Curva di Laffer e Curva di Rahn:

Due concetti che molti – politici, tecnici e non – tendono a dimenticare troppo facilmente


PICCOLA NOTA MATEMATICA (gratuita)

    • Le funzioni lineari hanno grafici rettilinei
    • La ricerca dei punti di massimo (o minimo) – vedi grafici – avviene tramite l’annullamento della derivata: f'(x)=0

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Nell’attuale congiuntura economica e politica, caratterizzata da una scarsa crescita, un’alta disoccupazione ed elevati disavanzi pubblici, si sentono diverse voci – a “destra” e a “sinistra” – che propongono aumenti fiscali e nuovi programmi pubblici. Per giustificare queste proposte si citano a volte i suggerimenti fatti da Keynes negli anni ’30 all’epoca della Grande Depressione, senza considerare il contesto globale differente, gli errori di politica economica commessi allora ed il fatto che la pressione fiscale era molto inferiore all’attuale.

Continuare a citare oggi nel nostro contesto le frasi di Keynes, pronunciate o scritte 80 anni fa, può essere visto come una delle tante manifestazioni di quello che qualcuno ha chiamato la “Sindrome delle funzioni lineari”, ossia la credenza – senza spirito critico – che le relazioni che descrivono il funzionamento del mondo in cui viviamo, siano appunto lineari. Vediamo un esempio banale (e forse un po’ stupido): se un’aspirina mi fa passare il mal di testa in un’ora, perché non prenderne due, così il mal di testa mi passa in mezz’ora? Ma se fosse così, con quattro aspirine il mal di testa mi passerebbe in 15 minuto e con 12 aspirine il mal di testa mi passerebbe addirittura in 5 minuti… Ebbene, non credo che ci siano molti medici che sarebbero d’accordo con questa visione.

Purtroppo questa “sindrome” è molto più comune di quello che si pensa, e nell’area fiscale è particolarmente facile “ammalarsi” di questa “sindrome”. Vediamo un esempio molto recente, estratto dall’esperienza della “vicina repubblica”. Leggiamo su  www.wallstreetitalia.com  del 21 gennaio 2014:

“Dal bollettino sulle entrate tributarie del Tesoro è emerso che nei primi 10 mesi del 2013 l’imposta sulle transazioni finanziarie [la così denominata Tobin Tax], ha generato un introito di 159 milioni di euro, contro una stima fatta dall’allora governo [tecnico!] Monti che prevedeva un gettito di circa 1 miliardo per l’intero 2013.

L’impressione è che nel 2014 le entrate fiscali provenienti da questa imposta saranno altrettanto magre, a causa della riduzione degli scambi su Piazza Affari; la maggior parte degli investitori, infatti, preferisce operare su mercati esteri (sui quali non si applica la tassa).”

Come indica la citazione appena fatta, una nuova imposta o l’aumento di un’imposta esistente aumenta il costo di determinate attività le quali o vengono spostate altrove dove le imposte sono più basse o non si applicano oppure vengono direttamente soppresse. Il risultato è che il gettito fiscale non aumenta mai nella stessa proporzione dell’aumento dell’aliquota, ma meno, a volte molto meno, e – dopo aver superato un determinato livello – il gettito fiscale addirittura si riduce. Questi concetti sono stati pubblicizzati dall’economista americano Arthur Laffer (anche se si conoscevano già molto prima di lui) e la relazione fra il gettito fiscale e la pressione fiscale viene generalmente chiamata “Curva di Laffer”.

Laffer

Si può vedere che la Curva di Laffer è non lineare e tendenzialmente concava. Per valori inferiori a t* un aumento della pressione fiscale porta ad un aumento del gettito fiscale e con l’aliquota t* si ottiene il massimo gettito fiscale pari a T*; ma se si continua ad aumentare la pressione fiscale, gli spostamenti delle attività e/o l’emigrazione dei forti contribuenti producono una riduzione del gettito fiscale.

Ovviamente c’è chi dice che questa curva è difficile da stimare; non conoscendo la sua forma, anche se solo con una certa approssimazione, c’è chi pensa che ci troviamo tuttora ben al di sotto della pressione fiscale t*, ecc. Insomma, tutti questi argomenti vengono usati dagli statalisti di tutti i partiti con il solo scopo di giustificare ulteriori aumenti delle imposte.

Eppure scavando nel baule dei ricordi, non è difficile trovare episodi in cui è stata evidentemente superata la soglia t* con i risultati negativi attesi. Negli anni ’70 del secolo scorso, nel Cantone di Basilea Campagna, era stata introdotta un’imposta supplementare ai ricchi, provocando che molti lasciassero il cantone (cosa molto facile, bastava traslocare a Basilea Città) e causando una caduta significativa delle entrate fiscali. Purtroppo, come succede spesso, le persone hanno la memoria corta. E così, il giorno 02.03.1997, i votanti del Cantone di Basilea Campagna hanno dovuto pronunciarsi su una nuova “Iniziativa popolare per un aumento transitorio delle imposte”. In questo contesto vale veramente la pena di leggere il “Messaggio del Consiglio di Stato del Cantone Basilea Campagna per la votazione del 02.03.1997 “ (in traduzione libera dal tedesco):

“L’Iniziativa popolare per un aumento transitorio delle imposte non porta ad un aumento del gettito fiscale e non crea nuovi posti di lavoro

–          Con una nuova imposta sui ricchi provochiamo un’espulsione dei contribuenti e delle contribuenti forti dal cantone. …

–          Con una nuova imposta sui ricchi il cantone non ottiene più soldi. Le perdite dovute alla prima imposta sui ricchi degli anni ’70 ammontarono a centinaia di milioni di franchi [grassetto aggiunto]. Questi fondi poi mancano per il finanziamento dei compiti statali come p.es. nelle aree dell’educazione, della salute, della sicurezza sociale, dei trasporti pubblici.

