L’occupazione russa della Crimea fa certamente parte del ben preciso disegno, che il presidente Putin aveva concepito fin dal suo avvento al potere 14 anni fa , di ricostruire l’ex impero sovietico, non più sotto la specie del defunto comunismo, bensì riallacciandosi alle tradizioni della Santa Madre Russia . La stessa simbologia ne fa ampiamente fede: non è un caso che la bandiera nazionale sia sormontata dall’aquila zarista e non dalla falce e martello, ed il fatto stesso che il Capo dello Stato , indossati i panni del chierichetto, si onori di servire la Messa per Natale e per Pasqua nella cattedrale ortodossa di Mosca, rappresenta un’ ulteriore conferma del cammino che egli ha tracciato per la sua patria.
Ma i riferimenti al passato non finiscono qui. In tutto il paese si registra un aumento esponenziale delle vocazioni religiose, i seminari chiusi da Stalin sono stati in gran parte riaperti, la morale pubblica somiglia molto a ciò che da noi si considererebbe oscurantismo: scarsa tolleranza per l’omosessualità e per l’aborto, esaltazione dei valori tradizionali, orgoglio identitario espresso nelle nuove parole dell’inno nazionale, la cui musica è davvero splendida, uno dei più solenni e suggestivi dell’intero pianeta.
Passando poi all’economia, stesso discorso. Terminati i terribili anni novanta, quando la solita mafia occidentale del denaro, contrariamente a tutte le precedenti promesse, abbandonò Eltsin al proprio destino sperando di comprare a quattro soldi le materie prime della Russia , dopo averla ridotta alla fame come sta facendo oggi con l’Europa, è iniziato un periodo di grande espansione che, sia pure fra inevitabili alti e bassi, prosegue ormai da circa tre lustri. Esso si fonda su due colonne portanti: una élite dirigente compatta, motivata, fedelissima al leader come in tutte le corti reali, ed una tassazione bassissima, quasi inesistente, intorno al 16% , ciò che annovera la Russia fra i pochi, veri paradisi fiscali rimasti. E se all’inizio lo sviluppo è proceduto a senso unico , creando immensi privilegi per una ristrettissima casta, adesso ciò si rivela sempre meno vero. I super ricchi , infatti, spendono, investono, danno vita a molteplici iniziative. Tutto questo si traduce in opportunità di guadagno anche per i ceti meno fortunati, che giorno dopo giorno si affrancano dalla miseria, contribuendo ad alimentare un mercato interno assai vivo.
Si dirà, ed è vero, che il tenore di vita della media dei cittadini russi è tuttora molto più basso di quello dell’Occidente industrializzato, ma per rendersi conto di come evolve la psicologia collettiva in quella grande nazione, occorre tener bene a mente l’infimo livello in cui essa versava ancora all’inizio di questo secolo. Silenziosamente, senza clamore, si è messo in moto quel potentissimo fattore di sviluppo, da noi italiani ben conosciuto tra gli anni cinquanta e sessanta , che è la speranza sociale , ossia l’attesa del meglio.
Questo è esattamente l’opposto di quanto avviene oggi dalle nostre parti, una delle massime cause del declino essendo proprio l’aspettativa del peggio. Finché tale stato d’animo non sarà ribaltato, ad opera di una nuova classe politica finalmente libera da condizionamenti mafiosi interni ed internazionali, questa tendenza proseguirà inarrestabile come un devastante rullo compressore. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che in Russia la crescita economica è stata pagata con l’abolizione della democrazia , in quanto il condominio Putin-Medvedev non può di sicuro considerarsi un luminoso esempio di rispetto della sovranità popolare. Ancora una volta, tuttavia, dobbiamo guardare alla storia. Quando mai la Russia è stata democratica? Forse un anno, il 1917, ai tempi del governo Kerenski , o forse negli otto anni di Boris Eltsin, ( 1992-2000), quando regnava l’anarchia, l’arbitrio, la legge del più forte? Malgrado tutto , sia pure con gravissime limitazioni, un simulacro di libertà si rintraccia proprio al presente , benché nessuno si illuda di poter rovesciare l’esecutivo in carica, ma almeno certi diritti personali, come quello di fissare la residenza, di emigrare e d’intraprendere nel campo del lavoro sono abbastanza garantiti.
