Tito Tettamanti ci parla oggi dei 3 mali che affliggono la nostra società:
CLIENTELISMO
STATALISMO
OPACITÀ

Nel linguaggio dell’alfabeto Morse il segnale d’allarme S.O.S. veniva anche tradotto come «save our ship», salvate la nostra nave. L’allarme è più che giustificato anche perché le finanze di numerosissimi Stati da anni imbarcano acqua e si indirizzano verso il naufragio. Vale, sia pure con accenti diversi, per gli Stati Uniti, per il Giappone, per quasi tutti gli Stati dell’UE e in maniera molto meno tragica ma sempre allarmante anche per la Svizzera e per molti suoi Cantoni, Ticino compreso.

Uno dei modi più sicuri per imbarcar acqua e contribuire al naufragio è quello delle sovvenzioni che gli enti pubblici (politici e burocrati) dispensano a piene mani. La «Handelszeitung» di qualche tempo fa rammentava che la lista completa delle sovvenzioni federali (l’ultima è del 2008) costituisce un librone di ben 436 pagine. Il librone, contrariamente a quanto previsto dalla legge, non verrà pubblicato nel 2014, perché la consigliera federale Widmer-Schlumpf lo ritiene faticoso ed inutile. Ci si dovrebbe limitare ad un’analisi annua per un solo dipartimento, ciò che non permetterebbe più una facile visione globale.

La lettura della lista offre numerosi spunti e solleva parecchi interrogativi. Divertente un esempio indicato dal settimanale: la Confederazione contribuisce con 19.900 franchi alla formazione dei marinai d’alto mare, forse con mire imperialistiche per uno sbocco sugli oceani. Complessivamente in Svizzera si erogano 35,7 miliardi di franchi annui in centinaia di sussidi. Quale termine di paragone, tale cifra è superiore al gettito dell’imposta federale diretta per le persone fisiche e giuridiche che è di circa 18 miliardi di franchi e il totale delle uscite della Confederazione previste per il 2014 è di 66 miliardi.

Tutto ciò è l’espressione di tre mali che corrodono non solo le finanze statali, ma anche i fondamenti della nostra società: clientelismo, statalismo, opacità.

Il clientelismo c’è sempre stato. I politici vogliono favorire i loro elettori (è questo il vero voto di scambio) ma il fenomeno ha preso dimensioni preoccupanti e indecenti. L’incosciente e impudente generosità con la quale politici e burocrati dispongono dei nostri soldi lascia allibiti.

Lo statalismo, vale a dire il ricorso alle finanze dello Stato con la convinzione (per alcuni corretta) che così non paghiamo noi, è ormai un atteggiamento diffusissimo a livello della nostra società. Il prezzo sono spazi d’autonomia sempre più ridotti per il singolo cittadino asfissiato da norme e regole che non fanno che aumentare l’invadenza statale.

L’opacità è forse il male più insidioso e perfido. Il potere, con lo sviluppo della società dell’informazione e detenendo (o influenzando) i centri dell’informazione stessa, cerca di manipolarci, non ha interesse alla vera trasparenza (esigendo per contro dei cittadini in una gabbia di vetro e senza diritto alla privacy).

Con forme di sovvenzioni varie in molti casi si impedisce di conoscere il costo effettivo di determinati interventi statali. Ad esempio noi siamo lieti che l’AVS basata su un condiviso criterio di solidarietà riesca a contenere i premi che deve prelevare all’8,4%. Non è vero: ai premi va aggiunta la somma di 7,7 miliardi di franchi di contributi della Confederazione stessa. Analoghe considerazioni per i sussidi alle FFS, che permettono l’applicazione di prezzi che non coprono i costi, per quelli all’agricoltura, alla sanità e altri ancora.

Il potere non ha interesse che il cittadino gli possa fare i conti in tasca. Non vuole si sappia cosa costano esattamente i servizi dello Stato sottraendosi in tal modo al doveroso giudizio sull’efficienza del suo operato. Con prezzi di servizi artificialmente ridotti si falsa il giudizio dell’utente, la cui decisione potrebbe essere diversa se dovesse pagare il prezzo effettivo (non ridotto dai sussidi). Infine, come in moltissimi casi, si favoriscono le classi abbienti che beneficiano di sussidi di cui non hanno bisogno, invece di concentrare l’aiuto su chi per contro si trova in stato di necessità e va doverosamente aiutato.

Il tutto agevolato spesso da artifici semantici, come nel nostro cantone il cui Parlamento cerca di venderci futuri aumenti d’imposta tramite il trucco del moltiplicatore quale modo (dicono loro) per porre argine al deficit dei conti cantonali. Si proclama in modo solenne: i deficit dei conti del Cantone non sono più ammissibili e pertanto ci impegniamo per il pareggio. Come? Tramite l’aumento delle imposte. È l’aperta dichiarazione di fallimento di una classe politica che riconosce per incapacità e mancanza di coraggio civico di non saper gestire la spesa pubblica e ricorre alla più vecchia e pericolosa soluzione di torchiare i cittadini contribuenti. Soluzione che oltretutto contribuisce all’impoverimento del Paese sottraendo mezzi al consumo e agli investimenti. Così stando le cose, il grido di allarme per noi non è più S.O.S., ma S.I.S.: «salviamo i (nostri) soldi»!

Tito Tettamanti

Pubblicato tre giorni fa nel CdT