e scambi con i ricercatori di tutte le nazionalità attivi nell’UE.

Un dirigente universitario ticinese si dispera perché gli mancheranno non ricordo se 5 o 6 milioni per proseguire studi e ricerche, milioni che avrebbe ricevuto in regalo da Bruxelles se i populisti sprovveduti e sciocchi non avessero votato come hanno votato.

Uno studente svizzero tedesco ben capelluto si strappa i capelli perché non potrà più usufruire della possibilità di studiare e perfezionarsi all’estero nel quadro del progetto Erasmus.

Qualcuno fa notare che il mondo della scienza e della ricerca svizzera, grazie alla libera circolazione delle persone, sta attirando i migliori cervelli da ogni parte del mondo. Annuncia fiero che i cervelloni sono arrivati anche dagli USA, paese che nella seconda metà del secolo scorso, aggiungo, aveva fatto man bassa dei migliori cervelli di tutta l’Europa, svizzeri compresi.

Della presa di posizione del NUMES non parliamo: la carità cristiana e il (nostro) libero pensiero ce lo impediscono.

Ci domandiamo: ma se abbiamo attirato tutti questi sommi talenti e visto che nelle nostre università la lingua madre è oramai l’inglese, che bisogno abbiamo di mandare i nostri studenti all’estero nel quadro del progetto Erasmus, che è un progetto di puro scambio nel quadro appunto della libera circolazione? Mandiamo i nostri figli a studiare nei paesi privati dei migliori cervelli che abbiamo loro sottratto e facciamo venire gli studenti stranieri a beneficiare dell’alto insegnamento che possiamo garantire loro grazie ai cervelloni sottratti alle loro patrie?

Un’altra domanda sorge spontanea ed umiliante: ma allora, di fronte ad un UE che inondava i nostri centri universitari e di ricerca di decine e decine di milioni a fondo perso, quelli che come noi avversavano e avversano profondamente la costruzione sbagliata fin dalle fondamenta con sede a Bruxelles hanno sbagliato tutto? Non è che si debba fare il mea culpa ed iscriverci subito al NUMES, posto che si degnino di accettarci?

No, non abbiamo sbagliato tutto, perché sappiamo e diciamo chiaramente, contrariamente a quanto hanno fatto questi disonesti battitori del tam tam mediatico che denunciamo, che i milioni versati e quelli in arrivo dall’UE non sono altro che una (piccola) parte dei contributi (sono miliardi) che la Svizzera versa a Bruxelles.

Un’ultima considerazione: da un 50% di avversari di questa UE del 1992 siamo passati ad oltre un 80% attuali. Questo aumento è chiaramente dovuto a due fattori: il disastro che abbiamo davanti agli occhi nella maggior parte dell’UE da una parte, le troppe menzogne, false promesse e talvolta idiozie (per esempio, ed è la massima, quella di chi pretende che senza entrata nell’UE non potremo mai sedere al tavolo delle decisioni. Un tavolo, bisogna essere ciechi per non vederlo, riservato a Germania e Francia, con voto consultivo della Gran Bretagna, tutti e tre sotto l’ala protettrice e guardiana degli USA), menzogne, promesse e idiozie, dicevamo, che i fautori dell’adesione ci hanno rovesciato addosso dall’altra.

Sono talmente imbevuti di sé stessi da aver perso ogni contatto con la realtà dei loro compatrioti che siamo, purtroppo, noi. Cosa che non ci impedisce di condividere con loro una nera previsione: dalle nuove trattative con Bruxelles usciremo con le ossa rotte, visto che a negoziare non sarà Blocher, ma tre consiglieri federali che ben conosciamo. Se poi, come ci hanno sussurrato alcuni amici, alla carica di segretario della nostra delegazione al tavolo delle trattative verrà chiamato il nostro amico Jacques Ducry, la previsione diventa funerea.

Gianfranco Soldati