Sul versante opposto esiste una Unione europea impotente, ingessata da regole dettate da una burocrazia inetta e corrotta , composta di funzionari nominati con criteri partitici e clientelari, diretta espressione delle lobby e dei poteri forti . Perciò, suona pura e ridicola ipocrisia lo scandalizzarsi, da parte di costoro , per il presunto conflitto d’interessi di Berlusconi, mentre essi non si trovano neppure al centro di un conflitto, visto che rappresentano direttamente e totalitariamente gli interessi che sono chiamati a proteggere. Questi ultimi, poi, si rivelano talmente esclusivi e intolleranti di ogni dissenso, da causare un pauperismo diffuso, senza precedenti , escluse le guerre mondiali, nella storia del Continente.
La scelta che si è trovata ad operare la Crimea , con il contestatissimo referendum, era dunque tra l’adesione a una Ue che , come prima cosa, avrebbe imposto una politica di restrizioni e di miseria sotto il beffardo nome di risanamento dei conti pubblici , e una Russia in costante crescita economica, capace di offrire una prospettiva di miglioramento in particolare ai giovani. Se a questo aggiungiamo una lingua e un passato comuni, i risultati di quella consultazione non devono certo meravigliare. Quel che ci stupisce, invece, è che l’Ucraina nel suo complesso si mostri favorevole all’Europa. Anche qui, probabilmente, giocano i residui di una storia travagliata, per cui la Russia è vista come l’oppressore dal quale liberarsi, tanto più che i ricordi recenti rimontano al comunismo e non oltre. Qualora, però, Kiev dovesse aderire alla Ue, sperimentando le zampe da elefante con cui la troika non tarderebbe a marciare sulla nuova preda, ben presto sorgerebbero anche là movimenti euroscettici o eurofobici, guidati dalle varie Marie Le Pin o Grillo locali, che invocherebbero un ripensamento delle scelte , occhieggiando di nuovo al potente vicino dell’est.
Con ciò, sia chiaro, non intendo affermare che l’Eurounione rappresenti il male assoluto, ed il ritorno ai vecchi nazionalismi prebellici, al visto sui passaporti e al divieto di spostamento all’interno della Comunità, la soluzione ai mali di oggi. La realtà globale in cui siamo immersi pone infatti problemi nuovi ed immensi, che non possono essere risolti dai singoli paesi tramite una politica autarchica. L’idea originaria , di dar vita ad una unione continentale fra Stati affini per cultura e storia, oltre che per un comune modo di sentire ed intendere la civiltà, era fondamentalmente buona e non dobbiamo abbandonarla. Soltanto, non è la configurazione attuale di questo edificio che rappresenta il giusto cammino. Occorre invece ripensarlo dalle fondamenta e ricostruire tutto ciò che la mafia finanziaria ha distrutto, specie dopo il crollo dei muri e la dissoluzione dell’impero sovietico.
Guardare alla Russia come al pericolo numero uno e all’antagonista da battere, appartiene ad una visione arcaica e superata della geopolitica, funzionale alla tutela degli interessi di chi teme che il contagio di una società giovane, in piena ed aggressiva espansione, possa scuotere lo status quo e minare lo strapotere dei padroni del vapore. Perciò ben vengano le zampate di zar Putin, se possono servire ad imprimere un passo nuovo e diverso all’ asfittica e demenziale struttura dell’odierna Unione europea.
Ancor più benvenuti tutti quei movimenti utopistici ed apparentemente sterili finché si vuole, ai quali va tuttavia riconosciuto il grande merito di muovere le acque, proclamando a voce alta che così l’Europa non può andare avanti, in quanto si sta semplicemente autodistruggendo. Non penso, con questo, che il futuro politico del nostro Continente appartenga alla Le Pin , alla Lega Nord , a Grillo o ad Alba Dorata. Penso però che questi dissidenti giochino un ruolo decisivo, in quella dialettica della storia che è sempre contrapposizione degli opposti, nel processo di cambiamento di una realtà che , come oggi si presenta, non è più sostenibile, impedendo il naturale sviluppo della società e , in tempi più lunghi, la stessa sopravvivenza della nostra civiltà.
Viva dunque l’Europa di domani, quella che uscirà da questo tormentoso travaglio, di cui la nuova Russia , con le sue immense ricchezze e la sua forte economia, non potrà non far parte, piaccia o meno ai mafiosi e ai poteri forti che adesso, ma ancora per poco, comandano.
Carlo Vivaldi-Forti