–          Quando i contribuenti forti evitano l’imposta sui ricchi [lasciando il cantone], gli oneri fiscali restanti devono essere assunti dalla classe media i cui redditi vengono già tassati relativamente fortemente [grassetto aggiunto].

–          Il Cantone Basilea Campagna vuole rafforzare la sua economia. Con una nuova imposta sui ricchi non attiriamo nuove imprese. Al contrario, espelliamo quelle esistenti. Imprenditori, dirigenti e professionisti non hanno più incentivi per rimanere nel cantone, poiché vengono puniti per il loro lavoro. Invece di creare nuovi posti di lavoro, ne vengono distrutti. Nuove imposte non hanno mai creato posti di lavoro [grassetto aggiunto].”

Come suggerisce la lettura di questo Messaggio, la maggioranza del Consiglio di Stato del Cantone Basilea Campagna vedeva in modo ben chiaro i concetti che si trovano alla base della Curva di Laffer: ne avevano sperimentato gli effetti reali 20 anni prima! Purtroppo non tutti i Consiglieri di Stato e neppure tutti i Primi Ministri posseggono la memoria ed il buon senso, manifestati dal Consiglio di Stato del Cantone Basilea Campagna del 1997, neppure dopo aver insegnato economia in un’università importante per più di 20 anni…

Anche il Cantone Ticino ha fatto un’esperienza di questo genere. Durante gli anni ’70, il Ticino aveva introdotto un’imposta ai super-ricchi, provocando l’emigrazione di poche persone – vengono in mente il Barone von Thyssen e Clay Regazzoni – che ha causato una caduta del gettito fiscale di diversi milioni di franchi. Purtroppo ci troviamo nuovamente davanti al fenomeno di una memoria corta. Così, in un certo senso, ci risiamo ed il 18.05.2014 il popolo ticinese – (ancora) sovrano in materia fiscale – dovrà pronunciarsi sulla proposta, proveniente nientemeno che dal settore politico liberale radicale ticinese (!), di introdurre un moltiplicatore cantonale per poter così adeguare più facilmente le imposte alla spesa pubblica! Altro che controllo della spesa pubblica – oltre al danno la beffa nei confronti dei cittadini!

Un’altra area dov’è molto facile “ammalarsi” della “sindrome” citata anteriormente, è quella della valutazione dei benefici dei programmi di spesa pubblica per l’andamento dell’economia. Quando la crescita economica si affievolisce e svanisce, si pensa che lo Stato debba rilanciare l’economia mediante programmi pubblici. Quando si riduce il livello di occupazione, si pensa che lo Stato debba subentrare e creare impiego. Orbene, è certo che per potersi sviluppare un’attività economica, c’è bisogno di determinate infrastrutture che, in generale, può mettere a disposizione soltanto lo Stato e che lo Stato deve finanziare per mezzo di imposte. Ma una volta superato un determinato livello, ogni ulteriore aumento dell’attività statale non fa altro che asfissiare le attività private, provocandone o uno spostamento verso aree geografiche con più libertà oppure una soppressione e così facendo riduce – invece di aumentare – la crescita economica. Questi concetti sono stati pubblicizzati dall’economista americano Richard Rahn (anche se si conoscevano già molto prima di lui) e la relazione fra il tasso di crescita del PIL e la spesa pubblica in % del PIL viene spesso chiamata “Curva di Rahn”.

RahnAnche questa curva è non lineare e tendenzialmente concava. Per valori inferiori a (G/Y)* un aumento dell’attività statale porta ad un aumento del tasso di crescita dell’economia; ma una volta superato il livello (G/Y)*, ogni ulteriore aumento dell’attività statale provoca una riduzione della crescita economica.

Ovviamente, gli statalisti di tutti i partiti presentano contro la Curva di Rahn critiche molto simili a quelle mosse contro la Curva di Laffer; è inutile ripeterle. Ma poco a poco si accumulano anche in questo contesto esperienze concrete e studi empirici che evidenziano che, una volta superato un determinato livello critico, ogni ulteriore aumento dell’attività statale frena l’economia ed impoverisce la popolazione. E questo livello critico dell’attività statale sembra già essere stato superato in numerosi casi, come evidenzia uno studio econometrico recente, basato sui dati di 15 nazioni europee per il periodo 1971 – 2010, che conclude: “Governi più grandi sono associati a tassi di crescita inferiori.”

A modo di conclusione possiamo perciò dire: l’attività dello Stato è essenziale per svolgere quelle attività di base che il settore privato o non deve o non può svolgere; ovviamente lo Stato deve finanziare queste attività per mezzo delle imposte. Ma superati determinati livelli di tassazione e di spesa pubblica, ogni ulteriore aumento provoca più danni che benefici.

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