Philomena, 2013, regia Stephen Frears, con la meravigliosa Judi Dench e il bravissimo Steve Coogan.
Bellinzona: cinema Forum, Locarno: Cinema Kursaal, Mendrisio: cinema Teatro Mignon e Ciak
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L’amore puro, l’amore idealizzato, l’amore vero, quello di una mamma per il proprio figlio. Qui è descritto all’ennesima potenza.
Il dubbio verso Dio, qui é esplicito. I danni di una certa visione della religione, qui é la storia. Il perbenismo di una società borghese, qui è ferocemente criticato. Il giornalismo d’attacco qui é giustamente condannato. I gay e l’Aids, qui sono visti in una visione tranquilla e accettata. I sentimenti di una mamma, qui sono un capolavoro.

Durante la godibilissima e intellettualmente stimolante visione (a Bellinzona, giorno dopo la fine del Carnevale eravamo in 5 spettatori…., quante cose meravigliose sono condivise da pochi, a questo mondo…) ho pensato, ragionato, partecipato ai temi proposti dal film.
Troppo “didattico”? No, il regista ce lo propone magistralmente con la forza della leggerezza di un filosofo che ti parla di altissimi concetti, ma con la semplicità e la golosità di chi ti offre un panino al salame quando senti un languorino.

E tutti i temi indicati (Dio, religione, perbenismo borghese, sentimenti di mamma, giornalismo di attacco ecc.) sono profondamente rivoltati, spiegati, vissuti emozionalmente dallo spettatore che non può sottrarsi all’intelligenza della storia raccontata.
Ah, scioccante: é una storia vera!

Anche se alcuni temi sono “urtanti” per la “morale comune” comodamente accettata, “i cliché” che ci piace scambiare per verità, “il conformismo” che rende invisibili, nessuno si sente “offeso”. Anzi, le emozioni ci appartengono facendoci vibrare con meravigliose forze d’urto che ci solleticano nei punti giusti.

Un film “perfetto” che, mi sono chiesto, chissà come mai non ha preso un Oscar? Vedo che è stato premiato alla Mostra del Cinema di Venezia, premio importante ma non “il premio”. E, stimolato dalle profonde sensazioni quasi “anarchiche” del film mi viene da pensare che gli americani non sono poi così aperti e democratici come vogliono far pensare.

Qui sono trattati (benissimo) temi che fanno la critica (feroce?) ad un certo modello di visione di società borghese (il sogno americano) e, premiarlo a Los Angeles, sarebbe stato (anche) condividerne i contenuti.
Pericoloso? Per quella società con la NSA che sorveglia il mondo e, sopratutto, dove i poveri diventano sempre più poveri ed i ricchi sempre più ricchi ma la politica non sembra vedere e decidere cambiamenti?

Ma non nella cara e vecchia Europa dove i problemi americani ci travolgono ma non ci piegano, sopratutto nell’intelletto. Le voci di critica costruttiva qui non mancano mai e Venezia non ha avuto dubbi nel premiarlo.

Mi sembra che finire la mia recensione con il caldo invito a non perdervi questo veramente meraviglioso, emozionantissimo e sincero film, sia un regalo gradito a chi mi legge.

Il trailer del film in italiano.

Desio Rivera